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14 maggio 2019

 

Coudenhove-Kalergi: il vero padre dell’Europa?

Introduzione di Lucio Mamone

 

Nato a Reggio Calabria, classe 1990, è dottorando in Filosofia presso la Goethe Universität di Frankfurt am Main. La sua attività di ricerca ha come principale focus la teoria politica ed è particolarmente rivolta all’analisi della categoria di totalitarismo nel suo rapporto con la modernità.

 

Mamone, che ha debuttato sull’Osservatorio Globalizzazione parlando di Fukuyama e del superamento del concetto di “fine della storia”, inizia oggi un dossier di approfondimento sul conte Coudenhove-Kalergi che ci accompagnerà nelle prossime settimane. 

 

La crisi conclamata dell’Unione europea, che si arricchisce ormai di anno in anno di nuovi capitoli, sta favorendo la nascita di un ampio dibattito sulle ragioni e gli interessi alla base sia del progetto d’integrazione che della sua concreta realizzazione. È all’interno di questo contesto che è riemersa, da un semi-oblio, la figura del conte Coudenhove-Kalergi, facendo parlare di sé politici di spicco e intellettuali noti al grande pubblico.

 

Cenni biografici

In sede di introduzione ci basterà ricordare che Richard Nikolaus Eijiro Conte di Coudenhove-Kalergi (1894-1972) fu il fondatore nel 1922 del primo movimento per l’unificazione politica dell’Europa, chiamato da lui appunto «Unione Paneuropea Internazionale» (o, più semplicemente, «Paneuropa»). Possiamo riassuntivamente affermare che la questione europea, con grande attenzione al problema della pacificazione del continente, fu la causa a cui Kalergi dedicò gran parte della sua attività pratica e teorica. Il suo impegno politico fu dunque accompagnato dalla pubblicazione di diversi trattati e brevi scritti quali «Paneuropa» (1922), «Il Manifesto Paneuropeo» (1923) e «Idealismo pratico» (1925). Per tale impegno fu anche il primo ad essere insignito, nel 1950, del Premio Carlo Magno.

 

La teoria del «Piano Kalergi»

A suscitare istintivo interesse è innanzitutto il fatto che Kalergi venga oggi chiamato in causa non come un trascurato comprimario nella vicenda che ha portato alla nascita dell’Unione europea, ma proprio in quanto suo vero architetto. Al fascino da “eminenza grigia” si aggiunge poi quello derivante dall’accusa, rivolta a Kalergi da pressoché tutti coloro che attualmente insistono sulla sua rilevanza storica, di aver immaginato l’unificazione del continente come realizzazione di un maestoso piano di ingegneria sociale, divenuto noto appunto come «Piano Kalergi». La combinazione di questi due “elementi di mistero” — il ruolo di Kalergi dietro l’azione dei politici europei e l’esistenza di un «Piano Kalergi» dietro gli scopi dichiarati nei Trattati istituitivi — ha così alimentato la convinzione per la quale l’attuale apparato burocratico europeo non sia finalizzato ad altro che alla creazione, tramite la sostituzione etnica e l’eugenetica, di una distopica società rigidamente divisa in una ristretta élite dominante e masse, tanto vaste quanto impotenti, di dominati.

 

Le questioni fondamentali per un dibattito su Kalergi

La serie di articoli che verrà qui proposta prende le mosse dall’attuale polemica attorno a Coudenhove-Kalergi al fine di abbozzarne un autonomo bilancio dell’attività politica ed intellettuale, quindi della sua effettiva influenza sulla storia recente del nostro continente, giungendo conclusivamente a porre la questione circa l’immagine dell’Unione europea che una figura come Kalergi ci restituisce. Sebbene l’odierna identificazione di Kalergi con il supposto «Piano» imponga una preliminare valutazione di tale ipotesi interpretativa, si cercherà successivamente non solo di fornire un ritratto complessivo di Kalergi, che ne risalti cioè i diversi tratti e contraddizioni, ma si proporrà allo stesso modo un’analisi comparata della «Paneuropa» e il «Manifesto di Ventotene», dai più considerato come una sorta di fondamento ideale dell’Unione europea. Scopo finale del confronto è quello di valutare quanto l’attuale configurazione tecnocratica dell’Unione possa considerarsi una precondizione della futura «Europa dei popoli», quanto un’accidentale deviazione e quanto invece la naturale conseguenza di un disegno semplicemente diverso. La domanda, che con sintesi giornalistica potrebbe cogliere il nucleo problematico dell’articolo, è dunque: viviamo nell’Europa di Spinelli o in quella di Coudenhove-Kalergi?

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