Originale: Le Monde Diplomatique

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6 marzo 2019

 

Cambiamo l’Europa dal basso

di Yanis Varoufakis

traduzione di Giuseppe Volpe

 

La crisi finanziaria globale del 2008 – il modello crollo del 1929 – ha innescato una maligna reazione a catena in tutta Europa. Arrivati al 2010 aveva danneggiato irreparabilmente le fondamenta dell’eurozona, costringendo la dirigenza a piegare le sue stesse regole e a commettere crimini contro la logica per salvare i suoi amici banchieri. Al 2013 l’ideologia neoliberista che aveva legittimato la tecnocrazia oligarchica della UE aveva precipitato nella miseria milioni, persino attraverso la messa in atto di politiche ufficiali: socialismo per i finanzieri e dura austerità per i molti. Queste politiche sono state praticate tanto da conservatori quanto da socialdemocratici. Nel 2015 la resa del governo Syriza in Grecia aveva diviso e scoraggiato la sinistra, derubando l’Europa della speranza di breve durata che i progressisti sollevatisi in piazza avrebbero modificato l’equilibrio del potere.

Da allora la rabbia si è sommata alla disperazione creando un vuoto, presto colmato dalla misantropia organizzata di una Internazionale Nazionalista trionfante in tutta Europa e facendo molto felice Donald Trump. Sullo sfondo di una dirigenza che assomiglia sempre più alla Repubblica di Weimar e dei razzisti recalcitranti prodotti dalle forte deflattive della crisi, l’Unione Europea si sta frammentando. Con Angela Merkel in uscita e il programma europeo di Emmanuel Macron morto in partenza le elezioni europee di maggio potrebbero dimostrarsi l’ultima possibilità che hanno i progressisti per fare la differenza a livello pan-europeo.

Da quando è stato creato nel 2016, DiEM25 (Movimento per la Democrazia in Europa 2025) ha deciso di ricavare il massimo da questa opportunità. Prima abbiamo preparato il nostro programma, il Nuovo Patto per l’Europa. Poi abbiamo invitato altri movimenti e partiti ad aiutarci a svilupparlo e a creare, insieme, la nostra Primavera Europea, la prima lista transnazionale che persegue un programma politico comune in tutta Europa. Prima di discutere questo progetto, la sinistra deve affrontare due problemi che dividono e indeboliscono i progressisti in Europa: i confini e la UE.

 

Confini contro libertà di movimento

In anni recenti è successo qualcosa di molto strano: molti a sinistra hanno finito per ritenere i confini aperti un male per la classe lavoratrice. Jean-Luc Mélenchon di La France Insoumise ha detto diverse volte: “Non sono mai stato a favore della libertà di arrivo”. In un discorso sui lavoratori distaccati al Parlamento Europeo a luglio del 2016 ha detto che migranti stavano “togliendo il pane di bocca” ai lavoratori francesi. Da allora si è pentito di quell’affermazione, anche se le sue idee circa l’impatto dell’immigrazione sui salari francesi non è cambiato.

Non è una novità. Nel 1907 Morris Hillquit, il fondatore del Partito Socialista degli Stati Uniti, discusse una risoluzione per por fine alla “intenzionale importazione di manodopera straniera a basso costo”, sostenendo che i migranti erano una “riserva di crumiri inconsapevoli”. Quello che è nuovo è che gran parte della sinistra pare aver dimenticato la violenta reazione di Lenin nel 1915 alla richiesta di Hillquit di limiti all’immigrazione: “Pensiamo che non si possa essere internazionalisti e al tempo stesso a favore di tali restrizioni… Quei socialisti sono in realtà sciovinisti”.

Lenin aveva fornito il contesto in una articolo del 29 ottobre 1913: “Non possono esserci dubbi che la disperata povertà costringa da sola le persone ad abbandonare la loro terra natia e che i capitalisti sfruttino i lavoratori immigrati nella maniera più vergognosa. Ma solo i reazionari possono chiudere gli occhi al significato progressista di questo moderna migrazione delle nazioni… il capitalismo sta attirando le masse dei lavoratori del mondo intero… infrangendo barriere e pregiudizi nazionali, unendo i lavoratori di tutti i paesi”.

DiEM25 adotta l’appropriata analisi di Lenin: muri per limitare il libero movimento di persone e merci sono una risposta reazionaria al capitalismo. La risposta socialista consiste nell’abbattere i muri e consentire che il capitalismo indebolisca sé stesso, mentre organizziamo una resistenza transnazionale allo sfruttamento capitalista dovunque. Non sono i migranti a rubare il lavoro ai lavoratori nativi, ma l’austerità governativa, che fa parte della guerra di classe condotto nell’interesse della borghesia nazionale.

E’ per questo che siamo irremovibili sul fatto che alla xenofobia non deve mai essere consentito di contaminare il nostro programma. Come dice il mio amico Slavoj Zizek, un nazionalismo di sinistra è una reazione crudele e infruttuosa al nazional-socialismo. Così la posizione di DiEM25 circa i nuovi arrivati è che rifiutiamo di differenziare tra migranti e profughi. E sollecitiamo l’Europa a #LasciarliEntrare.

La strategia migliore della sinistra

Compagni in Europa ci definiscono utopisti e affermano che la UE non può essere riformata. Possono ben avere ragione. Così, a fini di discussione, ammettiamo che la UE sia irriformabile. La migliore risposta dei progressisti consiste nell’adottare la Lexit (la campagna di sinistra per la dissoluzione controllata della UE)? Alcuni dei miei ricordi più felici sono di aver parlato a grandi uditori in Germania nel 2015, subito dopo la resa di Syriza ad Angela Merkel e alla troika (il Fondo Monetario Europeo, la Banca Centrale Europea e la Commissione Europea). Volevano disperatamente comunicare che quello che era stato fatto alla Grecia non era stato fatto in loro nome, nel nome del popolo tedesco. Ricordo quanto erano sollevati nel sentire che DiEM25 chiede di formare un unico movimento transnazionale per unificare, per lottare insieme, per prendere il controllo delle istituzioni della UE – Banca Europea degli Investimenti (BEI), BCE, eccetera – e reimpiegarle negli interessi di tutti gli europei.

Posso ancora sentire la gioia dei nostri compagni tedeschi nel sentire la nostra idea di presentare candidati greci in Germania e candidati tedeschi in Grecia per significare che il nostro movimento è transnazionale, che intende impossessarsi delle istituzioni dell’ordine neoliberista dovunque e in una volta sola, non per sfasciarle ma per farle operare per i più a Bruxelles, Berlino, Atene, Parigi. Dovunque.

Si confronti questo con come si sarebbero sentiti se avessi detto loro che la UE era irriformabile e andava sciolta; che i greci dovevano tornare al loro stato nazione e cercare di costruire il socialismo là, mentre i tedeschi facevano lo stesso. Una volta che ci fossimo riusciti le nostre delegazioni avrebbero potuto incontrarsi per discutere la collaborazione tra i nostri stati nuovamente progressisti sovrani. I nostri compagni tedeschi si sarebbero indubbiamente sentiti abbattuti e sarebbero tornati a casa depressi, pensando che dovevano affrontare la dirigenza tedesca da tedeschi, non come parte di un movimento transnazionale.

Se ho ragione, non importa se la UE è riformabile o no, ma importa che avanziamo proposte concrete su ciò che faremmo con le istituzioni UE. Non proposte utopiche, ma descrizioni complete di che cosa faremmo questa settimana, il mese prossimo, l’anno prossimo, in base alle norme esistenti e con gli strumenti esistenti, come riassegneremmo il ruolo del tremendo Meccanismo Europeo di Stabilità, riorienteremmo gli alleggerimenti quantitativi della BCE e finanzieremmo immediatamente, e senza nuove imposte, una transizione verde e una campagna contro la povertà.

Perché una simile agenda dettagliata? Per mostrare agli elettore che un’alternativa esiste, anche all’interno delle regole ideate dalla dirigenza per promuovere gli interessi dell’un per cento al vertice. Nessuno si aspetta che le istituzioni della UE adottino le nostre proposte, men che meno noi. Tutto ciò che vogliamo è che gli elettori vedano che cosa potrebbe essere fatto, invece di ciò che viene fatto, cosicché possano non farsi ingannare dalla dirigenza e non rivolgersi alla destra xenofoba. Questo è il solo modo in cui la sinistra può evadere dai propri confini e costruire coalizioni progressiste all’estero.

Verso una costituzione democratica

Il Nuovo Patto per l’Europa di DiEM25 mira a questo; mostra come le vite della maggioranza delle persone possano essere migliorate nel breve termine in seno alle regole esistenti e con le istituzioni attuali. E traccia la trasformazione di queste istituzioni mentre progetta un processo di assemblea costituzionale che, le più lungo termine, condurrà a una costituzione democratica europea che sostituisca tutti i trattati esistenti. E dimostra come i nuovi meccanismi che introdurremo dal Giorno Uno possano aiutarci a raccogliere i pezzi se, nonostante i nostri sforzi migliori, la UE si disintegrerà.

Tutti parlano dell’importanza di una transizione verde. Quello che non dicono è da dove verranno i fondi e chi la pianificherà. La nostra risposta è chiara: l’Europa deve investire 2 trilioni di euro tra il 2019 e il 2023 in tecnologie verdi, energia verde, eccetera. Proponiamo che la BEI emetta un volume aggiuntivo dei suoi titoli, 500 miliardi di euro l’anno per quattro anni, e che la BCE annunci che, se il loro valore diminuirà, acquisterà tali titoli sul mercato obbligazionario secondario. Con tale annuncio, e il surplus di risparmio in tutto il mondo, la BCE non dovrà spendere nemmeno un solo euro, poiché i titoli della BEI andranno a ruba. Una nuova Agenzia Europea per la Transizione Verde, sul modello dell’Organizzazione per la Cooperazione Europa del Piano Marshall, precursore dell’OCSE, canalizzerà quei fondi a progetti verdi in tutto il continente.

Questa proposta non richiede nessuna nuova imposta, costruisce su un titolo europeo esistente ed è del tutto legale in base alle norme esistenti. Lo stesso vale per altre nostre proposte, quali il Fondo Contro la Povertà: proponiamo che miliardi di profitti del Sistema Europeo delle Banche Centrali (da attività acquistate attraverso l’alleggerimento quantitativo della BCE o dal sistema di pagamento Target2) siano utilizzati per offrire cibo, un tetto e sicurezza energetica a ogni europeo sotto la soglia della povertà.

Un altro esempio è il nostro piano per ristrutturare il debito pubblico dell’eurozona: la BCE media tra stati e mercati monetari per ridurre il carico totale del debito, ma senza stampare moneta o far pagare alla Germania, o garantire da essa, il debito pubblico dei paesi più indebitati.

Come dimostrano queste cose, il nostro Nuovo Patto combina piani tecnicamente competenti, attuabili nell’ambito del quadro esistente della UE, con un radicale allontanamento dall’austerità e dalla logica dei salvataggi della troika. E si spinge più in là, discutendo nuove istituzioni che preparino un futuro europeo post-capitalista.

Un piano per il post-capitalismo propone di socializzare in parte il capitale e gli utili dell’automazione: il diritto delle grandi imprese a operare nella UE sarà condizionato al trasferimento di una percentuale delle loro azioni a un nuovo Fondo Azionario Europeo. I relativi dividendi finanzieranno poi un Dividendo Universale di Base (UBD) da versare a ogni cittadino europeo indipendentemente dalle provvidenze dello stato sociale o dall’indennità contro la disoccupazione.

Le nostre proposte di riforma dell’euro sono un altro cambiamento radicale. Prima di impantanarci a modificare la carta della BCE, programmiamo di creare una piattaforma pubblica di pagamenti digitali in ogni paese dell’eurozona. Usando la piattaforma digitale esistente delle loro agenzie nazionali delle entrate, i contribuenti avrebbero la possibilità di acquistare crediti fiscali digitali che potranno usare per effettuare pagamenti tra di loro o per pagare imposte future con uno sconto considerevole. Tali crediti sarebbero denominati in euro ma trasferibili solo tra contribuenti di un singolo paese, cosicché sarebbero impermeabili a improvvise fughe di capitali.

I governi sarebbero in grado di creare un numero limitato di tali euro fiscali da versare ai cittadini in stato di bisogno o da usare per il finanziamento di progetti pubblici; gli euro fiscali consentirebbero a governi stressati di stimolare la domanda, ridurre il carico fiscale e alla fine ridurre il potere schiacciante della BCE e i costi dell’euro esistente (o della disintegrazione dell’euro). Nel lungo termine le piattaforme pubbliche di pagamento digitale formerebbero un sistema amministrato di euro specifici di ogni paese che opererà come un’Unione Internazionale di Compensazione, una versione moderna della visione del 1944 di John Maynard Keynes per il sistema di Bretton Woods che purtroppo non si concretizzò.

Il nostro Nuovo Patto per l’Europa è un piano onnicomprensivo per reimpiegare efficientemente le istituzioni esistenti nell’interesse della maggioranza, per pianificare un futuro verde radicale post-capitalista e per prepararci a raccogliere i pezzi nel caso di un collasso della UE.

 

Una primavera Europea è possibile

I grandi mali della sinistra sono la disunione e l’incoerenza. L’unità è cruciale ma non dovrebbe essere perseguita a spese della coerenza. Si consideri lo stato del partito della Sinistra Europea: come può attirare elettori il prossimo maggio quando in Grecia è rappresentato da un partito che, al governo, attua le misure d’austerità più dure della storia del capitalismo per conto della troika, mentre molti dei suoi principali ispiratori in paesi come Francia e Germania sono euroscettici?

Amici di sinistra benintenzionati chiedono: “Perché DiEM25 non si unisce a La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon o al movimento Aufstehen di Sahra Wagenknecht o Oskar Lafontaine in Germania? Come può la sinistra fare la differenza se non vi unite?” Il motivo è semplice: il nostro dovere consiste nel creare l’unità su fondamenta di un umanesimo radicale, razionale e internazionalista. Questo significa un’agenda comune per tutti gli europei e una politica radicale di un’Europa Aperta che riconosca i confini come cicatrici sul pianeta e i nuovi arrivi come benvenuti. Nulla di meno sarà sufficiente.

Il nostro invito all’unità è stato basato su un’idea semplice: DiEM25 ha invitato tutti i progressisti a partecipare alla stesura del nostro Nuovo Patto per l’Europa sulla base di un europeismo radicale umanista. Il nostro appello ha trovato risposta. Hanno aderito Génération-s (Francia), Razem (Polonia), Alternativet (Danimarca), DemA (Italia), MeRa25 (Grecia), Demokratie in Europa (Germania), Der Wandel (Austria), Actua (Spagna), Livre (Portogallo). Altri movimenti stanno aderendo ora. Insieme abbiamo formato la coalizione Primavera Europea che si candiderà a maggio all’elezione del Parlamento Europeo per promuovere il nostro progetto.

Il nostro messaggio alla dirigenza autoritaria dell’Europa: ci opporremo a voi mediante un programma radicale che è tecnicamente più sofisticato dei vostri. Il nostro messaggio agli xenofobi fascisti: vi combatteremo dovunque. Il nostro messaggio ai nostri compagni della sinistra europea: potete aspettarvi solidarietà illimitata da noi e un giorno i nostri percorsi convergeranno al servizio di un umanesimo radicale transnazionale.

 


Yanis Varoufakis è un economista ed ex ministro greco delle finanze (gennaio-luglio 2015). E’ il fondatore del Movimento Democrazia in Europa 2025 (DiEm25). 


Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/lets-change-europe-from-the-ground-up/

 

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