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18 ottobre 2013

#19O. Fuori dal copione
di Alberto Zoratti

Gli assediati dai mercati provano a Roma a cambiare una rappresentazione scontata. Potrà essere il primo passo di un allargamento dell’opposizione sociale alle politiche di austerità se parole come creatività, consenso, determinazione saranno il cuore delle migliaia di donne e uomini in cammino. L’obiettivo, e la responsabilità, sono alti. Garantire una nuova stagione di lotte e di conflitti alla portata di tutti. Perché l’allargamento del dissenso è il primo passo per un cambiamento permanente. Diversamente, il rischio è un consolidamento dello status quo.

Il 18 ed il 19 ottobre la devastazione passa per Roma. Ma in un modo ben differente da quello atteso, e forse sperato, da Repubblica e Il Tempo, in questa situazione travolti in un vortice di amorosi sensi. E’ la devastazione dei territori e delle vite di ognuno che verrà raccontata, gridata, mostrata da migliaia di persone in cammino che hanno scelto l’opposizione frontale all’austerity. La devastazione di cui stiamo parlando parla di vite al limite, come quella raccontata da un cassintegrato lucano che spedisce ad un media locale il suo dramma di cinquantenne senza lavoro. O come quella dell’ex lavoratore della Merloni, interrotta da una busta di plastica in un bagno qualsiasi di un ospedale umbro. O quella patita da un territorio come la Val di Susa e dalle tasche dei contribuenti nel caso vengano spesi i miliardi promessi per il TAV. O dal mar Mediterraneo e dalla Basilicata, nel caso le prospettive di maggiori estrazioni petrolifere previste nella Strategia Energetica Nazionale venissero pedestremente applicate.

Oppure la devastazione subita dai non privilegiati, con le varie approvazioni delle Leggi di stabilità degli ultimi anni che forse risolveranno pure i mal di pancia dei mercati, ma lo fanno al prezzo di un 40 per cento di disoccupazione giovanile, di un aumento esponenziale della precarietà, di una continua spinta alla privatizzazione dei servizi talmente pressante che ha preso la forma dello stalking.

La filosofia criminale che ha ispirato la devastazione in Grecia, ultimo vero e proprio laboratorio di macelleria sociale, prova a variegarsi in altri Paesi, Italia compresa. Perché dopotutto i PIGS, se veramente maiali sono, rischiano una fine indegna.

Il progetto di austerity non solo è riproducibile nelle linee generali, ma anche nello spettacolo che mette in scena. Ad ogni ciak corrisponde un’azione, ed i registi sono pronti ad applicare una trama già vista. Diversi teatri, uno stesso palcoscenico, simili attori. Per avere il consenso del pubblico ed un’approvazione generalizzata a tutto l’impianto, bisogna che i protagonisti si muovano come ci si aspetta lo facciano.

Non una battuta in meno, non un passetto in più.

Consenso. E’ questa la parola d’ordine, perché il sistema dei privilegi e delle caste sociali, quello del famoso 1 per cento di Zuccotti Park, si mantiene creando illusioni, nascondendo il saccheggio a suo profitto di diritti e risorse dietro il falso paravento della libertà d’impresa e di mercato. E dimostrando che l’alternativa è il caos.

L’opposizione sociale, permanente, efficace, incisiva, si costruisce con l’apertura di spazi di partecipazione e di aspro conflitto. Come sottolinea Gustavo Esteva dalle pagine della Jornada, il principale obiettivo  è “cercare un’articolazione efficace delle larghe coalizioni di scontenti”, riprendere le fila di un cammino comune ma tenendo insieme i fini da raggiungere ai mezzi necessari per farlo.

E’ finito il momento delle alchimie politiche o del narcisismo dei movimenti. Se ci fosse un decalogo dei crimini morali, il politicismo associativo e la pura estetica di piazza dovrebbero essere inseriti tra i primi. Obiettivo sostanziale, oggi, è e dovrà essere mostrare che la strada è un ulteriore spazio di conflitto e di opposizione, ma in modo che garantisca la partecipazione permanente di tutte e di tutti.

Chi sarà a Roma in questi giorni rischia di fare un peccato di semplificazione che potrebbe mettere le basi di un immaginario scontato e già visto. La verità, quella che si sarebbe dovuta comunicare, è che in questi giorni non ci saranno a Roma gli assedianti ma gli assediati. Sono quelli che giorno dopo giorno si trovano sui loro territori le truppe armate dei mercati, che hanno la faccia del taglio del servizio pubblico, del licenziamento pendente, della cassa integrazione, magari in deroga, che non arriva.

Una sollevazione, per essere generale, deve partire dal cuore e dai bisogni delle persone comuni. E sarà tale solo se così verrà descritta e raccontata da altri, non perché così è stata presentata e lanciata di chi l’ha proposta. Le parole sono fondamentali e sono il punto di partenza nella creazione delle molte realtà possibili, ma se quella più probabile è trovarsi di fronte a una grande manifestazione, ma circondata da milioni di persone in attesa degli eventi, c’è qualcosa che non funziona in questa rappresentazione.

Il copione che ci hanno imposto va stracciato e la trama va cambiata. Perché il dissenso del pubblico e la cacciata dei registi sono l’obiettivo fondamentale di una piéce rappresentata da una compagnia di donne e uomini liberi e determinati, e non di una banale messa in scena incapace di cambiare una stagione già vista.

Creatività, determinazione, capacità di creare consenso. A partire dalla forza delle alternative che tutti i giorni  costruiamo sui nostri territori.

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