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29 novembre 2013

 “A Gaza come tra i canali di Venezia, ma con fiumi di liquami”
di Ramzy Baroud
traduzione di Giuseppe Volpe

La più recente punizione di Gaza può apparire come un altro familiare complotto per umiliare la Striscia con soddisfazione di Israele, dell’Autorità Palestinese di Mahmoud Abbas e del governo egiziano controllato dall’esercito. Ma qualcosa di più sinistro sta maturando.

Questa volta la punizione collettiva arriva sotto forma di liquami di fogna che stanno inondando molti quartieri della regione impoverita e dall’elettricità strozzata di 360 chilometri quadrati e 1,8 milioni di abitanti. Ancor prima della crisi più recente determinata da una grave penuria di elettricità e di carburante diesel solitamente contrabbandato dall’Egitto, Gaza era stata resa gradualmente inabitabile. Un rapporto generale dell’ONU affermava l’anno scorso che se non saranno presi provvedimenti urgenti Gaza diverrà “invivibile” entro il 2020. Dopo la pubblicazione del rapporto, nell’agosto del 2012, la situazione è peggiorata molto.

Nel corso degli anni, specialmente dopo l’indurimento dell’assedio israeliano di Gaza nel 2007, il mondo si è abituato a due realtà: il continuo piano di molte parti per indebolire e sconfiggere Hamas a Gaza e la stupefacente capacità di Gaza di resistere alla punizione inumana di un assedio, un blocco e una guerra continui.

Due guerre ignobili esemplificano questa idea: la prima è la guerra israeliana di 22 giorni nel 2008-09 (che uccise 1.400 palestinesi e ne ferì altri 5.500) e la seconda è la sua guerra più recente del novembre 2012, otto giorni di combattimenti che hanno ucciso 167 palestinesi e sei israeliani. Nella seconda guerra il presidente egiziano democraticamente eletto Mohammed Morsi era ancora al potere. Per la prima volta da molti anni l’Egitto si era schierato con i palestinesi. Grazie a ciò e all’inflessibile resistenza palestinese a Gaza, la Striscia ha miracolosamente prevalso. Gaza ha festeggiato la sua vittoria e Israele è rimasto in qualche misura a bada, non onorando ovviamente nel frattempo la sua parte dell’accordo mediato al Cairo consistente nell’attenuare gli stenti economici di Gaza.

In termini relativi sembravano migliorare per Gaza. Il valico confinario di Rafah tra Gaza e l’Egitto era in larga misura aperto e sia il governo egiziano sia quello di Hamas erano in costanti discussioni per trovare una soluzione economica sostenibile alle molte sofferenze di Gaza. Ma la cacciata, il 3 luglio, del presidente Morsi da parte del Generale Abdel Fatah al-Sisi ha cambiato tutto ciò. L’esercito egiziano ha operato un giro di vite vendicativo chiudendo il valico di confine e distruggendo il 90-95 per cento di tutte le gallerie che servivano a Gaza come principale ancora di salvezza e consentivano alla Striscia di resistere all’assedio israeliano.

Le speranze sono state cancellate rapidamente è la situazione di Gaza si è aggravata come mai prima. Naturalmente il Cairo ha trovato in Ramallah un alleato volenteroso che non ha mai cessato di colludere con Israele al fine di assicurarsi che i suoi rivali di Hamas fossero puniti, assieme alla popolazione della Striscia.

Citando dirigenti di Gaza il New York Times ha scritto il 21 novembre che 13 stazioni fognarie della Striscia di Gaza erano straripate o erano prossime a straripare e che centomila metri cubi di liquami non trattati finivano ogni giorno nel Mar Mediterraneo. “Il dipartimento dell’igiene può presto non essere più in grado di pompare acqua potabile nelle case di Gaza”, ha riferito il quotidiano.

Farid Ashour, direttore dell’igiene dei Servizi Idrici delle Municipalità Costiere di Gaza ha riferito al Times che la situazione è “disastrosa”. “Non abbiamo affrontato mai affrontato una situazione pericolosa come questa”, ha detto. Ma la situazione non è un caso che la situazione sia pericolosa o disastrosa com’è attualmente. In realtà è stato pianificato che lo fosse.

L’unico impianto energetico di Gaza è da anni un bersaglio prioritario dei velivoli militari israeliani. Nel 2006 è stato distrutto nel corso di un attacco aereo israeliano, per essere riaperto un anno dopo, solo per essere distrutto di nuovo. E anche se era a malapena al pieno del suo potenziale l’ultima volta che era stato operativo ha continuato a fornire a Gaza il 30 per cento del suo fabbisogno di elettricità di 400 megawatt. 120 megawatt venivano da Israele e quasi 30 megawatt dall’Egitto. Il totale era inferiore alle necessità fondamentali di Gaza ma in qualche modo sopravviveva. Dopo la cacciata di Morsi e il giro di vite dell’esercito l’insufficienza è oggi il 65 per cento del totale.

In un’intervista all’agenzia di stampa umanitaria dell’ONU, IRIN, James W. Rawley, il coordinatore umanitario per il Territorio Palestinese Occupato, ha dipinto una scena devastante in cui l’impatto della crisi ha raggiunto “tutti i servizi essenziali, compresi ospedali, cliniche, sistemi fognari e stazioni di pompaggio dell’acqua”.

Agli israeliani, d’altro canto, è andata molto bene dopo l’ultimo scontro con Hamas. “L’anno scorso è stato un anno magnifico”, è stata la citazione sull’Economist del comandante della divisione israeliana che “osserva” Gaza, il generale di brigata Michael Edelstein. Grazie alla forte riduzione del numero di razzi sparati da Gaza in rappresaglia per gli attacchi israeliani e per il continuo assedio (50 razzi quest’anno, contro i 1.500 dell’anno scorso), “i bambini nelle città israeliane di confine possono dormire nei loro letti anziché nei rifugi e non devono più recarsi a scuola in autobus blindati” secondo l’Economist del 16 novembre.

“Ma la reciproca promessa israeliana di aiutare la rinascita dell’economia di Gaza non è stata mantenuta”, ha riferito l’articolo. Israele ha fatto tutto quanto in suo potere per mantenere Gaza in uno stato di crisi, dal negare alla striscia i pannelli solari che avrebbero consentito una generazione autonoma di elettricità al blocco delle esportazioni di Gaza. “In frattempo Gaza sta marcendo”.

Alla disperata ricerca di rimedi immediati, il promo ministro di Gaza, Ismail Haniyeh, ha diffuso nuovi appalli a Mahmoud Abbas per un governo d’unità. “Dobbiamo avere un unico governo, un solo parlamento e un solo presidente”, ha detto Haniyeh in un recente discorso, così come citato dalla Reuters. Un portavoce di Fatah, Ahmed Assaf, ha lasciato cadere l’appello perché “non includeva nulla di nuovo”. Nel frattempo l’Autorità Palestinese ha deciso di interrompere i suoi sussidi per qualsiasi carburante inviato a Gaza via Israele, aumentando il prezzo a 1,62 dollari al litro rispetto ai precedenti 79 centesimi. Secondo Ihab Bessisso, dell’Autorità Palestinese, la decisione di revocare l’esenzione fiscale a favore di Gaza sul carburante è stata presa per inviare carburante a basso prezzo a Gaza “scorretto nei confronti dei residenti nella West Bank”, secondo il Times.

Ma la correttezza ha poco a che fare qui. Articoli dell’Economist, di Al Monitor e di altri media parlano di tentativi egiziani di reintrodurre il precedente capo della sicurezza di Gaza e leader di Fatah, Mohammed Dahlan, per accelerare il previsto collasso del governo di Hamas. Al Monitor ha scritto  il 21 novembre, un comandante di Fatah sconfitto da Hamas nel 2007 famigerato, tra altre ragioni, per i suoi stretti contatti con i servizi segreti israeliani, ha incontrato il generale al-Sisi al Cairo. Evidentemente lo scopo è di cacciare Hamas dalla Striscia di Gaza. Ma la questione è come. Alcuni “suggeriscono che una brigata palestinese raccolta a al-Arish potrebbe marciare su Gaza e, con l’appoggio dell’Egitto, sconfiggere il vasto schieramento di forze creato da Hamas nell’ultimo decennio”.

Con la Fratellanza Mussulmana di Morsi fuorigioco, almeno per ora, Gaza è più vulnerabile che mai. Alcuni dei sostenitori di Abbas e certamente Dahlan possono ritenere che il momento per sconfiggere i loro fratelli di Gaza sia ora.


Ramzy Baroud (www.ramzybaroud.net) è un consulente dei media, opinionista internazionale e redattore di PalestineChronicle.com. Il suo libro più recente è: ‘My Father was A Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story’ [Mio padre è stato un combattente per la libertà: la storia non narrata di Gaza] (Pluto Press).


Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: http://www.zcommunications.org/the-plot-thickens-gaza-is-flooded-with-sewage-and-conspiracies-by-ramzy-baroud.html

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