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26 ott 2015

 

Al-Nimr, la tragedia di Mina e l’aumento del razzismo arabo-persiano

di Giorgia Grifoni

 

Gli ultimi numeri diffusi da 35 paesi con quote di pellegrinaggio alla Mecca portano il bilancio complessivo dei morti nell’Hajj di quest’anno a quasi 2.200. L’Iran, che guida la classifica con 464 vittime, assiste ad un’ondata sempre maggiore di ostilità nei confronti dei sauditi che spesso sfocia nel razzismo contro gli arabi

 

Roma, 26 ottobre 2015, Nena News –

 

La Corte Suprema saudita ha respinto il ricorso contro la condanna a morte del religioso sciita Nimr Baqir al-Nimr, arrestato nel 2012 nella provincia di Qatif per aver sostenuto pubblicamente manifestazioni pro-democratiche e richiesto libere elezioni sulla scia delle cosiddette “primavere arabe” divampate l’anno precedente in molti paesi confinanti. Ora l’unica cosa che può fermare la decapitazione e la conseguente crocifissione di Nimr e di altri sei sciiti – tra cui suo nipote Ali, minorenne all’epoca del suo arresto – accusati di aver fomentato e partecipato alle sollevazioni contro gli al-Saud è la grazia di re Salman. Che, visti gli attuali sviluppi politici tra Riyadh e Teheran, sarà quasi impossibile da ottenere.

Se la minoranza sciita – che costituisce circa il 15 per cento dei cittadini del Regno – è da sempre discriminata dalle autorità saudite, le condanne a morte di alcuni membri della comunità che dovrebbero aver luogo prossimamente non passeranno certo in sordina. Nel biennio 2011-2013 una ventina di sciiti sauditi vennero uccisi dalla polizia nel corso di manifestazioni contro gli al-Saud: “terroristi morti durante gli scontri a fuoco” secondo le autorità, “manifestanti uccisi durante le proteste pacifiche” secondo gli attivisti locali. Dietro c’era lo spauracchio dell’influenza iraniana, spesso agitato dai funzionari sauditi durante le sparute critiche ricevute per la repressione violenta delle proteste nel proprio paese come quelle nel vicino Bahrain. L’esecuzione dei sette detenuti, secondo alcuni analisti sentiti dalla Reuters, potrebbe ora costare molto alla monarchia wahhabita, dal momento che porterebbe una nuova ondata di proteste favorita dal miglior posizionamento dell’Iran nella comunità internazionale e dalla sua rinnovata potenza nello scacchiere regionale.

La guerra fredda tra i due colossi mediorientali non si limita infatti solo ai conflitti regionali nei quali entrambi hanno un peso importante: Siria, Yemen e, in misura minore, Iraq e Libano.  L’ostilità tra i due paesi, i maggiori riferimenti delle due principali sette dell’Islam, è stata recentemente riaccesa dal disastro dell’ultimo pellegrinaggio alla Mecca, durante il quale la folla che si apprestava ad eseguire il rituale lancio delle pietre contro il diavolo è rimasta bloccata in un gorgo umano e schiacciata a morte. Se le autorità saudite parlano di non più di 769 vittime, i numeri dei morti di ciascun paese che ha inviato quote di fedeli al hajj nel loro complesso rivelano un bilancio molto più alto: quasi 2200 morti, ovvero il più sanguinoso incidente della storia del pellegrinaggio islamico. Lo rivela un report dell’AFP, che ha pubblicato le cifre diffuse da ognuno dei 35 governi che hanno perso cittadini a Mina.

L’Iran guida la classifica dei morti al pellegrinaggio, con 464 vittime accertate. Non solo le autorità di Teheran si sono ferocemente scagliate contro la gestione saudita della tragedia – minacciando boicottare il hajj fino a nuovo ordine – e dell’intero pellegrinaggio, che quasi puntualmente ospita “incidenti” mortali in cui sono coinvolte centinaia di persone. Ora gli animi si accendono sempre di più anche tra i cittadini iraniani, soprattutto tra gli internauti. Il portale al-Monitor fa notare come siano sempre più diffusi commenti di odio nei confronti dei sauditi, giudicati “teppisti indegni di ospitare i pellegrini di Dio”, con commentatori che chiedono il passaggio del hajj a un “Consorzio di paesi islamici”, facendo notare che “dieci milioni di persone si riuniscono a Karbala durante la cerimonia dell’Ashura ogni anno, e non c’è neanche un naso sanguinante. Ma gli al-Saud non sono in grado di gestire un numero inferiore di pellegrini”.

Dall’ostilità nei confronti degli al-Saud a quella verso gli arabi in generale il passaggio è breve. Sempre lo stesso articolo del portale al-Monitor passa in rassegna i commenti radicali di alcuni internauti iraniani nei confronti degli arabi, commenti che spaziano dalla tragedia di Mina alla partita di calcio della Champions League asiatica tra il Persepolis iraniano e il Nassr saudita – partita durante la quale Mehdi Taremi, autore dell’unico gol, ha fatto con la mano il gesto del taglio della testa verso i tifosi della squadra rivale – passando per i commenti gratuiti di personaggi pubblici iraniani, come gli attori Amir Jafari e Akbar Abdi. Sui social media iraniani e sauditi sono sempre più scatenati nel mostrare la propria superiorità, gli uni rivendicando la propria “persianità”, gli altri deridendo i nemici per la loro versione “eretica” dell’Islam.

Ma la lotta irano-saudita non si limita ai social network e alle scaramucce diplomatiche: alle rispettive accuse, da parte di funzionari statali, di occupare territori terzi – Teheran starebbe occupando “terre arabe” in Siria, secondo il ministro degli Esteri saudita Abd al-Jubeiri, mentre il portavoce degli esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha accusato Riyadh di occupare lo Yemen – i media sauditi starebbero puntando sempre di più il dito sull’Ahwaz – o Khuzestan – regione sud occidentale dell’Iran al confine con Iraq e Kuwait abitato da una maggioranza di arabi, una zona che lamenta discriminazione e abbandono da parte delle autorità di Teheran con manifestazioni in passato represse dalle autorità della Repubblica islamica. Stando a un documentario diffuso lo scorso aprile dalla tv di stato saudita al-Ikhbariyya, il Khuzestan sarebbe stato descritto come un territorio arabo occupato da forze persiane. E il noto uomo d’affari emiratino Khalaf Ahmad al-Habtoor ha recentementa lanciato un appello per la “liberazione dell’Ahwaz arabo”. In questo clima, difficile che la decapitazione dei prigionieri sciiti non provochi una reazione importante. Nena News

 

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