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Giovedì 02 marzo 2017

 

Cristiani copti senza protezione

           

Nel Sinai del Nord, nell’ultimo mese, almeno 150 famiglie sono fuggite perché bersagliate da gruppi armati. Gli attacchi mortali contro la minoranza religiosa sono aumentati dal 2013 e il governo non affronta il problema. «Basta impunità», denuncia Amnesty International.

 

«Le autorità egiziane devono offrire urgentemente protezione ai cristiani copti nel Sinai del Nord e fornire servizi essenziali e alloggi a centinaia di persone che sono state costrette a fuggire dalle loro abitazioni, a seguito dell’uccisione di sette persone della comunità in una serie di attacchi compiuti durante il mese su febbraio». Così Amnesty International, dopo che, secondo il ministro degli affari parlamentari, almeno 150 famiglie cristiane copte sono fuggite da al-Arish a seguito delle ultime violenze di stampo jihadista e hanno cercato riparo nel vicino governatorato di Ismailia in alloggi temporanei sovraffollati, senza un adeguato accesso ai servizi essenziali.

Najia Bounaim, vice direttrice campagne della sede regionale di Amnesty International a Tunisi: «Questa ondata spaventosa di attentati ha visto i cristiani copti nel Sinai del Nord braccati e uccisi da gruppi armati. Nessuno dovrebbe subire discriminazioni e attacchi a causa del suo credo religioso. Il governo deve anche porre fine all’impunità per gli attacchi contro i cristiani copti nel Sinai e in altre aree del paese. Le autorità hanno poi il dovere di garantire che le proprietà degli sfollati interni non siano saccheggiate, sequestrate, distrutte o illegalmente occupate».

Amnesty rileva che negli attacchi tra il 30 gennaio e il 23 febbraio, sette cristiani copti sono stati uccisi nel Sinai del nord. E il 19 febbraio, il gruppo armato che si autodefinisce Stato islamico ha anche trasmesso un video che minaccia la vita dei copti e rivendica la responsabilità per il bombardamento di una chiesa al Cairo nel dicembre 2016 che ha ucciso almeno 25 persone.

Gli attacchi contro la minoranza religiosa cristiana copta egiziana – sottolinea Amnesty – sono aumentati dopo la cacciata dell’ex presidente Mohamed Morsi nel luglio 2013. Chiese e case copte sono state date alle fiamme, membri della minoranza copta sono stati aggrediti fisicamente e le loro proprietà saccheggiate. Molti episodi di violenza contro i cristiani si sono svolti nel governatorato di Minya nel corso dell’ultimo anno.

Conclude l’organizzazione internazionale: «I governi dal 2013 non sono riusciti ad affrontare questa discriminazione di lunga data contro i copti e l'aumento dei casi di violenza settaria, e a consegnare alla giustizia i responsabili dei crimini. Il governo egiziano di Abdel Fattah al-Sisi ha continuato a fare affidamento su accordi di riconciliazione sponsorizzati dallo stato, che in alcuni casi hanno forzatamente sfrattato cristiani copti dalle zone dove sono minacciati».

 

 


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