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lunedì 23 luglio 2012 10:41

Morsi "libera" Gaza. Ma non troppo
di Emma Mancini



Da oggi libero accesso in Egitto per i palestinesi dei Territori. Ma Il Cairo non pensa a reali cambiamenti: Hamas in un angolo, i veri interlocutori sono USA, Fatah e Israele

Roma, 23 luglio 2012, Nena News - L'Egitto di Morsi apre i confini di Gaza. Questa mattina funzionari dell'aeroporto del Cairo hanno permesso il libero ingresso di cittadini palestinesi nel Paese: i primi ad essere autorizzati ad entrare nella capitale egiziana, senza gli usuali controlli di sicurezza e soprattutto senza visto, sono stati sette palestinesi provenienti da Gaza. Una decisione che vale per i residenti nei Territori Occupati - Gaza, Gerusalemme e Cisgiordania - e che rompe parzialmente il blocco dei confini della Striscia, imposto nel 2007 a seguito della vittoria di Hamas alle elezioni nazionali e l'assunzione del potere a Gaza. E se da fonti ufficiali egiziane non giunge ancora nessun commento, questa potrebbe essere la prima concreta presa di posizione del governo Morsi nei confronti della questione palestinese. Il neo presidente egiziano aveva incontrato la scorsa settimana sia il presidente dell'Autorità Palestinese Abbas che il leader di Hamas, Khaled Meshal. Durante il meeting tra i due rappresentanti dei Fratelli Musulmani in Egitto e Gaza, Meshal aveva definito l'elezione di Morsi l'inizio di una nuova era per i due popoli che sotto il regime di Mubarak si erano forzatamente allontanati: Mubarak aveva volontariamente isolato Hamas, spingendolo tra le braccia di Siria, Iran e Hezbollah. Eppure Morsi non ha mostrato nelle prime settimane del suo mandato una particolare vicinanza con la causa palestinese, soprattutto a causa delle pressioni statunitensi affinché confermasse il prima possibile il trattato di pace di Camp David firmato con Israele nel 1979. Così nell'incontro di giovedì scorso, Morsi e Meshal hanno per lo più discusso delle modalità per garantire a Gaza l'ingresso di gas e petrolio, necessari a far sopravvivere la debole economia locale strozzata dall'embargo israeliano. Senza dimenticare il tradizionale ruolo di mediatore tra Hamas e Fatah che l'Egitto di Morsi non intende abbandonare: durante la rivoluzione egiziana, Morsi - in qualità di leader dei Fratelli Musulmani - ha preferito rivolgersi a Fatah, rivale di Hamas in Cisgiordania, lasciando la cura delle relazioni con il partito islamista in mano all'intelligence egiziana. Il timore dichiarato di Morsi è che, attraverso l'eventuale sostegno egiziano, Gaza possa crescere separatamente dalla Cisgiordania, provocando un pericoloso squilibrio politico interno e annullando le speranze di creare uno Stato palestinese. E la volontà di bilanciamento tra le due fazioni palestinesi è apparsa chiara fin da subito. Khaled Alqazzaz, braccio destro di Morsi all'interno del partito dei Fratelli Musulmani e responsabile delle relazioni internazionali, ha recentemente detto che l'Egitto non avrebbe mai mostrato maggiore vicinanza ad Hamas rispetto a Fatah, ma avrebbe lavorato per un governo palestinese di unità nazionale. "Ci sono stati giocatori nel precedente regime che hanno sostenuto una solo parte - ha detto Alqazzaz - Noi saremo mediatori migliori. Collaboriamo con gruppi diversi per aiutarli ad unificare la loro voce". Infine, l'influenza di Washington che non intende mollare l'Egitto, avamposto strategico in Medio Oriente. Subito dopo la caduta di Mubarak, gli Stati Uniti hanno cambiato bandiera scoprendo nei Fratelli Musulmani - considerati associazione terroristica fino a poche settimane prima - un valido e credibile interlocutore. Stesso dicasi per Israele, subito corso a congratularsi con il neo presidente egiziano all'indomani della vittoria alle elezioni. L'obiettivo è salvare il trattato di pace del 1979, che garantisce a Tel Aviv un solido alleato nello scacchiere mediorientale. Un obiettivo che è anche egiziano: è vero che Morsi, per la sua storia politica e la sua appartenenza partitica, non può che mostrarsi vicino alla causa palestinese, ma è anche vero che la sua priorità oggi è governare il suo Paese, resistere alle brame di potere dei militari, stabilizzare l'economia. E sicuramente evitare di creare pericolose tensioni con Israele e Stati Uniti, tensioni che destabilizzerebbero ulteriormente un Egitto uscito da un anno di rivoluzione popolare. Insomma, Morsi non forzerà la mano. Continuerà ad essere fautore della riconciliazione nazionale tra Hamas e Fatah e non metterà in discussione la pace con Israele. Non ha alcuna fretta né capacità di generare nella regione cambiamenti profondi. La Palestina deve aspettare. Nena News