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25/11/2013

Iran, Obama allunga la vita alla Repubblica islamica
di Tommaso Canetta

La teocrazia ci guadagna in stabilità. Il miglioramento delle condizioni economiche rafforza gli Ayatollah. Chi perde è l’opposizione.

Non è tutto oro quel che luccica. L’accordo tra il “5+1” (Usa, Inghilterra, Francia, Russia e Cina, più la Germania) e l’Iran suscita perplessità e malcontento in più di un attore del grande gioco mediorientale, e non solo. La sospensione per sei mesi delle sanzioni sulla Repubblica Islamica iraniana, ottenuta in cambio di alcune concessioni all’Occidente sul programma nucleare, promette di portare circa sette miliardi di dollari nelle casse di Teheran. Un miglioramento, anche se lieve, delle condizioni economiche del Paese verrebbe sfruttato dal regime degli Ayatollah per legittimare la propria permanenza al potere, messa in crisi dalle proteste del 2009 e dal peggioramento delle condizioni di vita di milioni di iraniani, stretti tra disoccupazione e inflazione.

I primi “sconfitti” di questo accordo sarebbero quindi gli oppositori interni del regime. Quelli che contestano la teocrazia, a prescindere che abbia il volto buono di Rohani o quello arcigno di Ahmadinejad, o ancora quello della guida suprema, l’Ayatollah Khamenei. Quelli che speravano che agli scricchiolii sempre più forti del potere religioso seguisse un crollo. «L’intesa sicuramente rafforza la Repubblica Islamica nel suo complesso», spiega Pejman Abdolmohammadi, docente di Storia e istituzioni dei paesi islamici all’Università di Genova. «La questione è abbastanza complessa. I “falchi” del clero sciita e dei Pasdaran stanno già attaccando l’accordo raggiunto, sostenendo che ci si è spinti troppi avanti, ma si tratta del solito gioco delle parti. L’ala moderata rappresentata da Rohani e dal ministro degli Esteri Zarif è riuscita nell’impresa di ottenere al tavolo dei negoziati l’allentamento delle sanzioni, con conseguenze economiche favorevoli per la popolazione iraniana, stabilizzando di fatto la Repubblica Islamica. Questa è una cosa positiva per tutti i suoi sostenitori».

Gli oppositori invece come vivono questo accordo?
Questo nuovo posizionamento dell’Iran come interlocutore più responsabile nei colloqui con l’Occidente non conviene agli oppositori del regime. La stabilizzazione del potere teocratico è l’esatto contrario di quanto auspicano i giovani iraniani in primo luogo, ma non solo. che aspirano a una maggiore libertà.

La teocrazia esce da anni difficili, tra isolamento internazionale e sanzioni economiche...
Proprio per questo è stato eletto Rohani. La sua candidatura è stata la mossa dell’establishment della Repubblica Islamica per mantenersi al potere, magari concedendo qualcosa a livello internazionale sul nucleare ma ottenendo in cambio un miglioramento della situazione economica dello Stato. Fino a ora si era assistito al “roll-back” (Leggi anche: Come si può definire il rollback?) degli Usa nei confronti dell’Iran, che aveva indebolito tutti i suoi alleati e punti di appoggio esterni. La strategia sembrava essere quella del “regime change”. Ora invece la situazione pare cambiata.

Obama quindi ha “tradito” le aspettative di chi si oppone al regime?
In Iran c’è chi inizia a paragonarlo al presidente Carter…

La colpa che viene storicamente imputata a Jimmy Carter per quanto riguarda l’Iran è l’aver consentito che avvenisse la Rivoluzione islamica nel 1979 senza reagire. Adesso di cosa si accusa di preciso Obama?
Obama non intervenne nel 2009, quando ci fu l’Onda Verde, il movimento che contestava la rielezione “truccata” dell’ex presidente Ahmadinejad. E anche oggi persegue i propri interessi a discapito di quelli degli oppositori della teocrazia. La società civile iraniana, laica ma non solo, che contesta il potere degli Ayatollah è stata sacrificata. Nei corridoi persiani si comincia a sperare che alla Casa Bianca tornino i Repubblicani, e che comincino a dettare una nuova agenda americana per il Medio Oriente.

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