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11 maggio 2020

Tutti gli Stati che chiedono i danni al Partito Comunista Cinese

L’occultamento dell’espandersi del coronavirus da parte del Partito Comunista Cinese (Pcc) ha portato a un’epidemia globale che ha causato enormi perdite in termini economici e soprattutto di vite umane. Molti Paesi di tutto il mondo, quindi, hanno chiesto al Pcc di assumersi la responsabilità di questa catastrofe, esigendo un risarcimento e dando il via ad azioni legali volte ad ottenerlo.

I Paesi ad aver dato il via ad azioni legali sono i seguenti:
Stati Uniti
Francia
Inghilterra
Germania
Spagna
Italia
Polonia
Australia
Canada
India
Egitto
Africa –Nigeria

1. Stati Uniti
Il 27 aprile il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha fatto sapere in conferenza stampa di non essere «soddisfatto della Cina», e ha comunicato che era in corso una seria indagine su quanto accaduto.
Con l’epidemia che continua, il numero di infezioni e le perdite economiche sono in aumento; gli Stati Uniti in quanto nazione non hanno ancora chiesto un risarcimento specifico, ma sono state già intraprese varie azioni sia locali che civili in tal senso. Il 12 marzo, per esempio, uno studio legale della Florida ha rappresentato 10 mila cittadini di 40 Paesi che sono stati contagiati dal nuovo coronavirus, in una causa intentata presso il tribunale statale della Florida per un totale di circa 6 mila miliardi di dollari. Il 18 marzo, Larry Klayman, ex procuratore del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e fondatore dell’organizzazione legale conservatrice Freedom Watch, ha invece intentato una causa collettiva in Texas, e ha chiesto 20 mila miliardi di dollari al Partito Comunista Cinese. Il 18 aprile, il sito web di Newsweek ha riportato che i membri del Congresso repubblicano statunitense hanno firmato una risoluzione che permette agli americani di fare causa al governo cinese per la pandemia. Il 20 aprile, diversi legislatori statunitensi hanno precisato che la risoluzione, se approvata, negherebbe alla Cina l’immunità sovrana, permettendo agli americani di intentare cause private contro il Partito Comunista Cinese per aver nascosto informazioni chiave che hanno portato alla pandemia; questo significa che sarebbe possibile congelare i beni del governo cinese negli Usa.
Il rappresentante statunitense Jim Banks, un repubblicano, ha suggerito che per recuperare il risarcimento, si potrebbe non pagare la maggior parte del debito nazionale statunitense che il Pcc aveva acquistato.
Inoltre, gli Stati Texas, Nevada, California, Mississippi e Missouri hanno tutti avviato procedimenti giudiziari contro il governo cinese.

2. Francia
Il quotidiano francese Le Figaro ha commentato che un piccolo virus invisibile sta cambiando profondamente le relazioni sino-europee: l’Europa si è svegliata e sta iniziando a capire cosa sia il Partito Comunista Cinese (Pcc).
Il presidente francese Emmanuel Macron ha fatto presente, in un’intervista al Financial Times britannico il 16 aprile, che ci sono delle «zone grigie» nella gestione dell’epidemia da parte del Pcc, e che è impossibile mettere a confronto i Paesi con un’informazione libera con quelli senza informazione libera.

3. Inghilterra
Il 5 aprile la Henry Jackson Society, un think tank conservatore britannico, ha pubblicato uno studio in cui si afferma che ci sono 10 vie legali attraverso le quali la comunità internazionale può chiedere un risarcimento al Partito Comunista Cinese, compresa la Corte internazionale di giustizia. Lo studio raccomanda al primo ministro Johnson di richiedere alla Cina un risarcimento di 351 miliardi di sterline.
Il 16 aprile il ministro degli Esteri britannico, Dominic Raab, ha dichiarato che i rapporti tra la Gran Bretagna e la Cina non saranno più ‘business as usual’ dopo l’epidemia.

4. Germania
Il più grande giornale tedesco, Bild, ha recentemente pubblicato un articolo che sostiene la tesi secondo cui il Partito Comunista Cinese ha violato il diritto internazionale nascondendo l’epidemia nelle sue fasi iniziali.
Il giornale ha citato una ‘bolletta’: un calcolo dettagliato dei risarcimenti che il Partito Comunista Cinese dovrà pagare a varie industrie tedesche per i mesi di marzo e aprile, con un totale preliminare di 149 miliardi di euro.
In seguito a questo articolo, il capo redattore del giornale ha ricevuto lettere di minaccia da parte dell’ambasciata cinese a Berlino e ha risposto con un lettera articola in 5 punti cruciali che si conclude con queste parole: «La vostra ambasciata mi dice che non sono all’altezza della “tradizionale amicizia dei nostri popoli”. Immagino che la consideriate una grande amicizia quando ora inviate generosamente le maschere in tutto il mondo. Questa non è amicizia, la chiamerei imperialismo nascosto dietro un sorriso: un cavallo di Troia. Avete intenzione di rafforzare la Cina attraverso una piaga che avete esportato. Non ci riuscirete. Il coronavirus sarà la vostra fine politica, prima o poi».

5. Spagna
Il numero di casi confermati di infettati della polmonite di Wuhan in Spagna si avvicina a 200 mila. Il 17 aprile la Spagna ha presentato al Parlamento europeo una mozione che chiede un’indagine internazionale indipendente sul virus, sulle sue origini e sui legami dell’Oms con il Partito Comunista Cinese, affinché sia ritenuto responsabile dell’epidemia globale.
In precedenza, a tre degli alti dirigenti del partito spagnolo Vox era stato diagnosticato il Covid-19: al leader del partito Santiago Abascal, al secondo in comando e segretario generale Javier Ortega Smith e al portavoce del partito Macarena Olona. Tutti e tre si sono ripresi.
A Javier Ortega Smith è stato diagnosticata l’infezione da coronavirus il 10 marzo. Il media spagnolo La Razon ha riferito che Smith ha inviato un testo in cui promette che i suoi «anticorpi spagnoli combatteranno il dannato virus cinese fino a sconfiggerlo». La frase è diventata in seguito il suo motto e il 15, Otija Smith ha affermato su Twitter di essersi ripreso il giorno prima.
Il 13 aprile, in un’intervista radiofonica alla televisione di Stato spagnola (TVE), Olona, portavoce del partito della Voce Popolare di Spagna, ha sostenuto che la grande disgrazia che la Spagna dovrà affrontare non è dovuta al nuovo coronavirus, ma alle politiche imposte dall’attuale governo spagnolo che soffocheranno la democrazia.

6. Italia
Il 29 aprile, Paolo Grimoldi, deputato della Lega Nord e segretario della Lega Lombarda, ha dichiarato che chiederà 20 miliardi di euro di risarcimento al Partito Comunista.
Grimoldi ha spiegato: «È quello che stanno facendo negli altri Stati occidentali. Negli Usa alcuni singoli Stati hanno già denunciato e chiesto danni alla Cina per le conseguenze della pandemia da Covid-19; i membri del Congresso americano propongono leggi per dare la possibilità anche ai singoli cittadini di chiedere ingenti riparazioni a Pechino, e anche Australia e Gran Bretagna si dirigono decise in questa direzione. Solo in Italia, che eppure è uno dei Paesi più colpiti dal virus, tutto tace. Sappiamo bene che il Governo giallorosso è genuflesso a Pechino, non siamo sorpresi, ma tutto ha un limite. Per cui, in assenza dello Stato, tocca alle Regioni dare un segnale forte. E la Regione Lombardia, dopo un passaggio in Consiglio regionale, sarà la prima a chiedere a Pechino il risarcimento per i danni subiti».
Oltre alla Regione Lombardia, tre deputati di Forza Italia hanno annunciato che chiederanno al governatore regionale del Veneto di chiedere al Pcc almeno 20 miliardi di euro per compensare i danni causati dal virus pandemico.
Il presidente dell’Associazione italiana per la tutela dei diritti dei consumatori (Codacons) ha dichiarato di stare lavorando con gli studi legali americani per intentare una causa negli Stati Uniti, le cui leggi consentono maggiori possibilità.
Anche l’Hotel De La Poste, un albergo a quattro stelle di quasi 200 anni, situato nella famosa località sciistica del nord Italia di Cortina de Bissau, ha intentato una causa contro il Ministero della Salute cinese per ottenere un risarcimento. La denuncia era motivata dal fatto che il ritardo del governo comunista nell’informare l’Oms dell’epidemia aveva portato ad una grave epidemia nel Nord Italia, con conseguente annullamento della finale della Coppa del Mondo di sci alpino, prevista per marzo, e quindi di pesanti perdite per l’albergo.

7. Polonia
Il 6 marzo, la IPP TV ha lanciato una petizione sul sito web della Casa Bianca degli Stati Uniti intitolata «richiesta di risarcimento al Partito Comunista Cinese per la diffusione del coronavirus». In soli 30 giorni, la Casa Bianca ha ricevuto 100 mila firme valide, ed entro la scadenza del 15 aprile è stato ricevuto un numero di firme superiore al minimo e la petizione è stata presentata con successo al presidente degli Stati Uniti Trump.

8. Australia
Il primo ministro australiano Scott Morrison e il ministro degli Esteri Marise Payne hanno spinto per un’indagine globale indipendente sulle origini del nuovo coronavirus in Cina. Questo ha fatto arrabbiare l’ambasciatore cinese in Australia, Cheng Jingye, che ha minacciato l’Australia di boicottare i prodotti australiani e le scuole australiane.
Il ministro del commercio australiano Birmingham ha detto che una minaccia così diretta non avrebbe funzionato. Il 27 il ministro degli Esteri australiano Marise Payne ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che il Partito Comunista Cinese non deve cercare di ricorrere alla «coercizione economica». La minaccia del Partito Comunista Cinese ha provocato anche un contraccolpo da parte degli ambienti politici e accademici australiani, che hanno espresso il loro sostegno all’indagine del governo australiano sul Partito comunista cinese.
Il 4 aprile, il deputato liberale Andrew Hastie e il deputato laburista Anthony Byrne, presidenti e vicepresidenti della commissione parlamentare mista per l’intelligence e la sicurezza alla Camera dei rappresentanti e del Senato del Parlamento australiano, hanno affermato che le discussioni su una relazione rivista tra Cina e Australia sono necessarie, per evitare che l’Australia cada di nuovo nella stessa crisi.
All’inizio di aprile, il senatore australiano Alex Antic del Partito liberale dell’Australia meridionale ha suggerito al governo australiano di chiedere un risarcimento di 58 miliardi e 800 milioni di dollari alle autorità comuniste cinesi, e ha offerto di utilizzare il recupero del porto di Darwin e dei terreni australiani affittati dalla Cina come garanzia. George Christensen, deputato della Camera dei Rappresentanti del Partito Nazionale Australiano (NP), ha suggerito che «i terreni detenuti dalle loro imprese (cinesi) potrebbero essere reclamati come risarcimento».
Sul versante privato, l’australiano The Sun-Herald riferisce che più di mille cittadini australiani stanno proponendo di intentare un’azione legale contro la Cina: le richieste di risarcimento ammontano a più di 10 mila miliardi di dollari australiani.

9. Canada
L’ex ministro della giustizia del Partito liberale al potere in Canada, Irwin Cotler, ha chiesto al governo canadese di sanzionare i funzionari cinesi coinvolti nell’occultamento dell’epidemia, di congelare i loro beni e di imporre un divieto di viaggio. Anche il presidente del Comitato di sicurezza nazionale del Congresso John McKay ha espresso il suo sostegno.
Il deputato canadese James Bezan, ministro della difesa preparatoria dell’opposizione ufficiale, ha recentemente affermato che deve esserci un’indagine internazionale approfondita su ciò che il Partito Comunista Cinese ha fatto durante l’epidemia e che il Canada potrebbe anche utilizzare la legge Magnitsky per sanzionare i funzionari cinesi.

10. India
Ashish Sohani, un avvocato di Mumbai,in India, ha recentemente presentato una denuncia alla Corte penale internazionale contro il presidente comunista cinese Xi Jinping e quattro funzionari per aver nascosto l’epidemia, causando significative perdite globali, e ha chiesto al governo cinese di risarcire l’India con 2 mila 500 miliardi di dollari.

11. Egitto
Il 7 aprile l’avvocato egiziano Mohamed Talaat ha intentato una causa contro l’ambasciata comunista cinese al Cairo, chiedendo al governo cinese di risarcire l’Egitto per 10 mila miliardi di dollari di perdite subite durante l’epidemia comunista.
Talat ha detto di aver sollecitato il presidente egiziano Al Sisi attraverso i social media ad aprire un dibattito sul caso e a formare un comitato di esperti di diritto internazionale per aiutare a portare la questione presso le più alte autorità cinesi.

12. Nigeria
Anche la Nigeria ha sparato il primo colpo alle rivendicazioni dei Paesi africani. Il team legale della Nigeria è pronto a chiedere 200 miliardi di dollari al Partito Comunista Cinese, ha riferito il Daily Post il 26 aprile. Il team legale si rivolgerà prima all’Alta Corte Federale della Nigeria e poi convincerà il governo nigeriano per intentare una causa nazionale contro il Partito Comunista Cinese presso il Tribunale Internazionale dell’Aia.
Il quotidiano nigeriano Daily Post ha riferito che il rappresentante dei querelanti, Epiphany Azinge, ha rilasciato una dichiarazione in cui si afferma che gli avvocati chiedono alla Cina di pagare l’enorme somma per «perdita di vite umane, strangolamento economico, traumi, difficoltà, disorientamento sociale, sofferenza mentale e sconvolgimento della vita quotidiana dei nigeriani».

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