My village, in which I didn’t live a single day Has been living inside me everyday

15 maggio 2011: Qalandia, Gerusalemme, Gaza, Giordania, Rafah, Syria, Libano.

A 63 anni dalla Nakba, Israele controlla l'85% della Palestina storica
Return to Palestine (video)
Congresso arabo-internazionale sul Diritto al Ritorno: Dichiarazione di Damasco.
63° anniversario della Nakba: manifestazioni palestinesi e repressioni israeliane
Palestinian Central Bureau of Statistics Special Statistical Bulletin
On the 63nd anniversary of the Palestinian Nakba

La dimensione culturale del diritto al ritorno di Marta Fortunato

Diritto al Ritorno: Il Dramma di 7,5 Milioni di Profughi di Emma Mancini

http://www.infopal.it
Il 2011-05-14

A 63 anni dalla Nakba, Israele controlla l'85% della Palestina storica

Ramallah - InfoPal. Dati statistici ufficiali e aggiornati a fine 2010 sono stati pubblicati dal Centro di statistica palestinese per presentare una panoramica della popolazione palestinese, in occasione del 63° anniversario della Nakba (Catastrofe palestinese) del 1948, che si commemora il 15 maggio.

Nel 1948 circa 800mila palestinesi furono cacciati dai territori oggi conosciuti come Israele. Ripiegarono in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e verso i Paesi arabi limitrofi. Da allora vissero sotto lo status di rifugiati.

Usando l'arma del terrorismo, nel corso della cacciata del '48, gli israeliani presero il controllo di 774 villaggi e cittadine palestinesi, ne distrussero 531, e 70 operazioni si conclusero il massacro di 15mila palestinesi.

Realtà demografica. Da allora, il numero dei palestinesi sparsi ovunque nel mondo è aumentato di otto volte. I palestinesi che oggi risiedono nella Palestina storica, ovvero il territorio entro i confini che furono rilasciati al mandato britannico, è di 5milioni e mezzo. Gli ebrei sono 5,7 milioni mentre si prevede un pareggio entro il 2014.

Si prevede anche una presenza ebraica al 48,2% entro il 2020, quando gli ebrei saranno 6,7 milioni contro 7,2 milioni di palestinesi. 

La percentuale della popolazione che vive all’interno dei Territori occupati come rifugiato è del 44%. I profughi palestinesi registrati presso l’Unrwa sono 4,8 milioni (43,4%).

Sul totale della popolazione palestinese sparsa nel mondo, il 60,4% vive in Giordania, Siria e Libano, 16,3% in Cisgiordania e il 23,3% nella Striscia di Gaza. 

Circa il 29,4% dei profughi palestinesi vive sparso tra 58 campi: 10% in Giordania, 9% in Siria, 12% in Libano, 19% in Cisgiordania e otto per cento nella Striscia di Gaza.

Nel rapporto si ammette che i dati non riflettono fedelmente la realtà, molti profughi infatti, non sono registrati e si include le varie ondate di esodo dal 1949 fino alla vigilia della guerra del 1967.

I palestinesi che nel 1948 rimasero in patria erano circa 154mila, mentre oggi, 63 anni dopo quella catastrofe, sono circa 1,36 milioni. Il rapporto è di 102,2 uomini su 100 donne.

Nel 2007, i palestinesi in Israele erano d’età inferiore ai 15 anni per il 40,6%, mentre il 3,2% aveva oltre 65 anni. Dal dato si evince che la componente palestinese è giovane e in continua crescita.

Le stime a fine 2010 indicavano la presenza di 4,1 milioni di palestinesi: 2,5 milioni in Cisgiordania e 1,6 milioni nella Striscia di Gaza. 386mila palestinesi sono residenti a Gerusalemme.

Il 62,1% della popolazione palestinese vive nelle zone in Cisgiordania occupate e poi annesse da Israele nel 1967.

Si delinea un’alto tasso di natalità tra i palestinesi: 4,2 nascite in media: 3,8 in Cisgiordania e 4,9 nella Striscia di Gaza.

Striscia di Gaza: la zona più densamente popolata al mondo. Sempre a fine 2010, la densità di popolazione nei Territori palestinesi occupati è di 682 persone per kmq: 450 in Cisgiordania e 4.279 nella Striscia di Gaza. 

Il dato in Israele (tra palestinesi ed ebrei) è di 357 abitanti per km2.

I coloni israeliani vivono in maggioranza nell’area di al-Quds (Gerusalemme). A fine 2010, in Cisgiordania sono state rilevate 470 colonie israeliane. Nel corso dell’anno sono sorti sette nuovi avamposti coloniali, con 141 postazioni annesse.

A Gerusalemme, i coloni vivono sul 23,7% del totale della terra palestinese occupata con le proprie colonie. Nel 2009, in Cisgiordania vivevano 517.774 coloni israeliani.

Il 51,6% dei coloni vive a Gerusalemme: sul un totale di 267.325 coloni, 201.273 vivono a Gerusalemme Est occupata.

In Cisgiordania il rapporto è il seguente: 21 coloni su 100 palestinesi, mentre la percentuale più alta riguarda Gerusalemme, dove abitano 71 coloni ogni 100 palestinesi.

Gli ebrei controllano l'85% del territorio. La popolazione ebraica è il 49,4% del totale della popolazione della Palestina mandataria. Essa controlla l’85% del territorio.

Durante il mandato britannico la componente ebraica era il 6,2%, mentre i palestinesi erano il 47,9%. Allora gli ebrei vivevano sul 15% del territorio che si estendeva su una superficie di 1.682 km2.

Vi erano poi arabi cristiani - coloro che l'occupazione israeliana avrebbe definito in seguito “privi di religione”. Il 2,7% di essi vive nei Territori palestinesi occupati da Israele nel 1948.

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2011-05-16

63° anniversario della Nakba: manifestazioni palestinesi e repressioni israeliane

Palestina occupata - InfoPal. "Quanti hanno ignorato finora la questione palestinese, si devono rendere conto di quanto essa vive nelle coscienze. Il risveglio arabo e palestinese riemerge oggi, nel 63° anniversario della Nakba, la catastrofe palestinese". E' questo uno dei messaggi condivisi in ambiente politico palestinese a seguito dei tragici fatti che accaduti ieri: la violenta repressione israeliana di tutte le manifestazioni.

In quel 1948, oltre 500 villaggi furono rasi al suolo e 70 furono i massacri ai danni di 15mila palestinesi, 800 i villaggi cancellati sui quali si fondò lo Stato di Israele.

E insieme alle chiavi, i nomi dei villaggi distrutti dalle bande terroristiche ebraiche, poi forze d'occupazione israeliane, sono comparsi anche in questo anniversario durante le manifestazioni pubbliche di migliaia e mihgliaia di palestinesi nella Palestina occupata, mentre sono stati numerosi i profughi che, ieri, hanno tentato di avvicinarsi alle frontiere dai Paesi arabi limitrofi.

Con l'azione di ieri, i profughi palestinesi hanno chiesto alla comunità internazionale il rispetto della legalità, il ripristino di pace e i dei diritti; hanno denunciato i quotidiani crimini di Israele e hanno ricordato che l'obiettivo resterà lo Stato palestinese indipendente sulla Palestina, con Gerusalemme capitale e, soprattutto, hanno comunicato che il proprio Ritorno "è vicino".

Già dalle prime ore del mattino giungevano notizie di repressioni israeliane.

Domenica 15 maggio. Marce, manifestazioni e violenze israeliane.

Cisgiordania. Il ministro della Difesa di Israele, Ehud Barak, ha disposto un cordone di sicurezza assoluto in tutta la Cisgiordania, mentre i coloni israeliani hanno chiesto all'esercito di usare il pugno di ferro contro le manifestazioni palestinesi previste nella giornata. Il Consiglio dei coloni ha proposto di mettere al bando qualunque manifestazione pubblica palestinese in concomitanza con la Nakba.

Ad al-Quds (Gerusalemme) è stato preordinato un piano di sorveglianza particolarmente rigido. Ad 'Essawiyah, a nord della Città santa, sono sorti scontri con i residenti palestinesi, sei dei quali sono stati arrestati dalle forze d'occupazione israeliane. A decine, i palestinesi hanno tentato di dirigersi verso Qalandiya, in direzione di Ramallah, ma l'esercito israeliano ha risposto con proiettili e gas lacrimogeni.

150 sono rimasti feriti mentre 20 sono stati i feriti ad al-Khalil (Hebron), i cui ingressi principali erano stati sbarrati e i terreni agricoli circostanti devastati dai militari israeliani.

Arresti e feriti negli episodi pubblici a Walajah (Betlemme); altre numerose marce si sono svolte in direzione dei check-point fuori dei centri cittadini nel nord della Cisgiordania.

Striscia di Gaza. numerosi palestinesi hanno tentato di raggiungere il valico di Eretz (Beit Hannun), a nord di Gaza), ma l'artiglieria ha lanciato un'offensiva: oltre 120 cittadini sono stati feriti, molti sono gravi.

Il nostro corrispondente ha riferito che "tra le vittime vi sono numerosi bambini e un giornalista".
Tutti sono stati soccorsi tra l'ospedale Kamal 'Adwan (nord) e ash-Shifa (Gaza City).
Il corpo non identificato di un 18enne palestinese è stato rinvenuto senza vita a poche ore dall'attacco israeliano, ad est di Gaza City.

Ancora, ad 'Amman, 25 manifestanti sono stati feriti nella repressione della polizia. I presenti hanno tentato di raggiungere il confine con la Cisgiordania. Alla folla di duemila persone si sono uniti anche numerosi internazionali e, similmente a quanto hanno chiesto ieri studenti e cittadini egiziani, anche in Giordania i manifestanti hanno spinto per l'espulsione dell'ambasciatore di Israele.

Altre aree della Giordania sono state interessate ieri da sit-in e raduni in ricordo del 63° anniversario della cacciata dei palestinesi. Siria. Centinaia di palestinesi e siriani hanno manifestato a Majdal Shams, a nord delle Alture del Golan. Qui a decine sono rimasti feriti mentre quattro sono stati uccisi.

Simili episodi al confine tra Libano e Israele (Territori palestinesi occupati nel '48, ndr).

Tra i primi commenti ai fatti di ieri, Hanan Ashrawi (Fatah) ha dichiarato: "Nessuna generazione ha mai messo in secondo piano il Diritto al Ritorno e oggi ricomincia con vigore un viaggio verso questo Diritto".

Osama Hamdan, membro dell'ufficio politico di Hamas in Libano, ha affermato: "Oggi è un giorno importante per la riunificazione del popolo, il quale, compatto, si avvia verso il Ritorno".

Per il premier di Gaza, Isma'il Haniyah: "L'unità palestinese e il risveglio della resistenza araba e palestinese sono il preludio per la liberazione definitiva dall'occupazione israeliana".

Infine, per le fazioni palestinesi "nessun accordo potrà invalidare il Diritto al Ritorno".

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2008-11-25

Congresso arabo-internazionale sul Diritto al Ritorno: Dichiarazione di Damasco.

Noi, i partecipanti al “Forum arabo-internazionale sul diritto al ritorno”, ospitato dalla capitale siriana di Damasco dal 23 al 24 novembre 2008, e che ha visto la partecipazione di più di 5000 persone, di organizzazioni, partiti politici, associazioni e comitati per il diritto di ritorno, rappresentanti del mondo arabo, islamico e internazionale, (…) al fine di continuare a difendere e veder garantito il diritto dei palestinesi al  ritorno, dichiariamo quanto segue:



1 - Il diritto dei profughi palestinesi a ritornare nelle proprie case e terre da cui sono fuggiti, il loro diritto al risarcimento dei danni, è al centro della causa palestinese e ne è l’essenza. E’ un diritto inalienabile e irrinunciabile.



2 -Il diritto al ritorno è un diritto legittimo e naturale, sia individuale sia collettivo, garantito dalla religione e dalle leggi internazionali e dalle convenzioni (…). 



3 - Il Forum conferma che la resistenza è un’opzione e rappresenta  il percorso più efficace e più breve per garantire il ritorno dei palestinesi alle loro case; esso chiede la protezione di questa opzione a livello nazionale, internazionale e del mondo islamico. 



4 – La fedeltà al diritto di ritorno è una delle priorità del progetto di liberazione nazionale palestinese. I leader nazionali e la comunità internazionale devono difendere questo diritto, esso è un obbligo e un dovere umanitario e civile. 



5 - Noi sosteniamo il popolo palestinese nel suo attaccamento alla terra e alla patria, al patrimonio, all’identità culturale e all’identità araba e islamica. Si ribadisce inoltre che l’unità in patria e all’estero rappresenta una condizione di tutela dei diritti e non accetta compromessi o rinvii. 



6 – che il popolo palestinese è stato espulso dalle forze sionista, che hanno adottato la tattica del terrorismo, degli omicidi e stragi, e che ciò costituisce il reato di pulizia etnica e crimini contro l’umanità, la cui responsabilità ricade anche sulle potenze internazionali che hanno sostenuto e sostengono il progetto sionista e gli forniscono tutte le forme di sostegno e protezione. 



7 – che tutti i progetti che mettono in discussione il diritto dei profughi palestinesi al ritorno sono deplorevoli e inaccettabili, sia che si tratti di risarcimento, di patria in un paese ospite (...). 



8 – che le Nazioni Unite sono chiamate ad attivarsi senza indugi per il diritto di ritorno dei palestinesi (…). 



9 - che le Nazioni Unite sono chiamate ad assumersi la responsabilità di consentire all’UNRWA, l’Agenzia dell’Onu per i profughi, di continuare a svolgere le proprie funzioni. 



10 - che la prassi sionista, che ha lo scopo di trasferire ancora altri palestinesi, è una pratica criminale che deve essere affrontata, come i progetti che prevedono lo "scambio di popolazione" e il "trasferimento", gli insediamenti e il muro razzista volto a modificare l'identità del territorio e dei diritti. 



11 – che è un diritto dei profughi palestinesi godere di diritti civili, economici e sociali nei paesi dove hanno trovato rifugio, fino al loro ritorno, ed è dovere degli Stati arabi dove risiedono garantire loro tali diritti e abolire tutte le forme di ingiustizia e di sofferenza. 



12 - consideriamo lo "Stato ebraico" come un progetto per completare lo spostamento dei palestinesi che vivono nei territori occupati del 1948, come un tentativo di far fallire il diritto di ritorno e confermare quello ebraico legittimando il modello di apartheid in Palestina; un progetto del colonialismo a discapito del popolo palestinese e della sua identità. 



13 – la conferenza apprezza la fermezza del popolo palestinese in patria e all'estero, la sua resistenza e i suoi sacrifici nel corso degli anni e delle generazioni - uomini, donne, gli anziani, i bambini, i liberi e i prigionieri -, a fronte di campagne di spostamento e di reinsediamento. 



14 - Tutte le istituzioni, le organizzazioni e le associazioni, che difendono il diritto di ritorno, sono invitate a coordinare i loro sforzi e a  contribuire alla mobilitazione di energie e di tutte le forze palestinesi e arabe, islamiche e cristiane, umane, regionali e internazionali, al fine di raggiungere un consenso globale per l'applicazione del diritto al ritorno e per impedire qualsiasi tentativo di annullare tale diritto. 



15 – invitiamo ad attivare tutti i meccanismi e gli strumenti politici, giuridici, economici, informativi ed educativi, per difendere il diritto di ritorno, e la diffusione della cultura, radicandola nei cuori delle generazioni, soprattutto i più giovani. 



16 – sono passati 60 anni dallo stupro della Palestina senza che venga realizzato il diritto al ritorno dei palestinesi alle loro case e terre; dichiariamo inoltre che le Nazioni Unite sono obbligate ad espellere l’entità sionista da membro dell’Onu per non aver applicato il diritto al ritorno previsto, e accettato, come condizione per la sua appartennenza dalle risoluzioni internazionale.

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Palestinian Central Bureau of Statistics
Special Statistical Bulletin
On the 63nd anniversary of the Palestinian Nakba

The Nakba: Ethnic cleansing and systematic replacement of the populationNakba in literary terms is expression of natural catastrophes such as earthquakes, volcanoes, and hurricanes. However, the Nakba of Palestine is an ethnic cleansing process as well as destruction and displacement of an unarmed nation to be replaced systematically by another nation. Contrary to natural catastrophes, the Palestinian Nakba was the result of man-made military plans and conspiracy of states unfolded a major tragedy for the Palestinian people.

These events along with the displacement of Palestinians and the subsequent occupation of the remaining land of Palestine in 1967 have resulted in great tragedy for the Palestinian people. More than 800,000 out of 1.4 million Palestinians (the Palestinian population in 1948 living in 1,300 Palestinian towns and villages) were driven out of their homeland to the West Bank and Gaza Strip, neighboring Arab countries and other countries of the world. In addition, thousands of Palestinians were displaced from their homes but stayed within the Israeli controlled 1948 Territory. According to documented data, Israelis controlled 774 towns and villages and destroyed 531 Palestinian towns and villages during the Nakba. The atrocities of Israeli forces also included more than 70 massacres during Nakba in which 15,000 Palestinians were killed.

The demographic reality: Palestinians have doubled 8 times after 63 years from Nakba

Statistics show that the total number of Palestinian population in 1948 was 1.4 million.  The estimated total number of Palestinians all over the world amounted to approximately 11 million by the end of 2010. This indicates that the number of Palestinians worldwide has multiplied 8 times since the Nakba in its 63rd anniversary.  Statistics show that the total number of Palestinians living in historic Palestine (between Jordan River and the Mediterranean Sea) by end of 2010 totaled 5.5 million compared to 5.7 Jews. It is also expected that the Palestinian and Jewish population in historic Palestine will be equal at end of the year 2014, and reach 6.1 million for each at end of the year 2020 providing that growth rates remain current. It is also expected that the number of Palestinians will reach 7.2 million compared to 6.7 million Jews at the end of the year 2020.

Statistical data also show that refugees in the Palestinian Territory constitute 44.0% of the total Palestinian population in the Palestinian Territory. UNRWA's records at mid 2010 showed that the number of registered Palestinian refugees totaled 4.8 million, constituting 43.4% of the total Palestinian population worldwide; distributed as 60.4% living in Jordan, Syria, Lebanon, 16.3% in the West Bank, and 23.3% in Gaza Strip. About 29.4% of Palestinian registered refugees live in the 58 refugee camps, of which 10 are in Jordan, 9 in Syria, 12 in Lebanon, 19 in the West Bank, and 8 in Gaza Strip.

These estimates represent the minimum number of Palestinian refugees, given the presence of non- registered refugees. These estimates also do not include Palestinians who were displaced between 1949 and 1967 war "according to UNRWA's definition" and do not include the non refugees who left or were forced to leave as a result of the war in 1967.  The estimate of the number of Palestinians who remained in their homeland in the 1948 territory after the Nakba was 154,000 persons and estimated to 1.36 million persons on the 63rd anniversary of the Nakba. The sex ratio is 102.2 males per 100 females, and the percentage of persons aged less than 15 years is 40.6% of Palestinian population in the 1948 land, compared with 3.2% aged 65 years and over based on available statistics about Palestinian living in Israel in 2007. This shows that the composition of Palestinians in 1948 territory is young as a natural extension of the Palestinian society as a whole.

The number of the Palestinians in the Palestinian Territory was estimated at 4.1 million at the end of 2010, of whom 2.5 millions in the West Bank and 1.6 millions in Gaza Strip. The number of Palestinians in Jerusalem governorate was at end of 2010 about 386 thousand, 62.1% of them live in those parts of Jerusalem which were annexed forcefully by Israel in 1967 (J1).  The fertility rate in the Palestinian Territory is high compared to other countries. The total fertility rate in 2010 was 4.2 births (3.8 births in the West Bank and 4.9 births in Gaza Strip).

Population density: The Nakba has made Gaza Strip the most crowded place in the World

The population density in the Palestinian Territory at end of 2010 reached 682 individuals/km2 of which 450 individuals/km2 in the West Bank and  4,279 individuals/km2 in Gaza Strip. In Israel, the population density reached 357 individuals/km2 of Arabs and Jews in 2010.

Settlements: Most settlers live in Jerusalem as part of Israeli Judaization campaign

The number of Israeli settlements and military bases in the West Bank totaled 470 at the end of 2010. Most of settlements are located in Jerusalem governorate; while the number of Jewish settlers in the West Bank totaled 517,774 at end of the year 2009. Data show that 267,325 (51.6%) of settlers live in Jerusalem governorate of whom 201,273 live in Jerusalem (J1). Statistics show that the ratio of the Palestinians to the Settlers in the West Bank is 21 settlers per 100 Palestinians, where the ratio in Jerusalem governorate reached 71 settlers per 100 Palestinians.

The Expansion and Annexation wall swallows about 13% of the West Bank area

Israeli occupation confiscated hundreds of thousands dunums of land to construct the Expansion and Annexation Wall.  Data showed that the isolated and confiscated area between the wall and the green line amounted to almost 733 km2, which represents about 13.0% of the West Bank area. These isolated and confiscated areas include 348 km2 as agricultural area, 110 km2 utilized by Israeli settlements and military bases, 250 km2 forests and open area and 25 km2 as Palestinian Built-up area.  About 29% of the West Bank, mainly in the Jordan valley, is considered as restricted area; while 3.5% of the West Bank has been confiscated for settlements and bypass roads. Israeli occupation established a buffer zone along the border of the Gaza Strip of a width exceeding 1,500 m along the eastern border of the Gaza Strip that amounts to about 58 km. This buffer zone swallows 87 km² of the total area of the Gaza Strip, and that means the Israeli occupation still controls 24% of the Gaza Strip, which already suffers from the highest population density in the world.

Israel controls more than 85% of the  Land of Historical Palestine

About 11 million people live in the historical land of Palestine at end of 2010 with a 27,000 Km2 estimated area. The Jews constitute around 49.4% of the total population and utilize more than 85% of the total area of lands. The utilizing of land by the Jews during the British Mandate was not more than 1,682 km2 which constitute about 6.2%. While Arabs comprise 47.9% of the total population and utilize less than 15% of the land area, the others constitute about 2.7% of the population in the 1948' territory. 

Water in the Palestinian Territory: Realities and challenges

Preliminary data from the Palestinian Water Authority for the year 2010 showed that the amount of water purchased for domestic use from the Israeli Water Company (Mekorot) amounted to 53 million m3 in the West Bank.  Data shows that the quantity of water purchased from the Israeli Water Company increased by 6 million m3 compared with last year, which constitutes about 15% of the annual available water quantity .

Martyrs: Continuous struggle to liberate the land and build the state

The number of the al Aqsa Intifada martyrs between September 29th 2000 and December 31st  2010 reached 7,342, while it was 7,235 martyrs at the end of 2009, of whom, 2,183 martyrs in the West Bank (2,059 males and 124 females), and  5,015 martyrs in the Gaza Strip (4,601 males and 414 females), the rest of the martyrs are from the 1948’ area and outside the Palestinian Territory. The year 2009 was the bloodiest year with 1,219 Palestinian martyrs followed by 2002 with 1,192 martyrs. In addition, 107 martyrs  including 9 from Turkish  solidarity convoy were killed by aggressive Israel army on Gaza-bound humanitarian fleet during the year 2010.

Detainees

According to data from the Ministry of Detainees, around 750,000 people were detained by Israel since 1967, of whom around 12,000 females and tens of thousands of children, some of whom were re arrested for many times. Data also showed that around 6,000 detainees are still under arrest in Israeli prisons, of whom tens of Arab detainees, 820 under life imprisonment, 37 females, 245 children who represent 4.1% of total detainees, 136 detainees have spent more than 20 years in Israeli jails, 41 detainees have spent more than 25 and 4 detainees have spent more than 30 years in Israeli prisons. The data also showed that Israel had detained more than 70,000 detainees during Al-Aqsa Intifada, of whom 8,000 children, 850 females (4 of them were pregnant and gave birth in prison), tens of of the detainees from the members of the Palestinian Legislative Council and Former Ministers.

The health situation: Slow growth of health human resources

Statistics in 2009 showed that the rate of physicians per 1000 population registered in the Physicians’ Union in the West Bank reached 1.3 compared to 3.2 in Gaza Strip. On the other hand, data for 2009 showed that there were 1.6 nurses per 1,000 population in the West Bank compared to 5.5 nurses per 1000 population in the Gaza Strip. Regarding hospitals, the number of hospitals in 2009 in the Palestinian Territory is 75 (50 hospitals in the West Bank and 25 in the Gaza Strip). Regarding the distribution of hospitals by type, there are 25 governmental hospitals, 28 non-government, 19 private, 2 hospitals run by Military institution, and one run by UNRWA. The number of hospital beds is 5,058 with a rate of 1.3 bed per 1,000 population distributed as 3,045 beds in the West Bank and 2,013 in the Gaza Strip. The number of Primary Health Care centers is 559 in the West Bank in the year 2009 while it is 134 center in Gaza Strip.

Agriculture: 16.0% of the total area of ​​the Palestinian Territory was cultivated land area 

The area of ​​the Palestinian Territory was 6,020 km2 in 2010, of which 960.3 km2 were cultivated land area and that comprises 16.0% of the total area of ​​ Palestinian Territory during the agricultural year 2009/2010, based on the preliminary results of the Agriculture Census 2010.

The preliminary results include all agricultural holdings in the Palestinian Territory that had been enumerated in the agricultural year 2009/2010.  The number of agricultural holdings in the Palestinian Territory reached 111,458 holdings.  There are 79,728 plant holdings, which comprises 71.5% of the total holdings in the Palestinian Territory; compared to 17,461 mixed holdings that constituted 15.7% of the total holdings. The total number of animal holdings is 14,269 holdings that constituted 12.8% of total holdings, during the agricultural year 2009/2010.  The number of the breeding Cattle in the Palestinian Territory reached 38,259 while the number of breeding sheep in the Palestinian Territory reached 563,636. The number of breeding goats in the Palestinian Territory is 228,981 on 01/10/2010

Housing Conditions: Continuation of Israeli policy of house demolition to up-root Palestinian from their land 

The Israeli occupation forces have destroyed 145 housing unit in the Palestinian Territory during 2010 according to a study issued by the Department of National and International Relations of the PLO.  The Israeli occupation army has approved  to build 16,497 housing unit mostly in and around Jerusalem (J1), and 1,300 housing units are now under construction.

The data indicate that the average number of persons per room in housing units in the camps was 1.7 persons in 2010, while 13.1% of the households in the camps in the Palestinian Territory live in housing units with a housing density of 3 or more persons per room, distributed as 14.4% in camps of the West Bank and 12.2% in the Gaza Strip. About 60.5% of the households in the camps in the Palestinian Territory live in housing units with area  less than 120 m2, distributed as 67.6% in camps of the West Bank and 55.2% in the Gaza Strip

Labor market 2010

The participation rate in the labor force in the Palestinian Territory in 2010 was 41.1% (38.7% among refugees and 42.6% among non-refugees). The participation rate in the West Bank reached 43.7% (41.6% among refugees and 44.4% among non-refugees) compared to 36.4% in Gaza Strip (36.5% among refugees and 36.2% among non-refugees). The unemployment rate in the Palestinian Territory reached 23.7% (29.5% among refugees and 20.5% among non-refugees). The unemployment rate in the West Bank was 17.2% (19.9% among refugees and 16.3% among non-refugees) compared to 37.8% in Gaza Strip (37.4% among refugees and 38.3% among non-refugees). The service sector is considered the largest employed sector of refugees in the West Bank at 37.1% (compared to 68.2%% in the Gaza Strip), followed by trade sector at 21.7% in the West Bank (compared to 14.1% in Gaza Strip)

Education

According to the Education Survey for the scholastic year 2010/2011, the number of schools in the Palestinian Territory was 2,647 schools (1,971 in the West Bank and 676 in the Gaza Strip); distributed by supervising authority as follows: 1,965 governmental schools, 335 UNRWA schools, and 347 private schools.  The number of students in these schools was 1.128 million, of whom 563,000 were males and 565,000 females. Regarding distribution of students by supervising authorities, there were 772,000 students enrolled in governmental schools, 265,000 enrolled in UNRWA schools and 91,000 enrolled in private schools.

The illiteracy rate among Palestinians aged 15 years and above in 2010 was 5.1% distributed as 2.4% for males and 7.8% for females.  Regarding higher education in the Palestinian Territory, there are 14 universities and 15 university colleges offering programs leading to the bachelor degree: 5 universities and 5 university colleges are in Gaza Strip, and 9 universities and 10 university colleges are in the West Bank. There are 20 intermediate community colleges; 14 in the West Bank and 6 in Gaza Strip.

Macroeconomics
Prices during 2010

Average prices for 2010 in the Palestinian Territory increased by 3.75% compared with 2009, distributed as 4.24% in the West Bank and 1.72% in Gaza Strip. In comparison with the base year in 2004, the average prices in the Palestinian Territory had increased by 29.00% distributed as 26.67% in the West Bank and 31.79% in Gaza Strip.

Trade: Restrictions on border crossings and very limited Palestinian exports with the outside world

Import of goods indicates an increase in 2009 compared to 2008, while exports had decreased in 2009 compared to 2008. The value of imported goods in 2009 reached U.S.$ 3,600 million and indicated an increase by 3.9% compared to 2008.  Regarding exports on goods, the total value of exports reached U.S.$ 518 million with a decrease by 7.2% compared to 2008. As a result, the net trade balance on goods recorded a deficit of U.S.$ 3,082 million in 2009 with an increase by 6.0% compared to 2008.

Regarding exports abroad, the results indicated that only 13.0% of total exports were exported, while 87% of exports were exported to Israel. The limited exports abroad was due to the Israeli restrictions imposed on Palestinian exports especially on Gaza Strip.

Information Society

The percentage of households that have a computer in the Palestinian Territory is 48.8%, of which 49.9% in the West Bank and 46.6% in Gaza Strip.  As for Internet connection, the results showed that 29.1% of households in the Palestinian Territory have an Internet connection in 2010, of which 27.5% in the West Bank and 32.2% in Gaza Strip.  The percentage of households that have TV dish in the Palestinian Territory is 91.4% in 2010, of which 91.6% in the West Bank and 90.9% in Gaza Strip.  The results also indicated that 45.5% of households in the Palestinian Territory have a fixed  phone line, of which 48.5% in the West Bank and 39.7% in Gaza Strip. Data showed that 85.1% of households have a Palestinian mobile phone in the Palestinian Territory, of which 79.6% in the West Bank and 95.7% in Gaza Strip, while 23.2% of households have Israeli mobile phone in the Palestinian Territory, of which 34.7% in the West Bank and 0.9% in Gaza Strip

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17 maggio 2011

Diritto al Ritorno: Il Dramma di 7,5 Milioni di Profughi
di Emma Mancini

Gerusalemme, 17 maggio 2011, Nena News – Negli anni, il problema del diritto al ritorno è stato messo in un angolo da negoziati e processi di pace, non solo da parte israeliana. Per l’Autorità Palestinese si tratta di una spina nel fianco, di un boccone troppo amaro per essere digerito. E se il diritto internazionale parla chiaro (ogni rifugiato ha diritto a fare ritorno nella propria terra di appartenenza, in questo caso la Palestina storica), la soluzione al problema si fa sempre più distante.

In occasione delle commemorazioni per il 63° anniversario della Nakba, ricordare i numeri del trasferimento e l’espulsione di sette e milioni e mezzo di palestinesi dalle proprie case e le proprie terre è utile a comprendere quanto difficile sia affrontare il tema del diritto al ritorno. A guidarci Akram Salhab, membro di Badil, associazione palestinese per il diritto alla residenza e al ritorno. “La politica israeliana del trasferimento forzato ha tre diversi obiettivi, strettamente collegati tra loro: il controllo esclusivo della terra, la riduzione al minimo dei palestinesi residenti e la pulizia etnica”.

Una pulizia etnica iniziata nel 1947 con l’espulsione di 750mila palestinesi, cacciati oltre i confini, in Siria, Libano, Iraq e nei nuovi territori di Gaza e Cisgiordania. Dopo la guerra dei Sei Giorni, nel 1967, il numero di rifugiati è cresciuto in maniera esponenziale: 400mila palestinesi, circa il 35% dell’intera popolazione dei Territori Occupati, è stata espulsa dalla propria terra. “E oggi il cosiddetto ‘quiet transfer’ – spiega Akram – prosegue con mezzi nuovi: espansione degli insediamenti israeliani illegali, demolizione delle case palestinesi, violenze dei coloni e revoca del diritto di residenza in Gerusalemme Est”.

Nel tempo, i palestinesi rifugiati nei Paesi arabi confinanti si sono moltiplicati: in 63 anni le famiglie si sono allargate e con loro i campi profughi. Quattro milioni e mezzo i rifugiati del 1948 registrati all’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite che tutela i profughi palestinesi, a cui va aggiunto un altro milione e mezzo di rifugiati non registrati. Poco meno di un milione i profughi del 1967, 338mila i rifugiati interni in Israele e 115mila quelli nei Territori Occupati. Totale: sette milioni e mezzo.

L’opzione della creazione di due Stati come soluzione al dramma palestinese è spesso oggetto di discussione. “In teoria – continua Akram – non c’è contraddizione tra il diritto al ritorno e la soluzione dei due Stati. Ma nella pratica è inapplicabile: lo Stato di Israele si fonda su base etnica, si auto-definisce Stato ebraico. Ciò significa che Tel Aviv non accetterà mai il riconoscimento del diritto al ritorno ai palestinesi che vivevano nell’attuale territorio israeliano. Per questo, Israele non intende negoziare su questo punto: il basilare diritto al ritorno è sempre stato messo in un angolo dai processi di pace. D’altra parte, la questione è un dilemma anche per l’Autorità Palestinese: come ‘scegliere’ i rifugiati che avrebbero diritto a rientrare nelle proprie terre? Solo quelli del 1948? Solo quelli del 1967? O entrambi?”.

Impossibile garantire il diritto attraverso una simile soluzione. E la possibile dichiarazione d’indipendenza dello Stato palestinese a settembre da parte delle Nazioni Unite confonderà ancora di più le carte: “In merito ai rifugiati, un tale riconoscimento preoccupa l’Autorità Palestinese soprattutto per il futuro dei rapporti con l’OLP, il primo strumento di lotta dei profughi palestinesi. La questione che si pone è che tipo di rapporto potrebbe instaurare l’OLP con uno Stato palestinese indipendente”. Nena News

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Friday, 20 May 2011 17:21

La dimensione culturale del diritto al ritorno
di Marta Fortunato

Il diritto al ritorno dei rifugiati costituisce il nocciolo duro della questione palestinese. Lo si è visto anche il 15 maggio 2011, 63° anniversario della Nakba, quando migliaia di profughi hanno cercato di varcare le frontiere del Libano e della Siria per tornare nella loro terra.

Il diritto al ritorno non riguarda solo i rifugiati palestinesi, ma è una questione palestinese, umana, globale. Ogni giorno in Palestina ci sono nuovi profughi, nuovi palestinesi che vengono scacciati dalle loro case, dai loro villaggi a causa della costruzione del muro dell'Apartheid e dell'avanzamento delle colonie. Ed è una questione umana ed internazionale perché i palestinesi sono la popolazione con il maggior numero di rifugiati, 7.5 milioni in tutto il mondo.

Cosa significa vivere in esilio, essere rifugiati palestinesi? Che significato ha assunto il diritto al ritorno per i palestinesi all'interno e all'esterno della Palestina?
Il politologo Nassar Ibrahim, direttore dell'Alternative Information Center prende le distanze da analisi politiche che partono dall'assioma dell'applicazione del diritto internazionale: egli ritiene che sia possibile avvicinarsi al concetto di diritto al ritorno partendo da un'analisi sociale e culturale. La teoria è una cosa, la realtà un'altra.

Prima di visitare la Palestina abbiamo conosciuto questa terra attraverso gli occhi e i racconti dei rifugiati nei campi profughi di Siria e Libano: la Palestina per loro rappresenta una terra amata, agognata, una sorta di paradiso dal quale sono stati scacciati e verso dove desiderano tornare. 
Il campo di Yarmuk, a Damasco, è una realtà completamente separata e diversa da quella siriana, sembra di entrare in un limbo, in uno stato non stato, in un luogo di attesa per l'ascesa verso il Paradiso. I nostri amici sono giovani, sono i nipoti dei profughi del 1948, non hanno mai visto la Palestina se non attraverso foto, filmati, racconti di amici. Null'altro. Forse non sanno nemmeno che i loro villaggi di origine ora sono stati distrutti, che al posto delle loro case sorgono città israeliane.

“Quando arrivate in Palestina baciate la terra. Fatelo per me” ci ha detto 'Ali, un ragazzo del campo profughi di Nahr al-Bared (Libano) quando gli abbiamo detto che saremmo andati in Palestina. “Se morirò in questo campo, voglio che le mie ceneri vengano portate verso la terra che amo, verso la mia terra”.

All'interno della Palestina la realtà è diversa: ogni giorno si resiste contro l'occupazione, contro l'esercito israeliano, contro l'avanzamento del muro dell'Apartheid. La Palestina non è la terra paradisiaca che  i rifugiati immaginano e sognano, ma un luogo di conflitto quotidiano, di oppressione. C'è maggiore attenzione per i particolari, per ogni singola realtà, si resiste per ogni centimetro di terra. I palestinesi in questa terra hanno una maggior coscienza politica, sono nati e cresciuti sotto occupazione, sono stati arrestati, picchiati o maltrattati dall'esercito israeliano, e sono testimoni di continue violazioni dei diritti umani e di umiliazioni fisiche e psicologiche.

Per i rifugiati all'esterno della Palestina, la patria è un modello, un'idea.

“Cos'è la patria?” si domanda Kanafani nel suo libro Ritorno ad Haifa. “E' la casa che abbiamo abbandonato? L'albero di ulivo che ci è stato sottratto?”. Niente di tutto questo: è un'idea, è qualcosa di sacro, è un sogno, una questione per la quale lottare e morire. Com'è avvenuto il 15 maggio, quando quattordici persone sono state uccise ai confini con Libano e Siria. “Ci hanno sparato proiettili veri” racconta Mohammad, un ragazzo di 21 anni di Yarmuk, “tre martiri abitavano nel mio campo profughi”.

La Palestina assume le sembianze di una donna perfetta, di una madre dalla quale si è stati separati e verso la quale si desidera tornare: Ho nostalgia del pane di mio madre, del caffè di mia madre, della carezza di mia madre (Darwish, A mia madre).


Il ritorno non è più qualcosa di materiale ma diventa un'idea astratta, l'idea di Palestina che è sempre stata immaginata e sognata. La chiave stessa, che molti bambini hanno innalzato durante le commemorazioni per la Nakba come simbolo dello stato di rifugiati, non è più il mezzo per entrare nella vecchia casa ma è diventata un'immagine sacra, santa, una reliquia da conservare ed adorare.

“Pensavo che la casa fosse più bella della strada per raggiungerla, invece è esattamente il contrario” (Darwish). 

Così il diritto al ritorno si trasforma da questione politica a questione sociale e culturale. E' un'idea, un sogno, un oggetto sacro. Ed è proprio per questo che i palestinesi non rinunceranno mai a questo diritto.