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19.02.2019

 

Chi si (ri)prende i foreign fighters?

Intervista a Andrea Margelletti

 

Il presidente Usa minaccia l’Europa intimandole di riprendersi indietro i foreign fighters detenuti in Siria. Un ricatto destabilizzante

 

Una situazione che dire caotica è poco. Tutto dipende dai diversi sistemi giudiziari. Nel luglio 2017 si stimava che il 30% dei 5mila miliziani dell’Isis provenienti dall’Unione Europea e diretti in Siria e in Iraq avessero fatto ritorno in patria, con punte del 50% in Gran Bretagna, Svezia e Danimarca. Quasi tutti tornati alla loro vita senza finire in carcere. In Italia, di 123 persone, tra cui gente con cittadinanza italiana o con permessi di soggiorno o anche italiani di nascita, ne sono tornati solo 13, tutti attentamente monitorati e alcuni finiti sotto processo. E’ in questo quadro che va collocato il solito tweet di Donald Trump, “sicuramente non coordinato con nessuno dei suoi più stretti collaboratori, come già avvenuto in passato”, spiega Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali. In sostanza Trump chiede a Francia, Germania e Regno Unito “di riprendersi i loro 800 jihadisti catturati dai soldati americani”, altrimenti saranno lasciati liberi. Gli Usa hanno già fatto troppo, aggiunge il presidente americano. In realtà, sottolinea Margelletti, i prigionieri dell’Isis sono detenuti dalle forze curde, a cui la Francia ha chiesto di occuparsene. Insomma, è “un pacco bomba” che nessuno vuole prendersi.

Che messaggio è sottinteso nella perentoria richiesta del presidente Usa, che a molti sembra un ricatto?

Va subito detto che il sistema giudiziario americano è diverso da quelli europei: possono anche ricorrere a sistemi di detenzione giudiziari extra territoriali, come hanno già fatto, cioè detenere delle persone in altri paesi. Il problema per noi europei è dunque di natura giuridica: a che titolo, per esempio, la giustizia italiana potrebbe mettere in carcere persone che per quanto siano terroristi o assassini efferati, non hanno commesso nulla in Italia?

Non ci si può, cioè, occupare di loro anche perché non hanno fatto qualcosa contro cittadini italiani?

No, in quel caso, ovunque un cittadino italiano venga colpito o rapito, la nostra giustizia agisce. L’episodio di Nassirya, per fare un esempio, non è meno grave per il solo fatto di essere successo in Iraq.

Quindi?

Il vero problema per noi, ma anche per gli altri paesi europei, è come possiamo procedere nei confronti di persone che non hanno pianificato o condotto attività contro l’Italia e gli italiani.

Trump ha detto che se Francia, Germania e Regno Unito non si prenderanno i loro foreign fighters li lascerà liberi. E’ un ricatto contro i propri alleati e che senso ha se non incrinare ancora di più i rapporti con l’Europa?

Ai tweet di Trump bisogna dare il loro peso. Non si è consultato con nessuno dei suoi più stretti collaboratori, né il vicepresidente Mike Pence alla conferenza di Varsavia ha parlato dell’argomento. Questo modo di fare dimostra perché la sua amministrazione continua a perdere pezzi.

Qualcuno ha ipotizzato che il suo sia un piano deliberato per destabilizzare la Siria in chiave anti-russa e anti-iraniana. E’ possibile?

No, questo non sta né in cielo né in terra. Tutti sanno perfettamente che non si può giocare col fuoco: i miliziani dell’Isis non si fanno strumentalizzare da nessuno.

Sta di fatto che se i prigionieri fossero liberati, si verrebbe a determinare una forte destabilizzazione, non è vero?

Sicuramente, e qui sta il problema. Gli americani hanno una politica estera che segue gli umori del presidente, questo è il dramma. Tra l’altro, la maggioranza di questi foreign fighters sono in mano ai curdi, non agli americani.

Non possono occuparsene loro, come ha richiesto la Francia?

I curdi a che titolo lo possono fare? Uno Stato curdo non esiste, sono o turchi o siriani o iracheni. Non a caso anche i curdi hanno chiesto agli Stati europei di riprenderseli.

E Assad, cosa farà?

Questo bisogna chiederlo ad Assad, ma credo che sia lui che i russi non abbiano alcuna intenzione di fare un favore a Trump, che si sta mettendo nei guai da solo.

In che senso?

Questa è una situazione di evidente imbarazzo, dalla quale adesso gli è difficile uscire. Quando si fa politica con i tweet, senza pianificare alcunché con gli alleati, si ottiene questo risultato.

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