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giovedì 2 aprile 2020

 

Blangiardo (Istat): nel 2019 a marzo 15mila morti per polmoniti varie

di Paolo Viana

 

Il presidente dell’Istituto di statistica nazionale: sugli anziani in corso terribile selezione naturale. Natalità, temo l’effetto Chernobyl

 

Il presidente dell'Istat Blangiardo: «Abbiamo tre tipi di morti: quelli ricollegabili soprattutto al Covid, con o senza altre patologie; coloro che non muoiono di Covid ma per Covid; i morti che non hanno contratto Covid» «Si tratterà di cogliere un campione rappresentativo della popolazione italiana, che sarà analizzato con procedure sanitarie: tamponi, esami del sangue. Cercheremo di capire il cosiddetto effetto gregge» - Siciliani

 

Sarebbe bastata la nota del 31 marzo – quella sul raddoppio dei decessi al Nord nei primi 21 giorni di marzo – per capire che «l’Istat c’è», come dice in quest’intervista il presidente Gian Carlo Blangiardo, annunciando che i 2.200 dipendenti dell’Istituto di statistica, tutti in smart working a casa loro, «stanno collaborando intensamente con il ministero della Salute per costruire indagini sul campo che ci aiutino a vedere la parte sommersa dell’iceberg Covid». E rivela: numeri alla mano, nello stesso periodo di tempo, l’anno scorso, sono morte più persone per malattie respiratorie che quest’anno per Covid-19. 

Quindi, Istat studierà gli asintomatici?

Proprio loro – risponde il demografo – e i paucisintomatici, insomma quel popolo invisibile dei malati che si curano da soli, o che non sanno neanche di aver contratto il virus. 

Come li individuerete?

Stiamo costruendo l’indagine, ma la procedura sarà diversa da quella tradizionale. Si tratterà di cogliere un campione molto ampio e rappresentativo della popolazione italiana, che sarà analizzato con procedure sanitarie: tamponi, esami del sangue, ecc. Cercheremo di capire anche il cosiddetto effetto gregge. 

Che impatto ha fare molti o pochi test nel valutare patogenicità e mortalità?

Lo sapete anche voi che cambia tutto. 

La parte sommersa dell’iceberg è formata anche dai morti che nessuno ha mai censito, questo ormai lo ammette anche l’Istituto superiore di sanità... Riuscirete a capire quanti sono?

Noi ci esprimiamo con i numeri che riusciamo a raccogliere e a validare. Quando affermiamo che nei primi 21 giorni di marzo al Nord i decessi sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-19 non è una impressione, ma un dato. Quando scriviamo che a Bergamo i decessi sono quasi quadruplicati passando da una media di 91 casi nel 2015-2019 a 398 nel 2020, riferiamo delle evidenze. Idem quando denunciamo «situazioni particolarmente allarmanti» nel Bresciano oppure un maggiore incremento dei decessi degli uomini e delle persone maggiori di 74 anni di età. Lavoriamo per ampliare queste conoscenza, ma dobbiamo tenere conto del fatto che la trasmissione dei dati è più lenta e complicata di quel che si vorrebbe in condizioni ordinarie, figuriamoci in un’emergenza sanitaria. Quando l’Istat fornisce un valore, quello è stato trattato secondo standard europei. 

Restiamo nella parte bassa dell’iceberg: quanti morti erano già malati?

Abbiamo tre tipi di morti: quelli che ricollegabili soprattutto al Covid, con o senza altre patologie; coloro che non muoiono di Covid ma per Covid, cioè ad esempio infartuati che in condizioni normali si salverebbero; i morti che non hanno contratto Covid. Noi siamo in grado di dare elementi sui decessi, distinguerli per 21 fasce d’età e farlo estraendo questi numeri dall’anagrafe centralizzata, in modo da dare ai decisori preziosi elementi di valutazione. Per l’approfondimento delle schede di morte c’è l’Istituto Superiore di sanità. 

Questo, comunque, è un virus per vecchi?

Sì, i dati che stanno emergendo circa la mortalità dicono chiaramente che colpisce in maniera molto prevalente persone anziane: è quasi un terribile processo di selezione naturale che elimina i soggetti deboli. Terribile. Ma ancor più terribile perché appare in qualche modo facilitato dalla nostra capacità di curarli. 

Cosa intende?

La chiamo la maledizione degli anni pari. Il 2019, come tutti gli anni dispari, ha visto una regressione dei decessi. L’anno pari inizia bene, ma poi arriva marzo, con un virus che falcia coloro che la morte aveva risparmiato... 

Il Servizio sanitario nazionale cura allo stesso modo tutte le fasce d’età?

Sì e sarebbe una barbarie, altrimenti. Non abbiamo dati che facciano pensare il contrario. Se ci sono risorse scarse, questa scarsità si è ripercossa in modo lineare su tutte le fasce d’età. 

Di solito si salvano prima le donne e i bambini. Perché qui il rapporto s’inverte?

Ci sono patologie relazionate all’età e al sesso, non è una novità. 

Dal 21 febbraio al 31 marzo sono morte 12.428 persone per Covid 19. Quanti sono i morti di influenza nel mese di marzo (nel quale, quest’anno, si sono concentrati i decessi di coronavirus) degli anni scorsi?

Più che i morti per influenza, che è più difficile da attribuire come effettiva causa di morte, conviene ricordare i dati sui certificati di morte per malattie respiratorie. Nel marzo 2019 sono state 15.189 e l’anno prima erano state 16.220. Incidentalmente si rileva che sono più del corrispondente numero di decessi per Covid (12.352) dichiarati nel marzo 2020. 

Questo non è un Paese per bambini: dopo il Covid sarà peggio?

Temo un effetto Chernobyl, una preoccupazione che disincentiva la natalità. Ma qui parla il demografo, non il presidente dell’Istat, perché dati statistici ancora non ce ne sono. 

Quale impatto economico stimate per il lockdown?

Stiamo valutandolo. Nel documento che abbiamo presentato al Parlamento in un’audizione presso la Commissione bilancio del Senato, i dati economici relativi ai settori che hanno subito la sospensione delle attività mostrano come il lockdowncoinvolga 2,2 milioni di imprese (il 48,8% del totale), oltre 7 milioni di addetti (il 42,8%), con un valore aggiunto annuo di poco meno di 300 miliardi. È ancora presto per definire scenari, anche se c’è poco da stare allegri, visto che, come abbiamo comunicato in questi giorni, l’epidemia Covid-19 è intervenuta in un momento in cui in Italia la fase di ripresa ciclica perdeva vigore, per via della Brexit, dei dazi statunitensi e del rallentamento della domanda tedesca. Comunque, nella Nota mensile che verrà pubblicata il prossimo 7 aprile presenteremo interessanti simulazioni di impatto economico (diretto e indiretto) delle limitazioni delle attività produttive.

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sabato 4 aprile 2020

 

Tutto si può manipolare, l'antidoto è fare i conti con la realtà e informare

di Marco Tarquinio

 

Gentile direttore, 
ho letto con stupore l’articolo di Paolo Viana intitolato «Coronavirus. Blangiardo (Istat): nel 2019 a marzo 15mila morti per polmoniti varie». In particolare, mi ha sorpreso questo passaggio che riporto di seguito: «Dal 21 febbraio al 31 marzo sono morte 12.428 persone per Covid 19. Quanti sono i morti di influenza nel mese di marzo (nel quale, quest’anno, si sono concentrati i decessi di coronavirus) degli anni scorsi? Più che i morti per influenza, che è più difficile da attribuire come effettiva causa di morte, conviene ricordare i dati sui certificati di morte per malattie respiratorie. Nel marzo 2019 sono state 15.189 e l’anno prima erano state 16.220. Incidentalmente si rileva che sono più del corrispondente numero di decessi per Covid (12.352) dichiarati nel marzo 2020». Non ho competenze statistiche, non sono un immunologo, né un virologo, ma mai come in questo periodo leggo le notizie. Questo pezzo dell’intervista potrebbe essere molto pericoloso. La primissima domanda che mi è sorta è: ma allora di che emergenza stiamo parlando? La considerazione reale che si può fare è che se tutta l’Italia non fosse stata a casa nel mese di marzo il numero di morti sarebbe stato molto più alto. “Incidentalmente” ci sono stati meno morti perché si sono applicate misure straordinarie. Questo andrebbe ribadito, altrimenti si dà il coltello da parte del manico ai complottisti che sostengono che è tutta una macchinazione per coprire chissà cosa... E il confinamento sociale a cui siamo sottoposti non aiuta la lucidità mentale di un lettore “normale”. La ringrazio per l’attenzione che potrà dedicarmi. 

Federico Iommi Riccione (Rn)

 

Fa bene, gentile signor Iommi, a leggere tante notizie, a cercarne ancora. E per trovarne di verificate e attendibili – utili per sapere, capire, ragionare e tirare conclusioni – i giornali ci vogliono proprio, naturalmente se e quando sono fatti come si deve... Noi di “Avvenire” ci impegniamo ogni giorno per questo. L’intervista che giustamente l’ha colpita e che Paolo Viana ha realizzato a un grande studioso come Giancarlo Blangiardo, oggi presidente dell’Istat, ci ha consentito di mettere a disposizione dell’opinione pubblica dati e valutazioni davvero interessanti e in qualche misura scomodi Lei teme che siano anche manipolabili. Potrei risponderle che ogni cosa purtroppo lo è, ma preferisco ricordarle che la realtà è tenace e che quella descritta dalle informazioni fornite dal professor Blangiardo è una realtà solida, e per chi ha occhi buoni e testa sgombra (nonostante le preoccupazioni del momento) stimolante e persino motivante.Motivante ad affrontare in modo solidale la sfida che ci sta davanti. Che cosa intendo dire? La citazione che la inquieta e che lei riporta contiene nella prima parte una domanda del giornalista, e nella seconda la risposta dell’esperto. La domanda del giornalista, che dà voce a quella che si potrebbe definire una curiosità da uomo della strada, è riassumibile così: si muore più di Covid-19 o di influenza? La risposta dell’esperto è chiara, ed è contenuta nella seconda parte di quella stessa citazione: non parliamo di influenza, parliamo di malattie respiratorie... I dati di marzo 2019 erano pesanti e quelli dello stesso mese del 2018 ancor di più. Superiori entrambi a quelli per ora registrati del 2020. Ma hanno una premessa in un’altra constatazione che l’Istat di Blangiardo ci ha consegnato e che è nell’incipit del colloquio: nelle prime tre settimane di marzo, nel Nord d’Italia si muore il doppio rispetto a un anno fa. E s’incastonano in un’intervista che non dà affatto materia per le elucubrazioni da “complottisti”, ma già offre piste di lavoro per chi governa, amministra e fa le leggi in tema di sanità pubblica, demografia, economia... Perché la pandemia di Covid-19, aggrava e sottolinea problemi che erano già seri. Capisco, dunque, che abbia attirato la sua attenzione, come ha attirato quella del professor Alessandro Rosina, altro grande esperto di dati e statistiche, che ventiquattr’ore dopo, su “Avvenire” di ieri venerdì 3 aprile ( tinyurl.com/qosu3pm ) ha ragionato anche sul pericolo – fugato dalle misure sinora assunte – di dover contare, qui in Italia, fino a «un milione di morti» a causa della pandemia. Le consiglio anche rileggere l’analisi del professor Matteo Rizzoli ( tinyurl.com/rj9sw56 ) che, da economista, sulle nostre pagine ha offerto sin dal 26 marzo ulteriori dati e spunti di riflessione nel responsabile senso che le sta a cuore. L’antidoto ai 'complottismi' è un’informazione solida e mai timida... Grazie per questo dialogo.

 

 

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