L'ASSEDIO VIENE RIMOSSO 1:9

Il 7 dicembre, decido di andare a Grbavica per sentire l'opinione del sindaco sull'accordo di Dayton. Il ponte della Fratellanza e dell'Unità é cambiato da quando fù aperto la prima volta, ora é ingombro da sacchetti di sabbia, autoblindo e filo spinato, i giovani militari francesi lo presidiano giorno e notte, dormendo nei bunkers e sui blindati. Un ufficiale francese mi accompagna nell'attraversamento del ponte, informandomi che ci sarà una manifestazione di protesta e raccomandandomi di essere prudente. L'accesso non é certo migliorato dal marzo 1994. Oltre le barricate, un camminamento porta nelle strade del quartiere serbo. Il paesaggio non é diverso da quello di Sarajevo, sulle bancarelle del mercato sono esposte le stesse merci, anche le protezioni dalla vista dei cecchini bosniaci, sono le stesse.
Entro in Comune, dove alcuni giovani stanno preparando i cartelli e gli striscioni per la manifestazione, che si terrà più tardi davanti alla barricata che sorge sul ponte. In Comune vengo invitato a partecipare ad un incontro tra il Sindaco sig. Katic e una delegazione composta da cinque ufficiali dell'UNPF, sono i signori; Raza, ufficiale dell'esercito Pakistano, Anwar, maggiore dell'esercito del Bangladesh, Kopca, ufficiale dell'esercito della Repubblica Ceka, Kozhanov dell'esercito Ucraino, Conwai, esponente irlandese del QG UNPF Sector Sarajevo, oltre a me e al Sindaco Katic, ci sono anche tre interpreti. Sediamo attorno ad un tavolo rotondo, nell'ufficio del Sindaco, con lo stemma cetnico delle Aquile Bianche appeso alla parete, e la bandiera jugoslava accanto a quella greca.
Katic: - Chi é il comandante di settore?-
Conwai: - Il gen. Bachelet é il comandante di settore al momento.-
Katic: - Chi sarà in futuro?-
Conwai: - Il gen. Bachelet, mi piacerebbe.-
Katic: - Il gen. Bachelet dà ordini da Parigi, oh ... ?-
Conwai: - No, é in servizio, siamo ai suoi ordini tutti i giorni.-
Raza: - Vorrei mettervi a conoscenza del proposito della nostra visita, vorremmo venire a Grbavica ad incontrare la gente comune e a raccogliere le loro impressioni sugli accordi di pace e i loro sentimenti a questo proposito. La pace é qualcosa di molto importante per la vita umana e, dopo questa guerra sanguinosa, solo oggi possiamo vedere un pò di pace. Tutti, da ambo le parti, hanno fatto molti sacrifici, per cui la pace é il proposito più importante per ognuno di noi e naturalmente anche per voi. Ieri, visitando il mercato, abbiamo avuto l'opportunità di parlare con qualcuno ed é questo che desideriamo continuare a fare nei prossimi sei o sette giorni, per poi potere riferire al QG di settore. Inoltre vorremmo assistere alla dimostrazione che avrà luogo oggi.-


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Katic: - Dimostrazione é un termine duro, questo di oggi sarà un meeting, perché nella nostra lingua, la dimostrazione si svolge in un contesto più duro, che può includere la distruzione.-
Raza: - Ok, vorremmo assistere al meeting, così, naturalmente, saremo in grado di testimoniare i sentimenti del popolo.-
Katic: - Io e la struttura politica del Comune, non abbiamo organizzato questo meeting, abbiamo solo dato la nostra autorizzazione. Io, come Sindaco, non dirò una parola, perché vogliamo che parli il popolo e sarà il popolo a parlare, perché il meeting é stato voluto dai cittadini di Grbavica. La vostra presenza é bene accetta e non ci saranno problemi, faremo del nostro meglio per farvi sentire sicuri e a vostro agio. Ci saranno due poliziotti con voi per tutto il tempo e una o più interpreti. Potrete andare dovunque, ma non sulla prima linea perché ci sono molte mine, inoltre essendo voi dei militari, non sarebbe opportuno.-
Raza: - Vi siamo molto grati per il supporto che ci fornite, vi siamo anche grati per l'interesse che avete per la nostra sicurezza. Come interprete abbiamo Dina con noi, ma chiunque altro vorrà accompagnarci andrà benissimo. Ieri il QG ha informato i giornalisti del meeting di oggi e ci aspettiamo che vengano numerosi a coprire l'evento.-
Katic: - Non ci sono problemi, abbiamo ordinato alla nostra milizia, sul ponte, di non creare problemi al transito dei giornalisti che vogliono venire ad assistere al meeting.-
Raza: - Ma ora vorrei tornare al proposito della nostra visita e chiedere la vostra opinione sugli accordi di Dayton, quali saranno i problemi dalla BiH e di Sarajevo, una volta che la pace sarà instaurata?>
Katic: - Ho lavorato qui negli ultimi tre anni e mezzo, ci sono stati molti cessate il fuoco e molti accordi, ma la guerra continua. Gli accordi di Dayton, tuttavia, sono qualcosa di diverso. La prima buona decisione presa in quegli accordi é che, finalmente, la pace é stata concordata e tutte le parti sono soddisfatte. Comunque in tutte e tre le parti, ci sono persone che non accettano questi accordi di pace. Essi sono almeno il 10%, sia tra i serbi che tra i croati e i musulmani. Non vogliono che venga la pace, perché vorrebbero che questa guerra continuasse. Per questa ragione vorrei assegnarvi un poco di protezione. La mia opinione personale, come uomo e come cittadino, come Sindaco e come rappresentante politico, sugli accordi di Dayton é molto positiva, sia per la pace che per il cessate il fuoco. In questo senso i cittadini della Repubblica Serba e la sua leadership, sono soddisfatti degli accordi di pace. Il nostro governo, a tutti i livelli, farà tutto il necessario perché l'evento possa continuare e ponga fine alla guerra. Non posso sapere cosa succederà tra due, tre, cinque o dieci anni, ma gli accordi di Dayton ci garantiscono di mantenere la nostra costituzione, il nostro esercito e la nostra polizia, e questa prospettiva avrà i suoi effetti sulla vita futura. In questo momento non siamo interessati a confederarci con la Federazione Jugoslava. Ci saranno elezioni democratiche e, in seguito, vorremmo unirci alla Comunità Europea. Credo che questi accordi di pace siano possibili per noi, ma se penso con emozione al futuro, credo che sarà normale e naturale la nostra unione alla Federazione Jugoslava, ma non sono in grado di prevedere ora, quali sviluppi politici produrrà il futuro. Oggi, il problema é, come voi sapete, che i serbi di Sarajevo sono molto contrariati da questi accordi. Per prima cosa dovete sapere che prima della guerra, vivevano a Sarajevo 200.000 serbi, oggi sono circa 130.000 nella parte serba di Sarajevo. In seguito agli accordi, dovrebbero vivere sotto l'autorità della Federazione croato-musulmana di BiH, perché il nostro territorio, nei piani di Dayton, si trova in quella Federazione e non nella Repubblica Serba. Ora, come uomo, come cittadino e come Sindaco, non posso rimanere sotto un'autorità che mi é estranea. Noi non esercitiamo pressioni politiche sui nostri cittadini, ma i serbi lasceranno la città e andranno a vivere nei territori della Repubblica Serba, in ordine ai termini degli accordi di pace. Tutto ciò che sta succedendo oggi, in relazione al meeting, dimostra la libertà con cui ci si prepara al referendum, che si terrà il 12 dicembre, attraverso le porte del Comune. In questo senso, l'assemblea del Comune vuole mostrare al mondo intero che abbiamo un sistema democratico. Siamo stati chiamati dal mondo intero aggressori e occupatori, il nostro esercito é stato giudicato fascista e comunista, per queste ragioni sono i civili ad organizzare il meeting, senza alcuna influenza della polizia ne dell'esercito. Siamo stati accusati di imporre la pulizia etnica, ora il mondo ci impone la sua pulizia etnica. Questa Federazione, pensata a Dayton, funziona solo sulla carta ed é fatta in modo da chiudere gli occhi alla comunità internazionale. In realtà all'interno della Federazione sono molto separati, per esempio a Kiseljak vivono solo croati, Mostar poi é caratteristica. Ma considerando solo i nostri problemi, quello che sò é che i serbi lasceranno tutti i territori inclusi nella Federazione; Grbavica, Ilidza, Hadzici, Ilijas e Vogosca. Noi per primi non vogliamo la guerra, noi vogliamo avere relazioni di buon vicinato con i bosniaci, per potere avere, in futuro, degli scambi economici così come con il resto del mondo. I serbi di Lukavica produrranno generi agricoli e li venderanno al mercato di Sarajevo, comprando i blue jeans e le altre cose che i musulmani comprano in Italia e in altri paesi. Così anche i musulmani andranno a vendere le loro merci a Lukavica. Io ho perso la mia cittadinanza jugoslava, anche se non per mia volontà, e adesso non voglio essere bosniaco, voglio essere un serbo nella Repubblica Serba. Penso a cosa direbbe questo signore italiano, se qualcuno volesse imporgli di essere svizzero o francese, certamente non sarebbe d'accordo. In questo senso siamo tutti nazionalisti, perché a ognuno piace la propria nazione.-

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Cucci: - Prima di venire a Sarajevo, ho incontrato alcuni amici bosniaci, che vivono ad Ancona, con loro c'era una ragazza serba, i suoi anziani genitori vivono nei pressi di Ilidza, dove hanno una casa con trenta ettari di terra, essi dicono alla figlia che dovranno andarsene. Ciò che desidero chiedere é, se non ci possa essere una via di mezzo perché possano restare a vivere sulla loro terra, anche sotto l'autorità della Federazione?
Katic: - No, non c'é. Anch'io avevo una casa a Bistrikt, ma l'ho dovuta lasciare. Mio padre ha sessant'anni, vive in una casa con cinque ettari di terra, non ha fatto il soldato e non potrebbe essere accusato di crimini di guerra, ma se ne andrà via anche lui.-
Cucci: - Per questo l'ho domandato, perché penso che tutte queste persone, specialmente gli anziani, siano molto attaccati alla loro terra e alla loro casa e, non avendo preso parte alla guerra, non vedo nessuna ragione per temere le autorità della Federazione.-
Katic: - Non deve pensare che la nostra politica sia di forzare le persone ad andarsene, chi vuole restare potrà farlo, auguriamo loro un prospero futuro. Ma, parlando con la mia gente, ho avuto l'impressione che i serbi vogliano andarsene. E ce ne sono anche altri che non hanno nessuna intenzione di andarsene e rimarranno per combattere. Non ci può mai essere un consenso totalitario, ma al momento sò con certezza che la maggioranza della popolazione vuole andarsene, sono circa il 90%. Essi non vogliono neppure continuare la guerra, vogliono vivere in pace. In futuro dovremo costruire nuove città, case e appartamenti, a causa di questa risoluzione e degli eventi che la seguiranno, ma oggi speriamo di vedere posporre il termine del nostro spostamento, perché l'inverno ci renderebbe molto difficile lasciare il territorio, sarebbe molto più facile in luglio o in agosto.-
Anwar: - Lei ha detto che il 12 dicembre ci sarà un referendum, può chiarircene gli aspetti più importanti?-
Katic: - Il referendum avrà luogo il 12 dicembre, dalle H.07.00 alle H.19.00. I risultati saranno resi noti la mattina seguente, 24 ore prima della conferenza di pace di Parigi. La domanda che sarà posta é: Essendo a conoscenza degli accordi di Dayton, volete voi rimanere sotto l'autorità della federazione di BiH?-
Raza: - Il referendum si terrà in tutta la Repubblica o solo quì?-
Katic: - Solo la popolazione che vive nella parte serba di Sarajevo andrà a votare. Sappiamo di non poter cambiare gli accordi di Dayton ma, l'ho già detto, la risposta sarà negativa, non perché lo voglio io come Sindaco, ma perché lo vuole la gente.-
Raza: - Si, ho capito, é un processo democratico. Bene, ora avrei un'altra domanda, ma dovrebbe mantenere la sua mente aperta. Comprendiamo che la popolazione vive quì da centinaia d'anni, ed é molto difficile per la gente partire dalle proprie case, capisco anche che la popolazione che vive in questa parte di Sarajevo non voglia rimanere sotto l'autorità della Federazione. Pur non avendo molta confidenza con le parti in causa, non vorrei vedere una nuova migrazione di massa da questa parte della città, verso altri territori. E' nei termini dell'accordo raggiunto a Dayton, che gli abitanti di questa parte di Sarajevo, dovrebbero potere continuare a viverci. In questo caso, il problema più importante é l'assoluta sicurezza dei serbi che vivono quì. Quali garanzie, il vostro governo, vuole vedere attuate per la sicurezza di chi desidera continuare a vivere quì?-
Katic: - Primo, l'ONU sà bene che siamo cittadini di Sarajevo da molto tempo, anche se la comunità internazionale pensa che siamo venuti da altre parti della Jugoslavia, per occupare questo paese, noi siamo di questi luoghi e non veniamo da altri paesi. Inoltre noi non chiediamo nessuna garanzia, perché abbiamo la nostra dignità. Nell'attuale costituzione della Federazione di BiH é scritto che essa é costituita da croati, musulmani e altri, i serbi non vogliono essere gli altri. Il sig. Kofi Anna, il sig. Karl Bildt e il gen. Bachelet, hanno garantito di fronte a me la sicurezza dei serbi, in seguito alla venuta delle forze NATO, io rispetto il gen. Bachelet, come uomo e come generale, ma posso credere solo all'esercito serbo e al popolo serbo, non voglio rimanere nella Federazione, andrò a vivere a Lukavica, nel territorio della Repubblica Serba e il mondo dovrà riflettere sulla pulizia etnica.-
Raza: - Le siamo molto grati per la calda ospitalità che ci ha offerto, grazie ancora.-
La manifestazione si tiene davanti alla barricata, eretta nella primavera del 1992, che sbarra l'accesso al ponte della Fratellanza e dell'Unità. Sul palco, un grande cartello porta la scritta "Può essere stato un uomo a pensare il piano di Dayton?", un mostro verdastro dipinto con l'aerografo, campeggia sotto la scritta, sullo sfondo nero. La gente affluisce a gruppi, ci sono molti giornalisti, qualcuno fà notare al suo vicino che c'é anche la CNN. Giovani e bambini scandiscono slogans levando le tre dita, nel segno tradizionale della cultura serbo-ortodossa. Anche un piccolo in braccio alla mamma, con la cuffietta di lana rossa calata sugli occhi, alza le tre dita candide, ed é felice di identificarsi con la sua comunità. Alcuni militari si fanno una foto di gruppo, chiedo loro cosa ne pensano della situazione. - Io penso che non sia bene andare.- dice uno di loro, - Andiamo, andiamo, va bene, ancora un pò e non ci saranno più serbi qui. Questo é il genocidio, dovreste dirlo, voi giornalisti! - aggiunge un secondo.

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La folla aumenta, iniziano gli interventi dal palco. - Siamo tutti per Sarajevo, siamo tutti per la pace, ma mi chiedo che cosa ne sarà della città serba di Sarajevo? Sarajevo é la nostra città, fà parte di noi e non abbiamo nessuna città di riserva. Tutto ciò che vogliamo é la pace, la libertà e la nostra città. Vogliamo vivere e studiare in una Sarajevo serba e avere il diritto alla pace e alla dignità che hanno gli studenti in tutte le altre città del mondo. Non possiamo dimenticare che, per quattro anni di guerra civile e religiosa, abbiamo combattuto e abbiamo ottenuto la Repubblica Serba e la sua capitale serba, Sarajevo! E adesso gli stranieri pensano di poter guidare le nostre vite, di ritagliare il nostro destino. Possono, questi stranieri, chiamare noi, nati a Sarajevo, aggressori?- - Nooo!- - Come possiamo noi, nati a Sarajevo, essere gli aggressori della nostra città? Gli studenti e i cittadini della Sarajevo serba, non lasceranno la loro città ne il loro focolare, quì siamo nati e quì resteremo. Non concederemo neanche un pezzo della Sarajevo serba, perché la Sarajevo serba siamo noi! Di chi é questa Sarajevo?- - Serbaaa!- - Di chi sarà questa città?- - Nostraaa!- Mentre la folla risponde entusiasta all'arringa dell'oratore, un ragazzetto adolescente, si arrampica su di un albero, estrae una pezza bianca su cui ha disegnato la bandiera bosniaca e l'incendia.
Un cetnico dai lunghi capelli neri, lo guarda accarezzandosi la folta barba. Intanto un'altro giovane oratore raggiunge il palco su di una sedia a rotelle. - Cari concittadini, dopo cinque anni di menzogne su di noi é venuto il momento in cui, almeno una piccola parte della nostra verità giunga a conoscenza del mondo. I turchi e i musulmani hanno occupato tutta Sarajevo, i nostri nemici di oggi, sono i figli degli occupanti di ieri. Io avevo un appartamento non lontano da qui, adesso ci abita un musulmano venuto da chissà dove. Ci viva pure. Dopo che i cecchini di Sarajevo hanno tentato di uccidere mia madre, sono andato a vivere nella mia casa di campagna a Ilidza. Ho perso anche le gambe in questa guerra e adesso mi dicono vai via, il mondo vuole una pace sanguinosa, perché vuole mandare via 150.000 persone dalle loro case! E' difficile che qualcuno possa mai mandarci via da qui, solo passando sui nostri cadaveri, i musulmani potranno entrare nella Sarajevo serbaaa! Non subiremo mai la loro democrazia fondamentalista! Tutto ciò che vogliamo é la vita, la libertà e la pace. Vita e libertààà!

La precoce oscurità invernale, cala ben presto sulla città, mentre le parole scompaiono nel buio, insieme alle persone, che pensano già a come e dove potranno rifugiarsi quando verrà l'ora di andare. Nessuno crede più veramente alla possibilità di conservare la propria indipendenza in quei territori intorno a Sarajevo che passeranno alla Federazione croato-musulmana. La manifestazione é stato solo uno sfogo, ma dove li porterà quell'esodo che affiora sempre più realistico nelle menti di tutti?

Anche a Vogosca incontro il Sindaco, sig. Rajko Koprivica. Mentre salgo le scale del Comune, provo un senso di imbarazzo e di paura, ricordando che in questa cittadina, i cetnici rastrellavano le donne musulmane per poi sgozzarle dopo averle violentate. Comunque il Sindaco ha l'aspetto pacifico, anche se le sue idee sono ovviamente drastiche come quelle del suo collega di Grbavica.

- Per me Dayton é una sentenza di morte per il popolo di Vogosca e per il popolo serbo di Sarajevo. Un irragionevole atto dei potenti del mondo, che non capiscono e non vogliono capire questo popolo. Noi abbiamo quì le nostre radici da 500, 1.000 anni!! Se vogliono applicare gli accordi di Dayton in questa zona, noi dovremo andare via, strappare i nostri alberi e andarcene. Non possiamo vivere sotto il potere dei musulmani, per questo abbiamo fatto la guerra. Non rimarrà nessuno, andremo a vivere sotto le tende, piuttosto di vivere con loro. Molta gente che ha vissuto nella parte musulmana durante la guerra, quando viene da noi, ci racconta molte cose e noi sappiamo bene come sono fatti i fondamentalisti musulmani. Essi non sono più i nostri vicini, con i quali abbiamo vissuto insieme nella ex Jugoslavia, sono diventati dei vampiri nazionalisti con il loro capo, Alija Izetbegovic e i suoi fondamentalisti.Il sig. Izetbegovic é stato in prigione, in passato, a causa del suo nazionalismo e fondamentalismo, lui ha molti simpatizzanti nel mondo arabo e ne riceve gli aiuti. Oggi, purtroppo, ha anche l'appoggio degli Stati Uniti e dell'Europa, e questo mi meraviglia tanto. I serbi che voteranno al referendum, si rifiuteranno di vivere sotto l'autorità dei musulmani, lo potete chiedere alle persone anziane, così come ai bambini, nessuno di loro vuole vivere con i musulmani. Non abbiamo un posto dove andare, ne le case, abbiamo solo il cielo sopra di noi e le tende. Andarcene così, senza niente, nel periodo invernale, sarebbe terribile. Noi speriamo che i "signori" ci lasceranno un poco di tempo, almeno fino all'estate. Oggi sono andato al funerale di una mia cugina, suo fratello é morto in guerra, da soldato, ma sua madre ha voluto seppellirlo in una cassa di metallo, perché quando deciderà di andarsene lo porterà con sé. Tutti vogliono andare via, e vogliono portare con sé anche i morti.-


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Il 12 dicembre, i 130.000 abitanti dei territori serbi intorno a Sarajevo, votano NO al'unanimità, non vogliono vivere sotto l'autorità nemica. Il 14 dicembre, durante la conferenza di Parigi, i tre Presidenti dei Balcani, si incontrano per formalizzare gli accordi di pace raggiunti a Dayton. Contemporaneamente a Sarajevo, i serbo-bosniaci di Grbavica, aprono nuovamente il fuoco sulla città assediata, lanciando missili anticarro sulle case di Marindvor, nei dintorni dell Holiday Inn, altre esplosioni e colpi di armi automatiche si sentono provenire dalla linea dell'assedio. Nei giorni seguenti i cecchini avviano una nuova stagione di agguati. Mentre nel mondo, la soddisfazione per la formalizzazione dell'intesa é unanime. L'accordo comprende l'invio di un corpo di spedizione di 60.000 uomini della NATO, che sostituiranno i caschi blu dell'ONU. L'operazione, denominata "Implementation Force (IFOR)" é finalizzata a consentire l'adempimento del piano di pace, sarà agli ordini dell'ammiraglio Leighton Smith, ex capo di Stato Maggiore della NATO per il sud Europa. L'ONU, difensore dei diritti umani, si appresta a chiudere la sua missione in Bosnia, una delle più lunghe e pericolose della sua storia. Sono 241 i caschi blu rimasti uccisi e 1.451 quelli rimasti feriti. Ora, i mezzi bianchi dell'ONU, vengono sostituiti da quelli verdi e neri della NATO e i caschi blu da quelli mimetici. Subito dopo la conferenza, i cargo della NATO iniziano a scaricare il materiale e le truppe dell'IFOR, che si tratterranno in Bosnia per dodici mesi. I marines americani sono destinati al settore nord, mentre il contingente italiano, con oltre duemila uomini, viene destinato all'area di Sarajevo e Gorazde, sotto il comando del più numeroso contingente francese. I bersaglieri della brigata Garibaldi, saranno dislocati a Vogosca e Grbavica, con compiti di pattugliamento sulla strada per Gorazde e su quella per Kakani. Per più di trenta giorni, sulla strada che dalla Dalmazia porta, attraverso Mostar, a Sarajevo, si incontrano colonne di carristi con gli elmetti piumati lunghe kilometri, che risalgono lentamente le gole montagnose della Bosnia, verso la loro missione.
Il calendario degli adempimenti obbligatori degli accordi di pace di Dayton é chiaro e non sembra che la NATO sia disponibile a dilazionarne le date. Posto il D day = 14 dicembre, data della formalizzazione degli accordi di Dayton, alla conferenza di Parigi: Entro il D + 7 = 21 dicembre, é previsto l'abbandono e il trasferimento delle posizioni lungo tutto il fronte dell'assedio. Entro il D + 30 = 13 gennaio, tutte le bande armate di civili saranno sciolte e disarmate. Tutte le forze militari non locali, lasceranno la Bosnia. Le forze armate locali si sposteranno fuori dalle zone di separazione e non ci saranno più armi ne esplosivi all'interno delle zone di separazione.
I campi minati verranno circoscritti, le mine saranno distrutte o rimosse dalle zone di separazione e dalle aree indicate dall'IFOR (Sono oltre 6.000 le aree minate, in tutta la Bosnia. ndr). Saranno costituite commissioni militari miste, che provvederanno lo spostamento delle truppe, delle armi e dei missili terra-aria, oltre i 10Km dalla linea del cessate il fuoco. Tutte le forze armate saranno spostate al di fuori delle zone di separazione di Sarajevo. Inizierà il trasferimento e il rilascio dei prigionieri. Verranno aperti negoziati subregionali per il controllo degli armamenti. L'IFOR provvederà alla smilitarizzazione delle zone di separazione e alla sicurezza delle aree di trasferimento fino al D + 91. Entro il D + 45 = 28 gennaio, tutte le forze provvederanno allo sminamento e alla raccolta delle mine nelle aree di trasferimento. Entro il D + 91 = 14 marzo, L'IFOR passa la responsabilità della sicurezza nelle aree di trasferimento alle forze armate locali. Entro il D + 120 = 12 aprile, avverrà lo spostamento delle forze e delle armi in aree cantonali. Tutte le altre forze saranno smobilitate. Le commissioni militari forniranno i rapporti sui trasferimenti.
Vado a parlare con Andrea Angeli, faro dei giornalisti di tutto il mondo, nel suo incarico di addetto stampa dell'ONU, a Sarajevo prima e a Zagabria e Spalato poi; gli chiedo: - Alla luce di due dati storici, che vedono la comparsa della bandiera dell'ONU nelle mani dell'esercito americano, per la prima volta sul 38° parallelo, in Corea, e la seconda volta durante la più recente guerra del golfo, in Kuwait, cosa pensi che possa accadere oggi, quando il mandato dell'ONU passa nelle mani della NATO?-
- Per particolari circostanze, o per dimensioni del conflitto, o per problemi di leadership di chi deve guidare la missione, che vuole maggiore autonomia di manovra, il Consiglio di Sicurezza delega ad una forza multinazionale di mettere in piedi un'operazione militare e di assumerne il comando. E' chiaro che, quando il Consiglio di Sicurezza autorizza una forza multinazionale a sostituire i caschi blu, tradizionalmente impiegati in missioni di peace keeping, si tratta di un conflitto di non facile soluzione, dove la situazione é particolarmente complessa e non é certa la volontà delle parti di cooperare. Comunque la missione dell'ONU in Bosnia non é conclusa, ma continua con un contingente di 1.700 poliziotti di vari paesi, che avranno il compito di sorvegliare le zone serbe di Sarajevo che dovranno passare sotto l'amministrazione bosniaca. Inoltre, tutte le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite, l'UNHCR, l'UNICEF, la WHO, l'UNESCO, la FAO ecc ... continueranno nel loro lavoro come sempre.-

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- Qual'é l'esperienza umana del funzionario dell'ONU, inviato a Sarajevo a rischiare la sua vita, in nome della pace e della libertà dei popoli?-
- E' una missione impossibile, ha detto il Segretario Generale. Rispetto alle altre missioni, coloro che hanno servito a Sarajevo nei momenti difficili, porteranno sempre con sé il ricordo delle fasi più delicate, delicatissime di Sarajevo. Molti di noi hanno servito in altre missioni, dove ci sono state sofferenze e devastazioni, però Sarajevo rimarrà sempre in tutti noi, anche a distanza di anni. Sono certo, che anche i colleghi che hanno servito con noi, solo per un certo periodo di tempo, fino a ché non sentiranno la parola fine, del conflitto in ex Yugoslavia, rimarrà sempre in loro una grande amarezza, nessuno, anche a distanza di migliaia di kilometri, potrà dimenticare.
Per quelli come noi, invece, che siamo ancora qui, ogni notizia positiva che viene, non solo é una soddisfazione personale perché é anche frutto del nostro lavoro, ma é un motivo di sollievo perché tutti noi, veramente, aspettiamo con ansia di vedere una Sarajevo nuova.-
S'interrompe commosso, poi prosegue con la voce increspata dall'emozione.
- Siamo rimasti segnati molto più che altrove, perché innanzitutto nelle fasi difficili, a Sarajevo eravamo molto pochi, noi civili non eravamo più di dieci e ci sentivamo attori in prima persona, in una cosa senz'altro più grande di noi.-
- Mi sembra che nonostante tutto, questo dare la vita, mi riferisco ai 240 morti dell'ONU, oltretutto senza poter rispondere al fuoco, in difesa della libera convivenza e di tutto ciò che l'ONU rappresenta, sia la cosa migliore che emerge. A mio modo di vedere é un comportamento eroico.-
- E' giusto parlare di atti eroici per tanti uomini e donne che sono morti, molti di loro erano probabilmente volontari, molti di loro erano giovani e semplici soldati, qualcuno anche civile, ma certamente non avevano un disegno diverso da quello di portare aiuto e di alleviare le sofferenze.-
La viglia di Natale, proiettili traccianti sibilano intorno ad un elicottero inglese che sta evacuando alcuni bambini, feriti nei recenti massacri di Tuzla, verso l'ospedale di Sarajevo.

L'8 gennaio viene chiuso il ponte aereo dell'UNHCR che, dopo 1.285 giorni di dura e coraggiosa lotta in difesa del diritto al minimo indispensabile per alimentarsi, con oltre 30.000 voli, ha assicurato la sopravvivenza della popolazione assediata.

In una grigia mattinata di gennaio, mi unisco, insieme ad una troupe RAI e ad alcuni giornalisti francesi, ad un plotone dell'IFOR, durante una missione di pattugliamento nel quartiere di Grbavica. Il capitano francese, spiega gli obbiettivi della missione: - La prima cosa é raccogliere informazioni sulla popolazione e sui loro sentimenti, verificare se lasciano il quartiere, o se bruciano le case. Poi c'é la seconda parte, più specificamente militare, che consiste nel verificare se ci sono ancora dei soldati o delle armi nella zona di separazione, marcare le zone minate e segnare le mine. E, infine, mostrare che l'IFOR va là dove deve andare senza preavviso e senza chiedere alcun permesso.-


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Il giorno seguente vado ad Ilidza, sulla strada ci sono alcuni venditori e venditrici di benzina, qui l'embargo non é ancora stato levato: - Dove trovate la benzina?- - Ma niente, non si trova più niente, non possiamo più difendere quello che é nostro e ora dobbiamo andarcene. Avevo della terra vicino a Kiseljak, un appartamento a Kosevsko brdo a Sarajevo e altra terra vicino a Visoko. Ho perso tutto, ci mandano via come hanno fatto con gli indiani d'america. Prendono la nostra terra e ci mandano via.- - Quando sei sfollato da Sarajevo?- - Nel '92, all'inizio della guerra, il 4 aprile. Il primo aprile i musulmani volevano ammazzare i serbi, ma voi occidentali li avete sostenuti. Volevano ammazzarci tutti, ma noi non lo abbiamo permesso, nemmeno tu lo permetteresti se io volessi ucciderti. Nessuno può capire un piccolo uomo, una volta ero capo in un'azienda e ora vendo la benzina di queste taniche, mi capisci? I miei hanno vissuto qui per più di 500 anni, ed ora abbiamo perso tutto.- - I musulmani hanno tradito la loro cultura, hanno voluto inginocchiarsi per pregare, ma loro, sono di qui, sono serbi, non sono arrivati dal Bangladesh. Noi non siamo insorti per combattere contro di loro, ma abbiamo chiesto i nostri diritti.-
- Nessuno può essere aggressore in casa propria.- - Da qui fino a Marindvor era terra serba.- - Izetbegovic ha scritto la "Dichiarazione Islamica", perché non ne ha scritto una bosniaca, per tutte le etnie? La gente non vuole vivere sotto il suo regime, siamo stati insieme nella Jugoslavia, ma loro ne sono usciti, mentre noi abbiamo scelto di rimanere. Oggi non vogliamo stare sotto il loro regime, perché sappiamo di cosa si tratta, abbiamo sofferto per 500-600 anni, fin dalla battaglia del Kosovo.- - Non ci sono moschee a Ilidza, ci sono solo chiese ortodosse, di moschee nemmeno una. Ce ne sono a Hrasnica, ma quì no, questa zona é serba, "pulita" fino a Kobiljaca verso Kiseljak, é tutta zona serba. Se lei é stato a Osjek ha potuto vedere le case a tre piani, case private, e ora i proprietari le devono lasciare e pensare cosa farne; bruciarle, o minarle. Quì ci sono appartamenti di tre camere, ma noi li lasceremo e nessuno potrà obbligarci a rimanere. Non possiamo restare a vivere sotto i loro artigli.-
Il Comune di Ilidza é situato in un vecchio edificio di legno e mattoni, all'interno i corridoi sono spogli, solo un portacenere, in cima a tre aste di ferro, investito dalla luce della finestra intorno al corridoio, lascia la sua lunga ombra sulla moquette un poco ammuffita che ricopre lo stretto pavimento del corridoio. La camera dove ci riceve il vice Sindaco, Velibor Veselinovic, presidente dell'SDS locale, é ingombra di tavoli ma le sue pareti sono spoglie, anonime.

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- Il nostro Comune é formato da più parti; a ovest, dove sono i croati c'é Kobiljaca, un'altra parte é dietro Sokolovic Kolonja e Hrasnica, e comprende i villaggi di Vojkovici, Grlica, Kasindol e Krupac, poi ci sono le zone uno e quattro di Dobrinja. Tutti questi territori sono sotto l'autorità e il controllo del Comune di Ilidza, il cui Sindaco é il sig. Prstojevic e io sono il suo vice. Durante la guerra, la popolazione civile si é rifugiata qui a Ilidza, dai villaggi sulla prima linea, e oggi ritornano ai loro villaggi perché li ritengono più sicuri di Ilidza, dove l'amministrazione bosniaca verrà ad installarsi.-
- Cosa ne pensa dell'esodo?-
- Non é ancora un vero e proprio esodo, la gente porta in salvo i loro mobili e le loro proprietà, per poi ritornare a Ilidza, in attesa degli sviluppi diplomatici che cambieranno l'amministrazione di questo territorio.
Il popolo serbo non é soddisfatto degli accordi di Dayton perché, dopo essere sopravvissuti per quattro anni nei loro territori, difendendoli con le armi, oggi quegli accordi cancellano i risultati della guerra condotta da questa gente. Da quando é iniziata questa guerra, con molte vittime da ambo le parti, i serbi di quest'area non possono fidarsi degli estremisti musulmani, ne della loro leadership. Essi ricordano ancora il primo attacco da parte dei musulmani di Sokolovic Kolonja e Hrasnica, all'inizio della guerra. Oggi alle H.11.00 una nostra delegazione si incontra a Sarajevo con la controparte bosniaca, per parlare degli accordi di Dayton, della trasformazione della comunità e delle forniture infrastrutturali. Se le delegazioni di ambo le parti, che discutono il piano di pace in presenza del sig. Karl Bildt, non troveranno alcuna soluzione possibile, allora e solo allora buona parte della popolazione lascierà definitivamente quest'area. Molti di essi vorrebbero rimanere, perché questa é la loro terra, essi sono nati quì e ci hanno vissuto per centinaia d'anni, ma se la propaganda musulmana continuerà come al solito, a rifiutare i serbi, allora avremo un vero e proprio esodo. E' stata concessa un'amnistia che esclude i criminali di guerra, questo non é ragionevole, perché tutti i serbi saranno considerati criminali, poi tutto verrà coperto da macchinazioni politiche e diplomatiche. Per questo chiederemo un'amnistia totale per ambo le parti.-
- Dove andranno i civili che lasceranno il Comune di Ilidza?-
- Abbiamo già pianificato e organizzato i locali per l'accoglienza, e anche gli spazi per la distribuzione degli aiuti umanitari, tutto avverrà sotto il controllo della polizia e sarà coordinato da questo Comune.-
Il 31 gennaio, cade l'ultimo bastione dell'assedio, le barricate sul ponte della Fratellanza e dell'Unità, vengono rimosse senza preavviso dall'IFOR. Le polizie, alle due estremità del ponte, sono sorprese, sia i bosniaci che i serbi non hanno ordini specifici e la gente può continuare a transitare solo se é sulla lista giornaliera dei legittimati.
Nei giorni che seguiranno, una compagnia di carristi della brigata Garibaldi, insediati da poco nel quartiere di Grbavica, sostituirà i soldati francesi sul ponte, sorvegliandolo e garantendo il libero transito dei civili. Un poliziotto serbo, mi racconta la sua emozione nel vedere che la barricata é stata rimossa, dopo quattro anni di guerra. - Quando ho lasciato Sarajevo, qualcosa dentro di me si é rotto. Ora vorrei tornare alla mia casa, ma ho paura di quello che i musulmani potrebbero farmi. Molto sangue é stato versato e ci vorrà del tempo, prima di poter vivere di nuovo insieme.- Sono passati 50 giorni dal plebiscito referendario del 12 dicembre e la nostalgia già serpeggia nei cuori dei miliziani serbi, che amavano Sarajevo, come chiunque altro ci abbia vissuto almeno un parte della sua vita. Tuttavia l'esodo dei serbi dalle zone che passeranno sotto l'amministrazione bosniaca, continua incessante. Sono lunghissime le file degli automezzi stracarichi, che percorrono la strada che fiancheggia l'aeroporto, passando nel mezzo delle zone minate del fronte, per raggiungere i territori della Repubblica Serba.

9:9

Nel mese di marzo, quando l'esodo é ormai esaurito iniziano, nei territori abbandonati, gli incendi e i saccheggi. A Ilidza bande armate terrorizzano il sobborgo, depredando e razziando i pochi abitanti che hanno deciso di rimanere. Mentre una buona parte degli edifici vengono dati alle fiamme. Anche Grbavica brucia, i bersaglieri arrestano alcuni giovani incendiari, indispettiti e amareggiati da quella separazione forzata dopo quattro anni di guerra feroce. Alcune donne anziane, prigioniere delle fiamme che ardono al piano sottostante, vengono salvate dai soldati italiani. Una donna serba si fà esplodere una bomba a mano in seno. Una donna bosniaca con la sua bambina, rimangono vittime dell'esplosione di una mina, mentre visitano la loro casa, abbandonata all'inizio dell'assedio. Gli episodi di violenza si moltiplicano, anche bande di bosniaci in cerca di vendetta e di bottino, terrorizzano i serbi rimasti ad Ilidza, derubandoli. Sempre a Ilidza, poliziotti bosniaci vengono assaliti da alcuni giovani serbi. Un giornalista locale, viene rapito e poi liberato dai bersaglieri a Grbavica.
L'anarchia e la rabbia accendono gli ultimi fuochi intorno all'assedio poi, il 19 marzo, un corteo di bosniaci, civili, poliziotti e autorità entra con le bandiere a Grbavica. Sarajevo é finalmente riunificata, l'assedio é stato rimosso per sempre. Rimangono i rancori, le nostalgie, i rimpianti. Rimane la distruzione di centinaia di appartamenti, palazzi interi crollati sotto l'accanimento dei mortai. Rimangono le mine, nelle case deserte, senza più infissi ne termosifoni. Rimangono le fabbriche completamente smantellate delle zone industriali di Ilidza e Vogosca. Rimangono i cimiteri abbandonati perfino dai morti, che hanno seguito l'esodo dei loro famigliari. Alla mezzanotte si concludono anche le operazioni di smilitarizzazione delle zone di separazione, una fascia larga 4Km, che corre lungo tutto il fronte bosniaco per 1.030Km, dividendo la Federazione di Bosnia Herzegovina dalla Repubblica Serba.


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