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20 Gennaio 2014

 

Tensioni in Ucraina: le variabili religiose di una partita aperta

di Matteo Tacconi

 

Tante le spaccature: lingua, memoria, visione del futuro, fede. La faglia che corre lungo l’Ucraina, infatti, ha anche un aspetto legato al culto

 

Per capire la grande confusione che regna a Kiev e le scene di violenza di questi due giorni bisogna partire dalle leggi “anti-protesta” approvate giovedì, su impulso del presidente Viktor Yanukovich. Restringono fortemente il diritto a manifestare, come la libertà di espressione e di stampa. L’opposizione, indignata, ha chiamato la gente a uscire di casa. In centomila persone, forse di più, si sono presentate ieri all’appello. Ma alcuni dimostranti avevano voglia di alzare le mani. Hanno lanciato bottiglie incendiarie e sassi contro le forze di sicurezza, che hanno risposto con fumogeni e proiettili di gomma, riferiscono le cronache. Almeno duecento i feriti, tra cui decine di poliziotti. Una ventina gli arresti.

Il campo di battaglia è stata ulica Grushevskogo, non distante da piazza dell’Indipendenza, dove la protesta ucraina, ormai due mesi fa, è iniziata. Era il 21 novembre e a scatenarla fu il no di Yanukovich agli accordi di associazione proposti dall’Ue. Il capo dello stato, circa un mese dopo, ha accettato l’offerta alternativa presentata da Putin (15 miliardi in prestiti e sconto notevole sul gas), spostando dunque il baricentro verso Mosca. La fine di questa storia non è ancora scritta. Tutto può accadere. Le violenze di ieri e di oggi confermano, a ogni modo, che nel paese c’è tanto nervosismo e ci sono tante spaccature. Lingua, memoria, visione del futuro. Fede. La faglia che corre lungo l’Ucraina, infatti, ha anche delle variabili religiose.

In queste settimane di protesta non è stato infrequente avvistare in piazza alcuni ministri di culto. Appartengono a due comunità: la chiesa ortodossa patriarcato di Kiev e quella uniate, di rito orientale ma legata al Vaticano. Non si sono limitati a dare soltanto sostegno morale e spirituale, ma hanno apertamente sostenuto la causa dei dimostranti, opponendosi al presidente Yanukovich, alla sua scelta di virare verso Mosca e a quella di promulgare le leggi “anti-protesta”.

«La nostra chiesa sta con la gente e sostiene l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea», disse all’inizio della protesta Filaret, capo degli ortodossi che si riconoscono nel patriarcato di Kiev. Questa chiesa trae la sua origine dallo scisma del 1991, l’anno dell’indipendenza ucraina. Fino a quella data gli ortodossi erano stati legati al patriarcato di Mosca.

Una parte decise di non cambiare strada; l’altra perseguì invece una propria, nuova via, stabilizzandosi a livello politico su posizioni nazionali, favorevoli a un’Ucraina meno dipendente da Mosca. Che dal canto suo non è rimasta ferma, usando la leva religiosa allo scopo di mantenere influenza a Kiev, dove tra l’altro è nato il primo stato russo della storia, la Rus’. In quel periodo fu sancita la conversione al cristianesimo di rito orientale. A Mosca non tralasciano mai di ricordarlo, segnalando l’esistenza di un cordone ombelicale, con il vicino, che non può essere spezzato. Insomma, non è solo una faccenda di potere, soldi e gas.

Nella Russia post-sovietica la religione ha riacquistato peso politico-sociale e si riscontra una certa sovrapposizione tra la politica estera del Cremlino e quella del patriarcato, oggi guidato da Kirill. Secondo qualcuno starebbe iniziando a manovrare le pedine allo scopo di eleggere, al vertice della chiesa ortodossa “filo-russa”, qualcuno di suo gradimento al posto dell’attuale numero uno, Volodymyr. Pare sia molto malato. Corre voce che Kirill accarezzi persino l’idea di mandare a Kiev il metropolita Hilarion, il suo fidato “ministro degli esteri”.

Quanto alla chiesa uniate, quella di rito greco ma subordinata al Vaticano, è radicata nelle regioni occidentali del paese, quelle più orientate a imboccare la strada europea. Gli uniati si sintonizzano su questa frequenza. Il che ha portato e porta ancora a polemiche, anche molto accentuate, con il patriarcato di Mosca e la sua proiezione ucraina, secondo cui i cattolici ucraini mirerebbero da sempre a spezzare l’unità dell’ortodossia. Sta qui, tra l’altro, il principale punto di controversia tra Vaticano e patriarcato di Mosca, anche al netto del recente riavvicinamento tra le due comunità e del possibile, ma non confermato, incontro tra Francesco e Kirill.

In ogni caso, l’altro giorno è capitato che il ministero della cultura di Kiev abbia indirizzato una lettera ai vertici uniati, in cui si ricordava che le funzioni religiose possono tenersi solo all’interno degli edifici di culto. Un modo, visto che i greco-cattolici stanno tenendo messa in piazza, a Kiev, per indurli a schiodarsi di lì. Persino Yanukovich s’è accorto che il monito era fuori luogo e rischiava solo di peggiorare la situazione. «Ognuno deve avere il diritto di pregare dove vuole», ha fatto sapere congelando così la “vertenza”.

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