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31 luglio 2014

Ormai l'estremismo è diventato maggioranza, da una parte e dall'altra
di Vanna Vannuccini

Gerusalemme. La Basilica della Dormizione di Maria, sul monte Sion, è una delle chiese più imponenti di Gerusalemme. Meta da sempre di pellegrini, ha attirato anche l'interesse dei media da quando, alla vigilia della visita di papa Francesco, qualcuno ha appiccato il fuoco all'altare.

Padre Nikodemus Schnabel, le violenze colpiscono spesso anche i cristiani?

"Sempre più spesso. Si tratta di violenze gratuite, fatte come rivalsa a eventi che vengono percepiti come dannosi per i coloni, colpiscono indiscriminatamente anche i palestinesi cristiani. Accanto alla basilica c'è una yeshiva della diaspora che ospita studenti che vengono dalle colonie: per molti facinorosi è diventata una sorta di open house".

Dopo la visita del Papa, e dopo quella di Abbas e Peres in Vaticano, la guerra a Gaza ha cancellato ogni speranza?

"Paradossalmente l'agitazione era cominciata già con il tentativo di John Kerry di riaprire il negoziato di pace. Gli israeliani si sono sentiti minacciati, si poteva vedere chiaramente su Facebook e sui social media. Per un po' hanno taciuto. Ora, con Gaza, è come se per molti il mondo fosse tornato in ordine: ci sono di nuovo i buoni e i cattivi, i giusti e gli ingiusti. Da entrambe le parti: per gli uni il desiderio è fuori gli ebrei, per gli altri fuori i palestinesi. Quello che mi fa paura è che queste posizioni estreme non sono più sostenute da piccoli gruppi, ma da una larga maggioranza. I militanti saranno forse il 10 per cento, ma l'impressione è che le loro posizioni siano diventate maggioranza, per cui le voci critiche, le voci moderate, non si sentono più. Nessun palestinese osa dire che quello che fa Hamas non è resistenza ma terrorismo e nessun israeliano che la risposta israeliana a Gaza è sproporzionata e moralmente ingiustificabile. Nessuno osa dire che una soluzione militare non c'è".

Come cambiare questa situazione?

"Bisognerebbe saper ascoltare. Palestinesi e israeliani dovrebbero confrontarsi con le due narrazioni contrapposte dei traumi dei due popoli: la shoah per gli ebrei, questa terribile macchina dello sterminio, e la nabka per i palestinesi, la catastrofe dell'espulsione. Invece sono bravissimi entrambi a comunicare la loro sofferenza ma incapaci di vedere il dolore dell'altro. Gerusalemme è lo specchio di questa incapacità. I turisti che vengono qui s'illudono di trovarsi in melting pot di popoli e di religioni, ma ogni comunità vive nel proprio mondo, con le proprie storie fondative e identitarie, e non sa nulla del mondo del suo vicino".

La religione ha delle colpe?

"Riconosco che è legittimo farsi questa domanda perché è molto facile abusare della religione, da quando è diventata un'àncora di identità. Mentre la nazionalità tende a scomparire, quello che era la nazione nel secolo scorso è diventata oggi la religione: non si muore più per la Germania o l'Italia ma per Allah o per Dio. Ed è facile sedurre i giovani, disorientati in questo mondo globalizzato, con risposte troppo facili".

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