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14 maggio 2020

 

“Gli amici americani”: nuovi documenti giudiziari rivelano che la squadra della sicurezza di Sheldon Adelson era coinvolta in un’operazione statunitense di spionaggio contro Julian Assange

di Max Blumenthal

Traduzione di Giuseppe Volpe

 

Un’inchiesta esclusiva di The Grayzone rivela nuovi dettagli sul ruolo cruciale svolto da Las Vegas Sands di Sheldon Adelson in un’apparente operazione di spionaggio della CIA contro Julian Assange e rivela il personale di sicurezza di Sands che ha contribuito a coordinare la campagna malevola.

 

“Ero il direttore della CIA. Mentivamo, imbrogliavamo, rubavamo”.

Mike Pompeo, College Station, Texas, 15 aprile 2019

 

Da cofondatore di una piccola società di consulenza sulla sicurezza chiamata UC Global, David Morales ha trascorso anni a sgobbare nei campionati minori del mondo dei mercenari privati. Ex agente delle forze speciali spagnole, Morales agognava a essere il nuovo Erik Prince, il fondatore di Blackwater che ha promosso abilmente il suo esercito in affitto in collegamenti politici in tutto il mondo. Ma nel 2016 si era assicurato un solo contratto significativo per la protezione dei figli dell’allora presidente ecuadoriano Rafael Correa e dell’ambasciata del suo paese nel Regno Unito.

Il contratto relativo all’ambasciata di Londra si è dimostrato tuttavia particolarmente prezioso per Morales. All’interno del complesso diplomatico i suoi uomini erano di guardia al fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, uno dei massimi bersagli del governo statunitense, domiciliato nell’edificio da quanto Correa gli aveva concesso asilo nel 2012. Non c’è voluto molto prima che Morales si rendesse conto di aver in mano un’occasione per il massimo campionato.

Nel 2016 Morales si è affrettato da solo a una fiera della sicurezza a Las Vegas, sperando di racimolare lucrosi nuovi incarichi vantando il suo ruolo di guardia di Assange. Giorni dopo è tornato alla direzione della sua società a Jerez de Frontera, Spagna, con notizie eccitanti.

 

L’amministratore delegato della UC Global, David Morales, (a sinistra) alla fiera della sicurezza del 2016 a Las Vegas.

“Da adesso in poi giocheremo in prima divisione”, ha annunciato Morales ai suoi dipendenti. Quando un comproprietario di UC Global ha chiesto a Morales che cosa intendesse, ha risposto che si era rivolto al “lato oscuro”, un apparente riferimento ai servizi segreti statunitensi. “Gli americani ci troveranno contratti in tutto il mondo”, ha assicurato Morales al suo socio in affari.

Morales aveva appena firmato per la protezione della Queen Miri, lo yacht da 70 milioni di dollari appartenente a uno dei magnati di casinò di più alto profilo di Vegas: il miliardario ultra-sionista e mega donatore Repubblicano Sheldon Adelson. Considerato che Adelson aveva già una considerevole squadra di sicurezza per proteggere a tempo pieno lui e la sua famiglia, il contratto tra UC Global e Las Vegas Sands di Adelson era chiaramente la copertura per una subdola campagna di spionaggio apparentemente controllata dalla CIA.

Purtroppo per Morales, il consulente spagnolo per la sicurezza accusato di guidare l’operazione di spionaggio, quello che era accaduto a Vegas non si era fermato là.

Dopo l’incarcerazione di Assange, numerosi ex dipendenti contrariati alla fine hanno avvicinato la squadra legale di Assange per informarla della condotta malevola e dell’attività verosimilmente illegale cui avevano partecipato alla UC Global. Un ex socio in affari ha detto che si erano fatti avanti rendendosi conto che “David Morales ha deciso di vendere tutte le informazioni al nemico, gli Stati Uniti”. Una denuncia penale è stata presentata a un tribunale spagnolo e dal giudice è stata avviata un’operazione segreta sfociata nell’arresto di Morales.

Morales è stato accusato da un’Alta Corte spagnola nell’ottobre del 2019 di aver violato la riservatezza di Assange e i privilegi del rapporto avvocato-cliente dell’editore, nonché di riciclaggio di denaro e di corruzione. I documenti rivelati in tribunale, che erano principalmente copie di computer della società, hanno esposto l’inquietante realtà delle sue attività nel “lato oscuro”.

Ottenuti da canali mediatici, tra cui The Grayzone, i documenti della UC Global dettagliano un’operazione statunitense di sorveglianza elaborata e apparentemente illegale in cui la società della sicurezza aveva spiato Assange, la sua squadra legale, i suoi amici statunitensi, giornalisti statunitensi e un membro statunitense del Congresso che era stato apparentemente inviato presso l’ambasciata ecuadoriana dal presidente Donald Trump. Persino i diplomatici ecuadoriani, che la UC Global era stata assunto per proteggere, erano stati presi di mira dall’organizzazione spionistica.

L’indagine ha dettagliato operazioni segrete estese dallo spionaggio di conversazioni private del fondatore di WikiLeaks al ripescamento di un pannolino da un bidone della spazzatura dell’ambasciata per stabilire se le feci all’interno appartenevano a suo figlio.

Secondo dichiarazioni di testimoni ottenute da The Grayzone, settimane dopo  che Morales aveva proposto di introdursi nell’ufficio del principale avvocato di Assange, l’ufficio era stato svaligiato. I testimoni hanno anche dettagliato una proposta di rapire o avvelenare Assange. Un’irruzione della polizia nella casa di Morales aveva trovato due pistole con i numeri di serie erasi, assieme a pile di contanti.

Una fonte vicina all’indagine ha dichiarato a The Grayzone che un dirigente ecuadoriano era stato rapinato sotto la minaccia delle armi mentre recava informazioni private relative a un piano per garantire l’immunità diplomatica ad Assange.

In tutta la campagna di operazioni segrete lo spionaggio statunitense risulta aver operato attraverso Las Vegas Sands di Adelson, una società che aveva agito da presunta copertura per un’operazione ricattatoria della CIA diversi anni prima. Le operazioni erano iniziate formalmente una volta che il candidato presidenziale scelto da Adelson, Donald Trump, si era insediato alla Casa Bianca nel gennaio del 2017.

Nella sua copertura della presunta relazione tra la CIA, la UC Global e la Sands di Adelson, il New York Times ha affermato che era “insicuro se siano stati gli statunitensi dietro lo spionaggio dell’ambasciata”. Anche se citava lavoro per un “cliente americano” nelle e-mail della società, Morales insisteva presso un giudice spagnolo che lo spionaggio da lui condotto nell’ambasciata era stato condotto unicamente per conto del servizio di sicurezza ecuadoriano SENAIN. Ha pesino dichiarato alla CNN Español che stava semplicemente cercando di motivare i suoi dipendenti quando si era vantato di “giocare in prima divisione” dopo essere tornato dal suo viaggio fatale a Las Vegas.

Questa indagine stabilirà ulteriormente il ruolo del governo statunitense nel guidare la campagna di spionaggio della UC Global, gettando nuova luce sull’apparente relazione tra la CIA e la Sands di Adelson e rivelerà come la UC Global abbia ingannato il governo ecuadoriano per conto del cliente cui Morales si è riferito come agli “amici americani”.

Grazie a nuove rivelazioni giudiziarie The Grayzone è anche in grado di rivelare l’identità del dipendente della sicurezza della Sands che presumibilmente aveva agito da collegamento tra Morales, la società di Adelson e lo spionaggio statunitense.

Secondo documenti del tribunale e testimonianze di un ex collega d’affari e di dipendenti di Morales, si è trattato della principale guardia del corpo di Adelson, un israelo-statunitense di nome Zohar Lahav, che aveva personalmente reclutato Morales, poi gestito regolarmente la relazione tra il contraente spagnolo della sicurezza e la Sands. Dopo il loro primo incontro a Vegas, i due professionisti della sicurezza erano diventati intimi amici, facendo visita all’estero e parlandosi frequentemente.

Durante l’operazione di spionaggio Lahav agiva direttamente sotto Brian Nagel, il direttore della sicurezza globale per Las Vegas Sands. Ex direttore associato del Servizio Segreto statunitense ed esperto di sicurezza informatica, Nagel è stato ufficialmente encomiato dalla CIA dopo riuscite collaborazioni con forze dell’ordine e agenzie di spionaggio federali. Alla Sands è parso essere l’intermediario ideale tra la società e lo stato USA della sicurezza nazionale, nonché una potenziale guida dei complessi compiti di sorveglianza affidati a Morales.

Quando il candidato preferito di Adelson, Donald Trump, si è insediato nell’Ufficio Ovale, la CIA è finita sotto il controllo di Mike Pompeo, un altro alleato di Adelson che è parso apprezzare l’occasione di condurre azioni illegali, compreso lo spionaggio di cittadini statunitensi, nel nome della sicurezza nazionale.

 

Pompeo ordisce l’attacco contro Assange

Il primo discorso pubblico di Pompeo da direttore della CIA, ospitato il 13 aprile 2017 presso lo studio di esperti Centro Studi Strategici e Internazionali con sede a Washington, DC, è stato uno dei discorsi più paranoici e rancorosi mai pronunciati da un capo dell’agenzia.

L’ex membro Repubblicano del Congresso del Kansas ha aperto il suo discorso con un’estesa tirata contro i “Philip Agee del mondo”, riferendosi alla talpa della CIA che aveva consegnato a editori di sinistra migliaia di documenti segretati che rivelavano dettagli sconvolgenti dei piani illegali statunitensi di cambiamento di regime e di assassinii in tutto il mondo.

Alludendo alle contemporanee “anime gemelle” di Agee, Pompeo ha dichiarato: “La sola cosa che non condividono con Agee è la necessità di un editore. Tutto ciò di cui oggi hanno bisogno è un cellulare e un accesso a Internet. Nel mondo digitale odierno possono distribuire istantaneamente segreti USA sottratti in tutto il mondo a terroristi, dittatori, pirati e a chiunque altro cerchi di danneggiarci”.

Il direttore della CIA non ha fatto segreto dell’identità del suo bersaglio. “E’ ora di attaccare WikiLeaks per quello che realmente è: un servizio ostile non statale di spionaggio spesso favorito da attori statali, quali la Russia”, ha rimbombato dal podio.

Nei successivi diversi minuti Pompeo ha inveito contro Pompeo, definendolo “narcisista”, “un truffatore”, “un vigliacco”. Il Repubblicano di destra ha persino citato critiche dell’editore di WikiLeaks di Sam Biddle di The Intercept.

Poi Pompeo ha promesso una campagna “di lungo corso” di contromisure contro WikiLeaks. “Dobbiamo riconoscere che non possiamo più lasciare ad Assange e ai suoi colleghi uno spazio per usare i valori della libertà di espressione contro di noi. Concedere loro lo spazio per distruggerci con segreti sottratti è una perversione di ciò per cui è schierata la nostra grande Costituzione. Finisce adesso”, ha giurato.

Anche se Pompeo ha detto di riconoscere che “alla CIA è legalmente vietato di spiare persone mediante sorveglianza elettronica negli Stati Uniti”, è sembrato aver già messo in moto un programma aggressivo per spiare non solo Assange, ma i suoi amici statunitensi, i suoi legali e virtualmente chiunque nelle sue immediate vicinanze. Attuata dalla UC Global, la campagna ha comportato la registrazione di conversazioni private di bersagli statunitensi, l’apertura dei loro telefoni, la fotografia di loro informazioni personali e persino il furto delle password delle loro e-mail.

L’apparente attacco della CIA contro Assange era iniziato settimane prima, quando WikiLeaks aveva annunciato del pubblicato dei documenti Vault 7 della CIA. Non c’era voluto molto prima che la squadra di sicurezza di Adelson cominciasse a preparare spazio per Morales a Las Vegas.

 

Viaggio nel “lato oscuro”

Il 26 febbraio 2017 WikiLeaks ha annunciato l’imminente diffusione di una grossa parte di documenti della CIA che rivelavano dettagli degli strumenti di pirateria e di sorveglianza dell’agenzia. Una di tali applicazioni di spionaggio, chiamata “Marble”, consentiva alle spie dell’agenzia di impiantare codici che celavano la loro identità su computer che avevano piratato. Altri documenti contenevano prove di programmi che consentivano a pirati di penetrare applicazioni di messaggi criptati come Signal e Telegram e di trasformare televisori smart della Samsung in congegni di ascolto.

Due giorni dopo l’annuncio iniziale di WikiLeaks, il 28 febbraio, Morales era partito dalla Spagna a un hotel di Alexandria, Virginia, a solo un tiro di sasso dalla direzione della CIA a Langley. Anche se la UC Global non aveva alcun contratto pubblicamente noto con nessuna società in Virginia, documenti del tribunale ottenuti da The Grayzone stabiliscono che Morales aveva inviato e-mail da un indirizzo IP di Alexandria e pagato conti di un hotel locale per i successivi otto giorni.

Da quel momento in poi aveva viaggiato avanti e indietro quasi ogni mese tra la Spagna, l’area DC, New York City, Chicago o la base di Las Vegas delle attività di Adelson.

A DC Morales aveva inviato e-mail da un indirizzo IP statico al Grand Hyatt Hotel a solo quattro isolati dalla Casa Bianca.

I post Instagram della moglie e compagna di viaggio di Morales, Noelia Paez, evidenziavano la frequenza di tali viaggi.

 

Post della moglie di Morales, Noelia Paez, su Instagram da Las Vegas il 20 gennaio 2017

Colleghi dirigenti della UC Global avevano cominciato a nutrire sospetti riguardo ai suoi rapporti riservati negli USA. Secondo loro testimonianze egli parlava costantemente delle sue relazioni di lavoro con gli americani. Tuttavia la UC Global era stata assunta dall’agenzia dello spionaggio dell’Ecuador, SENAIN, per fornire protezione all’ambasciata del paese a Londra, non per spiarne gli occupanti.

A loro era sempre più chiaro che Morales stava imbrogliando un cliente di Quito per servire una forza più potente a Washington.

“Ricordo che David Morales aveva chiesto a una persona della società di preparare un telefono sicuro, con applicazioni sicure, proprio come un computer criptato, per comunicare con ‘gli amici americani’, per escludere la sua relazione con gli USA dalla portata della società”, ha ricordato un ex dipendente della UC Global.

Un ex socio in affari presso la UC Global ha dichiarato nella sua testimonianza: “A volte, quando gli era chiesto con insistenza chi fossero i suoi ‘amici americani’, in alcune occasioni David Morales aveva risposto che erano ‘i servizi segreti statunitensi’. Tuttavia quando gli ho chiesto di una particolare persona dei servizi che lui stava incontrando per fornirgli informazioni, il signor Morales aveva tagliato la conversazione e indicato che il soggetto era gestito esclusivamente da lui, a prescindere dalla società”.

L’ex socio sospettava che Morales stesse ricevendo pagamenti dai servizi statunitensi attraverso un conto bancario gestito da sua moglie, Paez. “In un’occasione”, ha testimoniato, “ho sentito una conversazione relativa a pagamenti su un conto del quale il signor Morales non voleva informare il resto dei membri della società”.

Il sospetto si era trasformato in collera quando l’ex socio della UC Global aveva riconosciuto la piena portata del sotterfugio di Morales. “Ho cominciato [ad attaccarlo] apertamente in discussioni violente in cui gli ripetevo che una società come la nostra è basata sulla “creazione di fiducia” e che lui non poteva fornire informazioni alla parte opposta”, ha ricordato l’ex socio. Alle fine di numerose simili discussioni, ha detto che Morales aveva spalancato la camicia, gonfiato il petto ed esclamato: “Io sono di tutto cuore un mercenario!”.

 

Una registrazione di telecamera per l’Ecuador, un altro per “il cliente americano”

Due ex dipendenti della UC Global e l’ex socio in affari hanno detto che Morales aveva cominciato a condurre una sofisticata operazione di spionaggio presso l’ambasciata di Londra nel giugno del 2017. La testimonianza è stata confermata da e-mail inviate da Morales ai suoi dipendenti che si occupavano della sorveglianza.

Prima di quel momento le telecamere all’interno e attorno all’ambasciata dell’Ecuador erano unità CCTV standard. La loro unica funzione consisteva nell’individuare intrusi. Cosa più importante, non registravano audio.

Per trasformare le telecamere da strumenti di sicurezza in armi di intrusione Morales aveva inviato una e-mail a un amico, “Carlos C.D. (spia)” che era proprietario di una società di attrezzature di sorveglianza chiamata Espiamos, o “Spiamo”. Aveva informato Carlos che “il nostro cliente” chiedeva che nell’ambasciata fossero sistemate nuove telecamere dotate di microfoni non individuabili.

Il 27 dello stesso mese Morales aveva scritto allo stesso impresario: “Il cliente vuole avere il controllo in streaming delle telecamere; tale controllo deve essere in possesso di due sedi diverse”. Aveva richiesto un server separato di archiviazione che potesse essere attivato “dall’esterno del locale in cui è situato il registratore”.

Modificando le telecamere in modo che potessero essere controllate dall’esterno e dotandole di microfoni nascosti, Morales aveva messo in atto il meccanismo per spiare conversazioni intime di Assange con amici e avvocati. Aveva anche compiuto passi per trasferire le riprese a un server separato esterno di archiviazione, in tal modo mantenendo l’operazione celata al SENAIN dell’Ecuador. I suoi ordini di procedere arrivavano da un’organizzazione che egli descriveva semplicemente come “il cliente americano”.

Ogni 15 giorni, o circa, Morales inviava uno dei dipendenti nell’ambasciata per raccogliere registrazioni DVR delle riprese di sorveglianza e portarle presso la direzione della società a Jerez, Spagna. Alcune riprese importanti erano caricate su un server chiamato “Operazione Hotel”, che in seguito è stato cambiato in un sistema basato su un sito web. Nei casi in cui la dimensione della DVR era troppo grande da caricare, Morales la consegnava personalmente al suo “cliente” negli USA.

Nel dicembre del 2017 Morales era stato convocato a Las Vegas Sands per una sessione speciale con “gli amici americani”. Il 10 di quel mese aveva trasmesso alla sua squadra spionistica una serie di e-mail da un indirizzo IP statico presso il Venetian Hotel di Adelson. I messaggi contenevano un nuovo insieme di istruzioni.

“Nessuno deve sapere dei miei viaggi, principalmente dei miei viaggi negli USA”, aveva scritto Morales via e-mail ai suoi dipendenti, “perché il SENAIN ci è addosso”.

Per limitare ulteriormente l’accesso del governo ecuadoriano al sistema di sorveglianza installato nell’ambasciata aveva istruito i suoi dipendenti: “Non dobbiamo dar loro accesso ad alcuni dei servizi del programma, in modo che non possano rendersi conto di chi ha più log-in o è in linea all’interno del sistema… [ma] tutto deve apparire come se vi avessero accesso”.

Morales aveva inviato alla sua squadra una presentazione in Powerpoint contenente istruzioni circa il nuovo sistema. Lo scopo delle istruzioni era di creare due utenti separati: un amministratore per il cliente ecuadoriano privo di accesso al log-in in modo che non fosse in grado di notare il secondo utente; e un separato log-in di sicurezza per gli americani, che avrebbero avuto pieno controllo delle caratteristiche di sorveglianza del sistema.

Ottenute da The Grayzone le diapositive erano redatte in perfetto inglese da un madrelingua che chiaramente non era Morales.

 

Dalle istruzione in Powerpoint sulla sorveglianza fornite a Morales dal “cliente americano” mentre si trovava al Venetian Hotel di Adelson nel dicembre del 2017.

“David Morales non aveva ovviamente la competenza tecnica”, ha detto un ex specialista IT della UC Global che aveva ricevuto le istruzioni, “dunque il documento doveva essere stato inviato da un’altra persona. Poiché era in inglese, sospetto che potesse essere stato [creato dallo] spionaggio statunitense”.

Chiunque avesse preparato le istruzioni in Powerpoint era chiaramente un esperto di sicurezza informatica con esperienza nella sorveglianza e nella pirateria elettronica. Tale persona dimostrava la sua competenza cancellando tutti i metadati del documento, salvo il nome utente, “Player One”. Il Powerpoint era stato consegnato nell’apparente presenza fisica di Morales, che aveva proceduto a dire ai suoi dipendenti: “Queste persone mi hanno consegnato queste istruzioni, redatte in inglese”.

Nell’orbita di Adelson c’era almeno un esperto di sicurezza informatica con un lungo passato di collaborazione con le forze dell’ordine e lo spionaggio statunitensi: il vicepresidente senior e capo globale della sicurezza di Las Vegas Sands, Brian Nagel.

 

Da massimo investigatore statunitense della criminalità informatica a capo della sicurezza di Adelson

Nel corso della sua lunga carriera presso il servizio segreto statunitense Nagel lavorato al collegamento tra le forze federali dell’ordine e lo spionaggio statunitense. Negli anni Novanta Nagel aveva lavorato non solo al distaccamento della protezione personale dei presidenti George H.W. Bush e Bill Clinton ma era stato anche assegnato a “collaborare con due servizi stranieri di protezione dopo l’assassinio e il tentato assassinio dei rispettivi capi di stato”, ha dichiarato in una testimonianza giurata presso un tribunale distrettuale statunitense nel 2011. Nagel ha anche dichiarato che in seguito aveva protetto il direttore e il vicedirettore di un’agenzia federale che ha evitato di nominare.

Durante la stessa testimonianza Nagel ha affermato di aver ricevuto dalla CIA il Seal Medallion della Comunità dei Servizi Segreti, un premio concesso a personale non della CIA “che ha offerto considerevoli contributi agli sforzi dello spionaggio dell’agenzia”.

Da vicedirettore del servizio segreto è apparso accanto all’allora procuratore generale statunitense John Ashcroft in una conferenza stampa del novembre 2003 sulla lotta alla criminalità informatica e ha testimoniato davanti al sottocomitato della Camera sulla Sicurezza Nazionale nel marzo del 2007. A esclusione di questi due eventi Nigel non è mai apparso in video.

 

Una delle poche fotografie disponibili del direttore della sicurezza globale di Las Vegas Sands, Brina Nagel, dalla sua testimonianza al Congresso nel 2007.

 

Anche se il pubblico tende ad associare il servizio segreto statunitense a uomini robusti in abiti scuri e occhiali da aviatore che sussurrano nei loro polsini affiancando presidenti, l’agenzia opera anche da principale organo investigativo del paese sulla criminalità informatica.

Nel novembre del 2002 il LA Times ha scritto del ruolo di Nagel nel creare la Squadra Speciale di Los Angeles sui Reati Elettronici , una grande attività federale che occupava un intero piano di una grattacielo del centro di LA. Dedicata a combattere

la criminalità elettronica e il terrorismo informatico, la squadra speciale comprendeva lo FBI, forze dell’ordine locali, società private della sicurezza e il servizio segreto USA. L’iniziativa, ha detto Nagel, “era interamente focalizzata sul rafforzamento delle collaborazioni in corso e sulla costruzione di nuove”.

Nell’ottobre 2004 a Nagel è stato riconosciuto il merito di aver smontato un’importante struttura di criminalità informatica internazionale chiamata shadowcrew.com (nessuna relazione con la struttura di pirataggio Shadow Brokers che aveva fatto trapelare segreti dell’Agenzia della Sicurezza Nazionale). Secondo TechNewsWorld, sotto gli occhi di Nagel “il servizio segreto aveva usato intercettazioni e informatori sotto copertura e propri pirati per ottenere accesso a segmenti privati del sito [shadowcrew]”.

Queste tattiche sono parse notevolmente simili a quelle impiegate 13 anni dopo per spiare Assange.

Prima di lasciare la vita pubblica nel 2008 Nagel aveva aiutato il Dipartimento della Difesa Nazionale (DHS) a creare l’Istituto Informatico Forense Nazionale. L’allora direttore del DHS, Michael Chertoff, aveva promesso che l’istituto si sarebbe “preso la rivincita sui gruppi criminali” mettendo le forze dell’ordine in grado di usare “le stesse tecnologie” impiegate normalmente dai pirati e dai criminali informatici.

Due anni dopo, quando era apparso per la prima volta WikiLeaks, le speciali unità federali della sicurezza informatica che Nagel aveva contribuito a creare erano probabilmente in prima linea nella lotta statunitense per contrastare il portale di informazioni in rete di Assange.

 

La guardia del corpo israelo-statunitense di Adelson si trasforma in intermediario dello spionaggio

Quando Nagel è stato assunto da Las Vegas Sands come suo direttore globale della sicurezza era stato messo a capo della protezione di un impero finanziario e politico internazionale che spaziava dagli Stati Uniti a Israele a Macao nella Repubblica Popolare Cinese. Il presidente della Sands, Sheldon Adelson, possedeva una fortuna valutata in 30 miliardi di dollari che lo poneva costantemente nella lista di Forbes di primi dieci statunitensi più ricchi.

Le attività politiche di Adelson erano mosse da due fattori: il suo desiderio di espandere le sue attività del gioco d’azzardo in tutto il mondo e il suo sionismo fanatico. E’ così devoto all’autoproclamato stato giudeo che una volta si è rammaricato di aver servito da giovane nell’esercito statunitense anziché nell’esercito israeliano.

Da amico personale e benefattore finanziario del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Adelson aveva investito il suo denaro in un tentativo fallito di impedire la rielezione del presidente Barack Obama e bloccare la firma dell’accordo con l’Iran sul nucleare. Nel 2016 era diventato un massimo donatore della campagna presidenziale di Trump, contribuendo a coltivare l’amministrazione più filo Likud della storia statunitense.

Per assicurare la sua protezione personale, Adelson aveva messo insieme un’accolta di ex soldati e agenti dello spionaggio di Israele come guardie del corpo. A capo del suo gruppo della sicurezza era Zohar Lahav, un cittadino israeliano che era stato vicepresidente della protezione esecutiva a Las Vegas Sands.

 

Adelson con una guardia del corpo di alto livello.

 

Naturalizzato negli USA, Lahav aveva lavorato per un periodo negli anni Novanta quale amministratore presso il consolato israeliano di Miami. Era stato sottoposto a una controversia minore nel 1996 quando il Miami New Times aveva scritto che la città di Miami lo aveva assunto come capo cerimoniere, affidandogli la responsabilità di proteggere il sindaco assieme a una serie di ruoli non definiti, compresa l’assistenza personale.

Lahav si era trovato di nuovo sui giornali nel 2011 quando nove membri della squadra esecutiva di Adelson avevano citato in giudizio il suo datore di lavoro a Las Vegas Sands per essersi rifiutato di pagar loro gli straordinari. Tre dei dipendenti avevano modificato la causa per denunciare di essersi viste negate promozioni perché erano afroamericani.

“La [squadra di protezione esecutiva] in tutti i suoi 14 anni di esistenza è stata gestita e controlla da un’unità di gestione esecutiva che era costituita esclusivamente da ex cittadini israeliani che sono maschi bianchi”, ha denunciato il loro legale. (Oltre a Lahav, la causa legale citava Adi Barshishat come un israeliano che aveva contribuito a dirigere la squadra della sicurezza di Adelson. Sul suo profilo Linkedin Adi Barshishat elenca esteso addestramento alla sorveglianza di un’”agenzia governativa israeliana” non nominata).

Nella loro denuncia contro la Sands i querelanti avevano affermato che Lahav raccontava regolarmente barzellette pesantemente razziste. Uno di loro aveva accusato Lahav di costringere membri della squadra a “trasportare armi da fuoco in violazione della legge statale” e di far loro funzionare un macchina a raggi X non registrata che metteva in pericolo la loro salute. Due delle guardie della sicurezza hanno successivamente citato in giudizio Adelson per averle costrette a “subire lesioni, tra cui la sterilizzazione” costringendole a passare ai raggi X ogni articolo della posta del miliardario. Lahav è stato anche accusato di ordinare al personale della sicurezza di non comunicare in nessuna circostanza con Brian Nagel.

La Sands ha reagito rapidamente contro le guardie di sicurezza scontente riassegnandole a ruoli umilianti in stile guardie di centri commerciali. Poi l’avvocato di Adelson ha accusato di antisemitismo l’avvocato rivale, affermando che aveva molestato Lahav con “domande insultanti riguardo alla razza e alla sua religione” e la famiglia di Adelson. Infine Nagel aveva premuto per impedire che il procedimento legale fosse filmato, insistendo davanti a un giudice distrettuale che la copertura televisiva avrebbe “creato materiale per uso virale su Internet da parte di gruppi estremisti di incitamento all’odio e terroristi” che poteva causare danni alle sicurezza personale di Adelson.

Si è trattato di un’affermazione ironica da parte di un agente della sicurezza la cui società risultava aver partecipato a un’operazione di spionaggio fortemente intrusiva e forse illegale contro Assange e numerosi legali, giornalisti, politici, cittadini statunitensi e diplomatici ecuadoriani.

 

Una società di facciata della CIA in territorio cinese?

All’epoca della causa legale, la società di Adelson risultava aver collaborato strettamente con la CIA. Un rapporto confidenziale del 2010 di un investigatore privato assunto dall’industria del gioco d’azzardo aveva individuato il casinò di Adelson a Macao come una società di facciata per un’operazione dell’Agenzia contro la Cina.

“Una fonte affidabile ha riferito che dirigenti del governo centrale cinese ritengono decisamente che la Sands abbia permesso ad agenti CIA/FBI di operare all’interno della sua struttura. Questi agenti apparentemente ‘controllano dirigenti del governo continentale’ che giocano nei casinò”, ha affermato.

In precedenza dettagliato dal Guardian nel 2015 e visionato da The Grayzone nel maggio corrente, il rapporto confidenziale citava prove da fonti ufficiali cinesi di “agenti statunitensi operanti dalla Sands che ‘adescavano’ e intrappolavano dirigenti del governo continentale, coinvolti in gioco d’azzardo, per costringerli a collaborare con interessi governativi statunitensi”.

Un portavoce della Sands di Adelson ha diffuso una smentita non smentente del rapporto, scartandolo come “un’idea per un copione cinematografico”. Non molto tempo dopo, un’altra collaborazione tra Adelson e Langley è parsa essere in cantiere e anch’essa conteneva tutti gli elementi di un thriller di spionaggio di successo.

Una fiera dell’industria della sicurezza del 2016 a Las Vegas alla Sands Expo aveva offerto l’occasione per la società di Adelson – e presumibilmente per la CIA – per arruolare David Morales. Il suo reclutatore personale, secondo una testimonianza diretta, era stato Lahav.

Quando Morales era tornato da Vega alla sua base nazionale in Spagna, aveva divulgato dettagli dell’accordo al suo socio in affari di allora.

“Dedussi dalle conversazioni con David Morales, in cui egli confessava in dettaglio i suoi accordi realizzati nel suo viaggio negli USA”, ha in seguito testimoniato nel tribunale spagnolo il suo ex socio, “che il capo della sicurezza di Las Vegas Sands, un ebreo di nome Zohar Lahav, aveva preso contatto con il signor Morales, diventando suo buon amico alla fiera della sicurezza di Las Vegas. Sento che questa persona gli abbia offerto di collaborare con autorità dello spionaggio statunitense per trasmettere informazioni riguardo ad Assange”.

Morales ha confermato la stretta amicizia tra lui e Lahav nel corso di un interrogatorio presso il tribunale spagnolo condotto lo scorso febbraio da Aitor Martinez, un avvocato spagnolo che rappresentava Assange nella causa. In una precedente apparizione in tribunale, la pubblica accusa spagnola aveva chiesto a Morales del collegamento tra Lahav e i servizio di spionaggio statunitensi; Morales aveva affermato di non averne idea.

Un ex socio di Morales ha ricordato un caso in cui “Zohar [Lahav] era venuto in Spagna ed era rimasto nella solita casa [di Morales] per un fine settimana”.

Ulteriore prova della relazione tra Lahav e Morales può trovarsi in una lettera di raccomandazione non datata scritta da Lahav per il suo amico. Redatta su carta intestata della Sands, Lahav affermava che aveva “collaborato per tre anni con il signor David Morales, direttore generale della UC Global S.L.” elogiandolo per la sua “lealtà e costanza”.

 

Alla fine del 2017 la presunta collaborazione tra Morales e la Sand era maturata del tutto, con la CIA che apparentemente agiva da guida. Insieme, tali entità avevano intensificato la loro sorveglianza dei collaboratori di Assange e avevano sventato il suo piano di lasciare l’ambasciata sotto la protezione dell’immunità diplomatica.

 

Foto del cellulare della giornalista Stefania Maurizi scattata dalla UC Global.

 

Spionaggio, furto di pannolini e piani di intrusione

Stefania Maurizi, una giornalista italiana che visitava regolarmente Assange presso l’ambasciata di Londra, ha ricordato incontri rilassati con una sicurezza minima e interazioni amichevoli con il personale dell’ambasciata nei primi cinque anni della permanenza del fondatore di WikiLeaks. E’ stato a dicembre 2017 che tutto è cambiato.

Nel corso di una visita per intervistare Assange in quel mese, gli addetti spagnoli alla sicurezza della UC Global avevano preteso per la prima volta che la Maurizi consegnasse il suo zaino e tutto il suo contenuto. Lei aveva protestato contro la nuova procedura, apparentemente arbitraria, ma invano.

“Hanno sequestrato ogni cosa”, ha dichiarato la Maurizi a The Grayzone. “Hanno preso i miei telefoni, uno dei quali era criptato; il mio iPod e molte chiavette USB. Non c’è stato modo di avere indietro il mio zaino. La guardia mi ha detto: ‘Non si preoccupi, tutto andrà bene, nessuno avrà accesso ai suoi materiali o aprirà il suo zaino’. Ero molto sospettosa. Non mi è stato neppure permesso di portare all’interno una penna per prendere appunti”.

E’ emerso che i dipendenti della UC Global avevano fotografato il numero unico di Identità del Dispositivo Mobile e il numero della SIM all’interno del telefono della Maurizi e di molti altri visitatori. In una fotografia ottenuta da The Grayzone i contraenti della sicurezza avevano rimosso la SIM per ottenere un’immagine chiara dei codici. E’ parso che si trattava dell’informazione di cui avevano bisogno per piratare i telefoni.

 

La Maurizi all’epoca non sapeva nulla della relazione allora in corso di indagine tra la CIA e la squadra della sicurezza presso l’ambasciata. Lei sapeva solo che Correa, il presidente di sinistra dell’Ecuador che aveva difeso Assange, era stato sostituito mesi prima, nel maggio del 2017, da Lenin Moreno, il suo ex vicepresidente che egli definiva un cavallo di Troia di interessi statunitensi.

La nuova amministrazione aveva operato un’improvvisa svolta filostatunitense che imponeva ostilità nei confronti di Assange e della sua organizzazione. Quando il FMI aveva fatto ventilare al governo a corto di liquidità un grosso prestito, Moreno aveva denigrato Assange come “pirata informatico” e gli aveva tagliato l’accesso a Internet, oltre alle visite dall’esterno per un lungo periodo.

Assange, per parte sua, si era convinto che la sicurezza dell’ambasciata lo stesse spiando. Alla fine del 2017 usava un apparecchiatura produttrice di rumore bianche nella principale sala riunioni per  mantenere al sicuro le sue conversazioni con i legali e teneva i suoi incontri più delicati con i suoi avvocati nel bagno delle donne, aprendo i rubinetti per coprire il suono delle loro conversazioni. La UC Global aveva contrattaccato inserendo un microfono magnetico sul fondo di un estintore che le consentiva di spiare attraverso il rumore bianco. Un secondo microfono era stato installato nel bagno delle donne.

Altri piani esposti nelle e-mail della società UC Global chiedevano di installare un microfono capace di ascoltare attraverso le pareti e di sistemarlo segretamente nell’ufficio dell’ambasciatore, che nelle e-mail era chiamato “direttore dell’hotel”.

Morales aveva anche proposto di installare dispositivi di ascolto nella camera da letto di Assange e persino di mettere in atto un piano per sostituire tutti gli estintori con nuovi contenenti microfoni nascosti. Il microfono nella principale sala riunioni registrava il grosso delle conversazioni ed è attualmente in possesso del giudice spagnolo che segue il caso.

“Julian era estremamente preoccupato. Diceva che le guardie lavoravano per lo spionaggio”, ha ricordato il suo avvocato, Martinez. “Gli dissi che erano solo gente della classe lavoratrice dal sud della Spagna, da dove vengo io. Ma ora mi rendo conto che mi sbagliavo del tutto”.

Il 12 dicembre, due giorni dopo aver ricevuto le istruzioni in Powerpoint a Las Vegas Sands sulla creazione di flussi separati delle telecamere di sorveglianza, Morales aveva inviato una e-mail alla sua squadra di spionaggio presso l’ambasciata identificando specifici bersagli individuali. Secondo un ex dipendente della UC Global, la lista era stata creata “dagli americani”.

Tra i primi su cui egli aveva ordinato loro di concentrarsi c’erano “Fix”, un esperto tedesco di sicurezza informatica e “MULLER”, un riferimento ad Andrew Muller-Maghun, un pirata informatico e attivista dei diritti Internet tedesco, che erano intimi amici di Assange. In una visita all’ambasciata la sicurezza della UC Global aveva fotografato i contenuti dello zaino di Muller-Maghun e i contatti del suo cellulare.

Morales aveva chiesto anche la sorveglianza di Ola Bini, uno sviluppatore svedese di software che aveva visitato Assange, e di Felicity Ruby, una collega di Bini presso la società ThoughtWorks, che Morales descriveva come “una squadra di pirati informatici”.

In un bollettino del settembre 2017 Morales aveva pubblicato una lista di 10 bersagli individuali di investigazione, chiedendo profili aggiornati degli avvocati di Assange, quali Renata Avila, Jennifer Robinson, e Carlos Povda, nonché del giudice spagnolo Baltasar Garzon.

Morales aveva sollecitato “speciale attenzione” a Stella Morris, un membro della squadra legale che aveva recentemente rivelato di aver avviato una relazione con Assange e di aver avuto due figli da lui durante la sua permanenza nell’ambasciata. Dopo aver proposto a “una persona interamente dedicata all’attività” di spiare la Morris, Morales aveva alla fine istruito un dipendente di rubare un pannolino di uno dei figli piccoli della Morris per estrarre il DNA che avrebbe provato che era la madre dei figli di Assange. “All’epoca”, ha testimoniato il dipendente, “Morales aveva deliberatamente indicato che ‘gli americani’ insistevano per una conferma [dei risultati del DNA]”.

Turbato dal bizzarro incarico il dipendente della UC Global aveva alla fine intercettato la Morris fuori dall’ambasciata per informarla del programmato furto del pannolino e per dissuaderla da portare il figlio all’interno.

“Erano ossessionati dai visitatori statunitensi, tutti, dagli avvocati ai giornalisti agli amici. Erano molto concentrati su Glenn Greenwald, persino aprendo il suo passaporto, fotografando il suo visto per la Russia e trasmettendolo alla loro direzione”, ha affermato Martinez, riferendosi al giornalista statunitense residente in Brasile che aveva visitato Assange. (The Grayzone ha visionato la foto dell’UC Global del visto d’ingresso sul passaporto di Greenwald).

La e-mail del 12 dicembre da Morales sollecitava attenzione anche su qualsiasi “cittadino russo” che visitasse Assange. La direttiva sembrava riflettere la crescente ossessione statunitense riguardo al collegamento di WikiLeaks con lo spionaggio russo e l’asserito pirataggio dei server delle e-mail del Comitato Nazionale Democratico nel 2016.

VIdeo ripreso dalla UC Global del comico e attivista Randy Credico in visita a Julian Assange nel novembre del 2017.

 

In conseguenza dell’intensificata sorveglianza, Garzon, il giudice spagnolo che guidava la squadra legale di Assange, era stato seguito da spie della UC Global quando aveva accolto l’ex presidente ecuadoriano Correa all’aeroporto Barajas di Madrid, Spagna. I due erano stati fotografati nella casa di Garzon. Morales aveva in seguito inviato per e-mail un rapporto e fotografie dell’incontro.

Un ex dipendente della UC Global ha testimoniato che nel novembre del 2017 Morales aveva proposto di penetrare nell’ufficio di Madrid di Garzon per “ottenere informazioni rilevanti circa Assange e consegnarle [agli americani]”. L’ex dipendente ha segnalato che due settimane dopo l’ufficio di Garzon era stato svaligiato e non erano stati sottratti né denaro né oggetti di valore. Il quotidiano spagnolo El Pais ha scritto che tre uomini incappucciati, vestiti di nero, erano penetrati nell’ufficio di Garzon il 18 dicembre 2017, non avevano preso denaro ma avevano “messo in disordine documenti”.

Tutte le richieste di sorveglianza, localizzazione e comunicazioni su Baltasar Garzon, secondo quando aveva detto David Morales, “erano arrivate dagli americani”, ha testimoniato l’ex dipendente.

Morales aveva anche trasmesso notizie su una riunione tenuta da Correa a Bruxelles, con dettagli dei numeri di serie dei suoi dispositivi, informazioni intime delle persone che aveva incontrato e contenuto di tali conversazioni. Stranamente il rapporto era redatto da Morales in inglese e inviato alla sua squadra perché fosse condiviso sul server speciale creato dal “cliente americano”. Ha dichiarato implausibile che il rapporto fosse per il SENAIN dell’Ecuador.

Tuttavia quando gli è stato chiesto dall’accusa e da Martinez, il legale di Assange, perché aveva redatto in inglese una e-mail a dirigenti ecuadoriani che parlavano spagnolo, Morales si è arrabattato per una scusa: “A volte mi piace scrivere in inglese”, ha affermato.

La Maurizi, per parte sua, aveva scoperto che telefonate, e-mail e messaggi di testo dai suoi editori, allora il quotidiano italiano La Repubblica, non arrivavano a destinazione. “Nessuno era in grado di spiegare il disservizio”, ha detto la Maurizi. “Mi chiedo se avesse qualcosa a che vedere con queste attività di spionaggio. A tutt’oggi non sono in grado di dirlo”.

Nel frattempo Pamela Anderson, l’attrice statunitense divenuta amica di Assange, aveva subito il furto da parte della UC Global delle password della sua e-mail e del suo cellulare durante una visita. Il furto si era verificato quando la Anderson aveva scritto la sua password su un notes in modo che Assange potesse verificare la sicurezza dei suoi profili. Con il sistema di telecamere da loro installato, le spie della UC Global erano riuscite a fotografare il taccuino il che aveva consentito loro l’accesso ai suoi profili.

La rete spionistica intrappolava virtualmente chiunque entrasse nell’ambasciata, persino l’allora deputato statunitense Dana Rohrabacher. L’avvocato di Assange Jennifer Robinson ha partecipato nell’agosto del 2017 a un incontro con Rohrabacher e ha affermato che egli si era annunciato come un emissario ufficiale di Trump. Ha detto che il deputato aveva offerto una grazia presidenziale a condizione che l’editore di WikiLeaks potesse fornire prove concrete che il governo russo non aveva piratato il server delle e-mail del Comitato Nazionale Democratico.

Rohrabacher ha in seguito ammesso di aver ventilato la possibilità di una grazia, ma ha sostenuto che la sua visita era “missione di accertamento dei fatti” non collegata ad alcuna iniziativa di Trump.

Un ex dipendente della UC Global ha testimoniato che “gli americani erano molto nervosi riguardo alla visita” di Rohrabacher e “avevano chiesto personalmente a Morales di controllare e verificare assolutamente qualsiasi cosa relativa a tale visita”. Durante l’incontro a Rohrabacher era stato richiesto di lasciare il suo telefono alle spie della UC Global.

 

Sabotaggio della strategia di uscita di Assange, piani di rapina e assassinio

Per tutto dicembre 2017 Assange e i suoi legali stavano formulando un piano per lasciare l’ambasciata sotto la protezione garantita a diplomatici in base alla Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche. Una proposta richiedeva di nominare Assange quale diplomatico di un governo amico come la Bolivia o la Serbia, in tal modo garantendogli immunità diplomatica. La parte finale del piano dipendeva dalla collaborazione del capo del SENAIN ecuadoriano, Rommy Vallejo, che tecnicamente era il capo di Morales. Vallejo era arrivato all’ambasciata il 20 dicembre 2017, solo cinque giorni prima del piano di Assange di lasciare l’ambasciata.

“Era l’ultimo passo”, ha detto Martinez della visita del capo del SENAIN. “[Vallejo] doveva parlare con Julian [Assange] dei dettagli finali per lasciare l’ambasciata e organizzare un veicolo diplomatico. Ora, dopo aver controllato tutti i documenti e le e-mail, abbiamo scoperto che quando aveva visitato Julian, Morales aveva detto [alla sua squadra spionistica] di registrare ogni cosa, attivare tutte le telecamere e ottenere tutti i dati di tutti i cellulari”.

In effetti, non appena terminato l’incontro, Morales aveva chiesto ai suoi dipendenti di trasmettergli tutti i dati della sorveglianza via Dropbox. La squadra della UC Global aveva proceduto ad aprire i telefoni di Vallejo e a copiare i codici del suo cellulare.

Il 21 dicembre, il giorno dopo l’incontro di Assange con il capo del SENAIN, procuratori statunitensi avevano presentato segretamente denunce contro Assange nel tribunale federale di Alexandria, Virginia.

Secondo una fonte coinvolta nel piano per concedere ad Assange immunità diplomatica, l’ambasciatore statunitense in Ecuador, Todd Chapman, aveva informato le autorità ecuadoriane di aver appreso dell’iniziativa e le aveva avvertite di non portarla a termine.

La fonte ha anche dichiarato a The Grayzone che quando uno dei dirigenti ecuadoriani coinvolti nell’ideazione della strategia per liberare Assange dall’ambasciata era tornato a Quito, il suo veicolo governativo ufficiale era stato fermato su una strada da armati mascherati su una moto che lo avevano derubato del suo computer portatile. Il computer conteneva informazioni dettagliate riguardo al piano per consentire legalmente ad Assange di lasciare l’ambasciata.

Guillaume Long, il ministro degli esteri dell’Ecuador sotto Correa, ha dichiarato a The Grayzone che l’operazione statunitense coordinata di spionaggio contro Assange presso l’ambasciata ecuadoriana era “una grave violazione della sovranità, della legge internazionale e delle norme che regolano la diplomazia internazionale. Ed è completamente illegale e, sosterrei, compromette realmente la causa statunitense per l’estradizione di Julian Assange”.

La rapina denunciata di un funzionario ecuadoriano a Quito era coerente con un altro piano violento divulgato nel tribunale spagnolo da un ex dipendente della UC Global.

L’ex dipendente ha ricordato che Morales aveva citato che “gli americani volevano disperatamente” por fine alla presenza di Assange nell’ambasciata. Perciò avevano “proposto di attivare misure più estreme contro di lui”, tra cui “la possibilità di lasciare aperta una porta della missione diplomatica, sostenendo che si era trattato di un errore accidentale, per consentire l’ingresso per rapire il richiedente asilo; o persino la possibilità di avvelenare il signor Assange”.

I dipendenti erano rimasti sconvolti quando avevano appreso della proposta e avevano protestato con Morales affermando che la direzione che lui stava prendendo “stava cominciando a diventare pericolosa”.

 

Dopo una campagna di spionaggio un’incriminazione in base alla Legge sullo Spionaggio

L’11 aprile 2019 la polizia britannica ha fatto irruzione nell’ambasciata ecuadoriana di Londra e ha trascinato Assange in un furgone in attesa. E’ stata la prima volta nella storia che un governo aveva permesso a un’agenzia straniera di forze dell’ordine di entrare nel suo territorio sovrano e di arrestare uno dei suoi cittadini.

Quello stesso giorno Ola Bini – il programmatore informatico svedese definito un “pirata” da Morales e posto sotto apparente sorveglianza statunitense – è stato arrestato in Ecuador e detenuto per mesi senza accuse. Accusato di aver collaborato con Assange e di vari reati informatici, Bini è stato detenuto nel carcere El Inca dell’Ecuador, dove autorità statunitensi risultano aver richiesto di interrogarlo. Amnesty International ha definito Bini un “difensore digitale” e ha condannato “l’indebita interferenza governativa” e l’intimidazione della sua squadra di difesa legale.

Assange, un cittadino australiano, è stato successivamente incarcerato nel carcere di Belmarsh, dove ora attende una possibile estradizione negli USA e un processo per 18 accuse, 17 delle quali basate sulla violazione della Legge sullo Spionaggio. Le accuse comportano una pena massima di 175 anni di carcere.

Durante la prima udienza sull’estradizione il 24 febbraio scorso, Assange è stato confinato in una gabbia di vetro che gli ha impedito di conferire direttamente con i suoi avvocati. Osservatori, compreso l’ex diplomatico britannico Craig Murray, hanno detto di aver notato agenti statunitensi conferire fuori dal tribunale con gli accusatori britannici.

Un testimone dell’udienza per l’estradizione ha fornito a The Grayzone fotografie di diversi presenti, che affermavano di essere funzionari del Dipartimento della Giustizia statunitense, seduti direttamente dietro gli accusatori britannici durante tutto il procedimento. Le foto, vedere di seguito, mostrano i presunti funzionari fuori dal tribunale.

 

Dopo l’inizio dell’udienza, secondo l’avvocato di Assange, Martinez, è arrivata un’avvocatessa britannica e ha chiesto il permesso di assistere. Rappresentava Las Vegas Sands, una chiara indicazione che Adelson era profondamente preoccupato riguardo all’esito del procedimento.

Essendo stato promosso da direttore della CIA a Segretario di Stato, Mike Pompeo avrebbe preparato il terreno che candidarsi al Senato statunitense in Kansas. Il primo passo della neonata campagna, secondo una serie di articoli, è stato raggiungere Sheldon Adelson per “valutare l’interesse” a finanziare la corsa al Senato.

Alla fine del 2019, dopo la rivelazione della relazione della Sands con la UC Global, ex dipendenti di Morales hanno segnalato una voce che la guardia del corpo di Adelson, Zohar Lahav, era stato licenziato da Las Vegas Sands. Quando a Morales è stato chiesto, durante un’apparizione davanti al tribunale spagnolo lo scorso febbraio, se la voce era vera, egli l’ha confermata, affermando che Lahav era stato licenziato a causa del “casino” che aveva contribuito a creare.

Raggiunto al telefono da The Grayzone il 12 maggio, Lahav ha immediatamente riattaccato quando gli è stato detto che parlava con un giornalista.

Max Blumenthal è un giornalista premiato e autore di diversi libri, tra cui i bestseller Republican Gomorrah, Goliath, The Fifty One Day War, e The Management fo Savagery. Ha prodotto articoli a stampa per una serie di pubblicazioni, molti servizi video e numerosi documentari, tra cui Killing Gaza. Blumenthal ha fondato The Grayzone nel 2015 per gettare una luce giornalistica sulla condizione di perpetua guerra degli Stati Uniti e sulle sue pericolose ripercussioni nazionali.

 


da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

 

Originale: https://thegrayzone.com/2020/05/14/american-sheldon-adelsons-us-spy-julian-assange/#more-24388

 

 

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