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24 Ottobre 2019

 

La scommessa trans-umanista

di Pierluigi Fagan

 

Marx si occupava di classi sociali ma Marx leggeva il mondo del 1850. Oggi abbiamo interiorizzato il fatto che dentro ogni società il pensiero dominante è quello delle classi dominanti, ma le classi dominanti sono anche una super-classe che trascende, in Occidente, le singole nazioni.

 

C’è un doppio livello di dominio, quello tra nazioni e quello tra classi. Le classi dominanti delle nazioni dominanti, dominano sulle loro società-nazioni e tramite queste sulle nazioni dominate, ma dominano anche sulle classi dominanti le altre varie nazioni che, condividendo con loro -in parte- gli interessi, le aiutano ad estendere e rinforzare il dominio sulle proprie nazioni.

In Occidente, quanto descritto si risolve nel dominio incontrastato di una classe dominante di una etnia ben precisa: gli anglosassoni. Gli anglosassoni, prima come inglesi, poi come britannici, poi come impero del Regno Unito, poi come impero informale americano e più estensivamente come mondo anglofono (USA-UK-CAN-NZ-AUS), sommano oggi a circa 470 milioni di individui, il 6% del mondo ma il 41% del sistema occidentale. L’etnia anglosassone domina le altre etnie con cui spartisce la convivenza associata nei rispettivi cinque paesi e tramite la proiezione del proprio potere nazionale e l’associazione con le classi dominanti delle etnie dominate, domina l’Occidente e tramite l’intero sistema di cui sono a capo, buona parte del mondo.

Lo fanno anche in virtù di un Pil enorme (i 5 anglosassoni, col 6% della popolazione mondiale, sviluppano il 31,5% del Pil mondiale), del potere del dollaro e della sterlina, della proprie banche, società finanziarie, Wall Street, Londra, ciò che rimane di Bretton Woods (IMF, WB), la quasi totalità dei paradisi fiscali, il dominio delle proprie aziende in tutti i ranking settoriali, della propria ipertrofica forza militare, dell’imposizione della propria lingua come lingua internazionale com’è tradizione di ogni impero. E di conseguenza anche in termini di mentalità, egemonia informativa, formativa, culturale e dell’immaginario.

Gli anglosassoni hanno una loro religione, che si dà in due versioni: quella cristiana in senso protestante e quella deista, quella propria delle èlite. Hanno una loro filosofia, nata nel medioevo inglese al totale riparo da ogni aristotelismo, quindi priva di sensibilità etica e politica. Logica e razionale da una parte, platonica quindi basata sulla metafisica pitagorica dall’altra. Gli anglosassoni sono di origine germano-tribale, anzi clanica, e si sono imposti come aristocrazia sulle popolazioni degli antichi britanni e gaelici a partire dal VI secolo. Come aristocrazia baronale, hanno mal accettato il monarca verso cui si son ribellati precocemente (1215 Magna Charta) e poi a più riprese, fino al tagliare la testa ad un re (1649), centoquaranta anni prima dei francesi. Questa impostazione di élite senza capo, il cui comune interesse è non pagare le tasse, l’hanno dipinta come epitome del concetto di “libertà”. Nel 1688-9, hanno -nei fatti- detronizzato il monarca mettendo al suo posto il potere parlamentare con propri rappresentanti. Ancora nel 1832, il parlamento del Regno, era votato da solo il 4% degli adulti (maschi), entro un sistema particolarmente surreale quanto a distribuzione delle rappresentanze. In seguito, questo assetto venne detto “democrazia liberale”.

Gli anglosassoni non hanno inventato il capitalismo quanto a definizione di semplice sistema economico, ma lo hanno reso l’unico sistema economico possibile e posto ad ordinatore unico dell’intera società. Quello che K. Polanyi dice “sistema dis-embedded” ovvero lo scorporo del sistema economico dalla logica dominante del sistema sociale, è in realtà prima lo scorporo dell’economico dal sociale e poi la re-incorporazione della società -dentro- il sistema economico. In pratica, inversione dei domini rispetto alle forma sociali tradizionali e storiche di ogni dove e tempo precedente. Tutto ciò, a partire dal colpo di stato organizzato nel 1688 a cui poi hanno messo nome più presentabile di “Gloriosa rivoluzione”. Solo dopo molti anni, almeno due secoli per lo meno, il resto dell’Europa ha seguito il format d indubbio successo ma non sempre con esiti storici altrettanto brillanti. Le culture sono entità complesse e non si “esportano” senza varianti e resistenze.

 

La Gran Bretagna domina il mondo

 

Il sistema immagine di mondo anglosassone è quindi guidato dal fare economico libero da ogni altro ordinatore che non la propria facoltà di auto-organizzazione data dalla sua interna funzione di scambio detta “mercato”. A tal fine, la filosofia fondamentale è utilitaria, definito l’utile come: ciò che produce vantaggio e che rende minimo il dolore e massimo il piacere. L’etica pertanto si riduce a “calcolo felicifico” o “algebra morale” in onore alla tradizione logico-matematica che affonda nel loro platonismo del XIII secolo ed al “numero-peso-misura” del XVII° che ha governato il loro grande progresso empirico tecnico-scientifico. Il massimo piacere deve esser quantificabile poiché è oggetto di prezzo ovvero embedded all’ordinatore sociale prescelto: un mercato fatto di individui che scambiano. Gli individui calcolano la loro utilità attesa e si danno da fare per avere il corrispettivo monetario per soddisfarla. Purché produca dinamica economica, tutto è concesso sopra e sotto la linea morale. Semmai, le cose a-morali, vanno esternalizzate e quindi poste fuori dalla consapevolezza sociale.

Dal dopoguerra ad oggi, il faro della civiltà occidentale, gli Stati Uniti d’America, ha prodotto circa 30 milioni di morti in varie guerre, ma sono casualties, esternalità dell’attività principale che è tenere il mondo “libero, aperto, giusto (in quanto meritocratico), democratico, cioè ordinato dal mercato”. Anche la distruzione ambientale è esternalità, salvo poi tornare utile come “problema” da risolvere con un altro circolo di “distruzione creatrice”.

L’antropologia bizzarra di questa costruzione è il noto Homo oeconomicus, uno ente immaginario inventato apposta per far da premessa all’intera costruzione di senso. L’Homo oeconomicus calcola razionalmente le sue utilità e quindi il suo agire economico è matematizzabile (da cui la riduzione dell’economia politica ad economics), il suo comportamento non importa da quale scatola nera (mente umana – cervello) provenga, l’importante è osservare quale sarà l’output finale elaborato su imput. Su ciò hanno fondato una non meno bizzarra psicologia che chiamano behaviorismo (da to behave: comportarsi). Si noti come l’antro-bio-psicologia anglosassone rimanga strettamente platonica con la mente da una parte ed il volgare, confuso e incalcolabile “corpo” dall’altra.

Dopo antropologia e psicologia, ridotta la sociologia ad una competizione selettiva nella corsa ad una presunta evoluzione infinita che chiamano progresso, si sono volti alle scienze della cognizione. Hanno così aperto l’aborrita scatola nera, la scatola cranica, e deciso che tutto ciò che lì circola è informazione. Anche l’informazione è quantificabile e portatrice di razionalità utilitaria calcolante e calcolabile. Allora si sono messi a riprodurre il tutto nei progetti di mondo-digitale/Intelligenza Artificiale, riducendo l’intelligenza a calcolo.

 

Ora, dal momento che il sistema economico in Occidente sembra aver finito la sua spinta, si stano dannando l’anima a traslocare la realtà che è sempre meno generosa di condizioni di possibilità, nella realtà artificiale. Ad essa hanno applicato una nuova versione della loro storica impostazione filosofica empirico-platonista: il trans umanesimo. Il trans-umanesimo è anti-umanista, tecno-scientifico, a-morale e privo di etica, e punta a fondere macchina, biologia e psiche in un unico costrutto determinabile e dominabile, con messianica attesa di una presunta Singolarità che darebbe via al Big Bang della Nuova Era. Segue l’era post-umana dotata di individui ibridi iper-potenti ed immortali. Il tutto accompagna come narrazione lo sviluppo di nuove possibilità di mercato (venture capitalist, vertici militari, complesso tecno-scientifico) come proroga del loro sistema di vita associata e relativo dominio.

Infatti, la loro classe dominante, da sempre intrinsecamente deista, odia la natura ed ama la tecnica che dà loro il senso di onnipotenza, assieme al denaro, additivi chimici di cui sono avidi consumatori ed il potere in quanto tale. Con questo, pensano di continuare a dominare le altre classi e le altre nazioni occidentali e chissà fino a quando, la porzione di mondo che gli sarà concessa dai contendenti. Abolita la filosofia che per un utilitarista è in-utile, la storia che è solo una collezione di fallimenti nella marcia del progresso, in pieno delirio riduzionista hanno esaltato la scienza ma ancor più la tecnica ovvero la produzione di mezzi per perseguire fini. Quali fini? L’onnipotenza, poiché “Dio è l’artefice della Natura, l’uomo è il dio degli artefatti” (G.B.Vico)

“L’ardito codice del transumanista è destinato ad imporsi. E’ un fatto inevitabile ed innegabile. E’ insito nella natura non democratica della tecnologia e del nostro progresso evolutivo tecnologico. E’ il futuro. Noi siamo il futuro, che piaccia o no. E questo futuro va plasmato, guidato e gestito correttamente dalla forza e dalla saggezza degli scienziati transumanisti e dalle nazioni pronte a sostenerli con le loro risorse.” Zoltan Istvan, The Transhumanist Wager, 2013

 

[H+ è il simbolo della setta. Gli anglosassoni, essendo clanici, amano le sette.]

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