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mercoledì 22 luglio 2020

 

Il grande mistero virale di Bergamo e Brescia

di Damiano Mazzotti 

“Il grande flagello. Covid-19 a Bergamo e Brescia” è un libro molto interessante, con un diario di bordo delle principali notizie epidemiche, che ha analizzato i fatti principali e i numeri legati ai contagiati e ai morti in Lombardia e in Italia (Massimo Tedeschi, Scholé, Editrice Morcelliana, 2020, 323 pagine affettive, euro 20, con interviste ai sindaci e ai dirigenti di alcuni dipartimenti).

 

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Bergamo e Brescia sono le due province Lombarde che alla fine del mese di aprile 2020 “avevano la metà dei morti da Coronavirus dell’intera Lombardia, che a sua volta aveva la metà dei morti dell’intera Italia” (premessa). A Brescia ci sono state circa 8 vittime su cento contagiati, mentre a Bergamo ben 26 su cento contagiati” (p. 16). Bergamo è stata la seconda provincia con più contagiati (dopo Piacenza), con circa 225 persone positive ogni centomila abitanti. Però tutti questi numeri sono molto relativi alla situazione ospedaliera, data la scarsa affidabilità dei tamponi e il campionamento di stampo emergenziale che non rappresenta una campionatura scientifica.

 

Tuttavia alcuni dati certi ci sono: la mortalità è aumentata notevolmente rispetto all’anno precedente: Codogno + 369 per cento; Nembro, Alzano, Albino + 745 per cento; Bergamo + 537 per cento (p. 39). Invece in Provincia di Padova l’aumento è stato solo del 64 per cento: “solo il 20 per cento dei contagiati è stato ricoverato. L’epidemia in Veneto è stata affrontata non come un fatto clinico e assistenziale, ma come un problema di sanità pubblica. I tamponi sono stati fatti dai medici di base, da presidi territoriali” (p. 40).

 

Durante la strano inverno italiano, 47 pazienti bergamaschi sono stati inviati e curati in Germania, “molti altri in altre regioni d’Italia. Nelle corsie degli ospedali bergamaschi e bresciani” è arrivato “personale sanitario del Sud Italia, dell’Albania, della Polonia, della Russia, a dare manforte ai colleghi falcidiati dal virus e stremati da turni impossibili” (anche dalla Norvegia, p. 30). In ogni caso in Lombardia è emersa la grande carenza della medicina di base: “La sovrapposizione fra queste posizioni di retroguardia e l’intensità dell’epidemia è impressionante. Tutte le 11 province lombarde sono nelle ultime trenta posizioni nazionali” (p. 30).

 

A causa della tardiva consegna dei guanti e delle mascherine i pochi medici di base vengono travolti dall’ondata di piena. Una ricerca dell’Università della California citata da Milena Gabanelli sul Corriere della Sera ha trovato che il rischio di infezione per gli operatori sanitari in Lombardia è stata di 19 volte superiore al resto della popolazione (p. 30). Inoltre in Veneto hanno 12 laboratori di sanità pubblica per 5 milioni di abitanti, in Lombardia hanno 3 laboratori per 10 milioni di abitanti. Quindi in Lombardia tutte le analisi e le diagnosi sono state rallentate pericolosamente.

 

Da una semplice ricerca online si può verificare che negli anni passati molte zone di queste provincie registravano già molti picchi di polmoniti atipiche legate all’inquinamento industriale: https://www.ilgiorno.it/brescia/cronaca/polmonite-1.4339539. Probabilmente il virus può viaggiare insieme al particolato atmosferico (Dr. Prisco Piscitelli, www.simaonlus.it), ma l’azione dell’inquinamento sembrerebbe più indiretto: “Il particolato fine è già riconosciuto come un fattori di stress cronico che rende la popolazione più vulnerabile a un’epidemia” (Elza Bontempi, docente di chimica a Brescia, pubblicazione su Enviromental Research, citata a p. 26).

 

In altri articoli si può verificare il grande incremento delle vaccinazioni contro l’influenza e la meningite: https://www.bsnews.it/2020/01/18/meningite-vaccinate-34mila-persone-tra-brescia-e-bergamo; https://www.ilgiorno.it/bergamo/cronaca/meningite-vaccinazioni-1.4974654; https://www.vaccipiano.it/2020/04/19/vaccini-e-covid-19-solo-coincidenze-parte-2. Quindi nelle due province lombarde ci sono state innumerevoli vaccinazioni “tardive” nel mese di gennaio che forse hanno sovraccaricato il sistema immunitario di centinaia e centinaia di cittadini.

 

Un’altra questione fondamentale è quella riguardante i morti nelle residenze per anziani (Rsa): “dall’1 al 23 aprile il 44 per cento delle infezioni si è registrato in una Rsa” (Silvio Brusaferro, Istituto Superiore di Sanità, citato a p. 15). Inoltre fino al 17 aprile il 24 per cento delle vittime da Coronavirus viveva gli ultimi giorni della sua vita dentro a una casa di riposo (ricerca dell’Università Bocconi). Circa la metà delle morti europee dovute al Coronavirus sono avvenute nelle case di cura per anziani (che avevano una o più patologie pregresse gravi): in Irlanda il 55 per cento, il Spagna il 53, in Francia il 40, in Portogallo il 43 (Hans Kluge, direttore europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, https://ephconference.eu/index.php, https://ephconference.eu/hans-kluge-263).

 

Nella provincia di Brescia, sono morti circa 700 anziani nelle Rsa, “il triplo rispetto allo stesso periodo del 2019” (p. 15). Quindi è probabile che si è ridotta l’aspettativa di vita degli anziani nelle case di cura, dai 6 ai 12 mesi (in buona parte della Lombardia). Per verificare la cosa bisognerebbe analizzare se nei mesi estivi e finali del 2020 ci saranno stati meno morti che nel 2019. Molto probabilmente quasi tutti gli anziani ricoverati che sarebbero morti in estate sono morti in anticipo nei mesi di febbraio e marzo, creando circa un terzo del grande picco epidemico di Bergamo e Brescia. Un altro terzo circa dei morti potrebbe essere dovuto al panico individuale legato al panico mediatico, che ha portato molte persone con i classici disturbi influenzali leggeri a recarsi in ospedale, dove è stato contagiato dai pazienti più gravi o dagli operatori sanitari (la maggior parte degli oltre 150 medici morti in Italia lavorava a Bergamo e Brescia ed erano medici di base).

 

Comunque prendendo in esame questi numeri si può capire che l’eccesso di mortalità in Lombardia non può essere attribuita solo al nuovo Coronavirus: “A Bergamo dal 20 febbraio al 31 marzo si sono contati 6.238 morti contro i 1.180 degli anni scorsi, c’è un eccesso di 5.058 morti, ma solo per il 37 per cento del totale è stato diagnosticato il Coronavirus” (p. 55). Nello stesso periodo, a Brescia, i morti Covid-19 sono stati a livello ufficiale solo il 35 per cento (ai morti prima di arrivare in ospedale non è stato fatto il tampone). Perciò le due vaccinazioni straordinarie quasi simultanee, avvenute nelle due province nelle settimane precedenti l’epidemia, possono aver fatto la differenza stressando troppo il sistema immunitario dei cittadini bergamaschi e bresciani. Un consiglio da amico: all’estero molti medici consigliano l’assunzione della Vitamina D a scopo preventivo antivirale (le pillole di Vitamina D si possono trovare in farmacia e in parafarmacia; https://www.youtube.com/watch?v=fhR-maPgoWM, https://www.gioseg.org, Prof. Giustina; https://www.vitaminad.it; https://www.youtube.com/watch?v=y_n1NsKElyw; Prof. Maurizio Cutolo).

 

Massimo Tedeschi è Caporedattore del Corriere della Sera, e fondatore e direttore dell’edizione bresciana.

 

Nota intensiva –

 

In Italia ci sono pochi posti di terapia intensiva rispetto a quasi tutte le altre nazioni europee. Comunque segnalo due blog per provare a capire cosa succede nei reparti di terapia intensiva anche al di là di alcune situazioni emergenziali: https://vissuto.intensiva.it, https://www.intensiva.it/index.php?id=142&lang=it. Un malato Covid-19 rappresenta sicuramente un grave pericolo per i pazienti ospedalizzati o allettati che hanno dei parametri vitali molto critici. I dispositivi di sicurezza fanno respirare male e fanno faticare parecchio: se una normale degenza media dura 9 giorni, quella dei primi pazienti Covid-19 “durava 30-40 giorni. Calcolate una fatica tripla per ogni paziente per il triplo della durata. Curare un paziente Covid era come curarne 9 in altre condizioni” (Luca Lorini, direttore del Dipartimento di Emergenza dell’ospedale di Bergamo). A Bergamo, il terzo giorno dopo la scoperta del nuovo Coronavirus la terapia era già diventata standard: “clorochina, eparina, paracetamolo in caso di febbre, un po’ di cortisone” (p. 155; poi anche: https://www.humanitas.it/enciclopedia/principi-attivi/farmaci-cardiovascolari/urochinasi).

 

Nota sul sindaco di Brescia –

 

“Se un sindaco diventa l’unico riferimento della Repubblica italiana c’è una fragilità di fondo… i parlamentari non li conosce più nessuno, sono eletti in liste bloccate… Il mio numero di telefono è il meno privato che ci sia… è lo stesso su cui mi chiama mia madre e mi chiama il cittadino: credo ce l’abbiamo migliaia di persone, ormai” (intervista a Emilio Del Bono).

 

Nota generale –

 

I grandi fumatori, le persone obese e diabetiche sono più a rischio di contrarre il Covid-19 e di avere delle gravi complicazioni. La grande prevalenza di morti di sesso maschile tra i malati Covid-19 probabilmente è da attribuire anche ai lavori più usuranti e alla grande prevalenza della dipendenza dalla nicotina nei pazienti maschili delle vecchie generazioni. Comunque qualche virologo con doti poetiche dovrebbe spiegare bene che il confine tra contagiato e immunizzato è sottilissimo. In ogni caso in Occidente “negli ultimi decenni hanno molto focalizzato l’attenzione sulla cura del singolo in ospedale dimenticando l’attività di prevenzione, dell’assistenza di base” (Francesco Castelli, Pro-Rettore Vicario dell’Università di Brescia e titolare della Cattedra Unesco, p. 173). Ora anche i politici dovranno capire che “servono luoghi intermedi di diagnosi e cura dove entro 3 giorni devi avere risposte. Queste strutture vanno individuate, vanno create” (Ottavio Di Stefano, presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Brescia, p. 180).

 

Nota numerica –

 

Alcuni dati a confronto: http://www.europeanconsumers.it/2020/04/18/covid-19-e-le-stranezze-geografico-statistiche-italiane; www.europeanconsumers.it/tag/coronavirus. Ci sono stati 5 infermieri morti in Lombardia e 38 in Italia (Stefania Pace, dirigente infermieristico).

 

Nota anatomopatologica e legale –

 

Consiglio due consulenti medico-legali che hanno indagato su alcuni morti durante l’emergenza sanitaria legata al nuovo coronavirus: http://barbarabalanzoni.it (https://www.youtube.com/watch?v=DgNN7yewQo8); Pasquale Bacco (https://meleamspa.com), https://donatorih24.it/2020/05/08/coronavirus-studio-bacco-dati-importanti (intervista).

 

Poi, per capire meglio alcuni effetti collaterali delle vaccinazioni, consiglio questo video con alcune ragazze danneggiate dai vaccini: https://www.youtube.com/watch?v=eBLgOe2p4o4.

 

Infine bisogna ringraziare i medici dell’Ospedale di Bergamo che hanno fatto le 80 autopsie che ci hanno fatto capire meglio l’importanza delle terapie precoci per prevenire la coagulazione intravascolare disseminata. In effetti la prima cosa da fare per un buon medico davanti a una nuova malattia è quella di fare tante autopsie (in ogni caso i morti non respirano e contagiano molto meno dei vivi).

 

Nota aforistica –

 

Le uniche terapie che funzionano sono quelle fatte al paziente giusto al momento giusto (https://www.humanitas.it/news/25866-covid-19-trombosi-facciamo-chiarezza);

“I piccoli segreti sono i più difficili da mantenere. Per quelli grandi basterà sempre l’incredulità della gente” (Herbert Marshall McLuhan);

“Un’epidemia è un fenomeno sociale che ha alcuni aspetti medici” (Rudolf Virchow, padre dell’anatomia patologica).

 

Il virus è diventato più debole o noi siamo diventati più immunizzati? Il sole e le alte temperatore hanno indebolito il virus, e i contatti estivi all’aria aperta con pochi virus hanno favorito la naturale azione difensiva del sistema immunitario.

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