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dicembre 5, 2014

La Città Dissacrata
di Uri Avnery
Traduzione di Marlene Barmann

Nella sua lunga e travagliata storia, Jerusalem è stata occupata da dozzine di conquistatori. Babilonesi e Persiani, Greci e Romani, Mamelucchi e Turchi, Britanni e Giordani – per citarne solo alcuni. L’ultimo occupante è Israele, che ha conquistato e annesso Gerusalemme nel 1967.

(Avrei potuto scrivere “Gerusalemme Est”. Ma tutta la Gerusalemme storica è oggi a Gerusalemme Est. Tutte le altre parti sono state costruite negli ultimi 200 anni dai coloni Sionisti, oppure circondano dei villaggi arabi che sono stati arbitrariamente uniti alla vasta area che viene oggi chiamata Gerusalemme dopo l’occupazione.)

Questa settimana, Gerusalemme era in fiamme – di nuovo. Due giovani di Jabel Mukaber, uno dei villaggi arabi annessi a Gerusalemme, sono entrati in una sinagoga nella parte occidentale della città durante le preghiere del mattino e hanno ucciso quattro ebrei devoti, prima di essere se stessi uccisi dalla polizia.

Gerusalemme è chiamata la”Città della Pace”. Questo è un errore linguistico. È vero, in antichità si chiamava Salem, che suona come la pace, ma Salem era infatti il nome della divinità locale.

E’ anche un errore storico. Nessuna città al mondo ha visto tante guerre, stragi e spargimento di sangue quanto questa.

Tutto in nome di qualche Dio o altro.

Gerusalemme è stata annessa (o”liberata”, o”unificata”) subito dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967.

Quella guerra è stata il più grande trionfo militare di Israele. E ‘stato anche il più grande disastro di Israele. Le benedizioni divine della incredibile vittoria si sono trasformati in punizioni divine.

Gerusalemme è stata una di queste.

L’annessione ci è stata presentata (io ero un membro della Knesset, allora) come unificazione della città, che era stata crudelmente fatta a pezzi nella guerra israelo-palestinese del 1948. Tutti hanno citano la frase biblica:”Gerusalemme è costruita come città salda e compatta” (Jerusalem is built as a city that’s compact together). Questa traduzione del Salmo 122 è piuttosto strana. L’originale ebraico dice semplicemente”una città che è unita e indivisa”.

In realtà, ciò che è accaduto nel 1967, era tutt’altro che unificazione.

Se l’intento fosse stato veramente l’unificazione, ciò avrebbe avuto un aspetto molto diverso.

La piena cittadinanza israeliana sarebbe stata conferita automaticamente a tutti gli abitanti. Tutte le proprietà arabe perse a Gerusalemme ovest espropriate nel 1948, sarebbero state restituite ai loro legittimi proprietari che erano fuggiti a Gerusalemme Est. Il municipio di Gerusalemme si sarebbe ampliato per includere gli arabi della parte Est, anche senza richiesta specifica. E così dicendo.

È accaduto il contrario. Nessuna proprietà è stata restituita, né vi sono stati pagati indennizzi. Il comune è rimasto esclusivamente ebraico.

Agli abitanti arabi non è stata concessa la cittadinanza israeliana, ma semplicemente la”residenza permanente”. Questo è uno status che può essere arbitrariamente revocato in qualsiasi momento – e infatti così è stato in molti casi, costringendo le vittime a spostarsi fuori città.

Per salvare le apparenze, gli arabi sono stati autorizzati a chiedere la cittadinanza israeliana. Le autorità sapevano, naturalmente, che solo una piccola parte avrebbe fatto richiesta, perchè così facendo si sarebbe dato riconoscimento al fatto dell’occupazione. Per i palestinesi, sarebbe stato paragonabile al tradimento. (E comunque, ai pocchi che l’hanno richiesta, gli è stata negata).

Il comune non è stato ampliato. In teoria, gli arabi hanno il diritto di voto alle elezioni comunali, ma è solo una manciata a farlo per le stesse ragioni. In pratica, Gerusalemme Est rimane territorio occupato.

Il sindaco, Teddy Kollek, fu eletto due anni prima dell’annessione. Uno dei suoi primi atti dopo l’elezione è stato quello di demolire l’intero quartiere Mugrabi accanto al Muro Occidentale, lasciando un grande piazzale vuoto simile ad un parcheggio. Gli abitanti, tutti povera gente, sono stati sfrattati in poche ore.

Ma Kollek era un genio nelle pubbliche relazioni. Egli apparentemente ha stabilito relazioni amichevoli con i notabili arabi, li ha presentati ai visitatori stranieri e ha creato un’impressione generale di pace e soddisfazione. Kollek ha costruito più quartieri israeliani in terra araba di qualsiasi altra persona nel paese. Eppure questo specialista di colonizzazione, ha raccolto quasi tutti i premi mondiali per la pace, ad eccezione del Nobel. Gerusalemme Est è rimasta in silenzio.

Pochi sapevano di una direttiva segreta da parte di Kollek, che impartiva istruzioni a tutte le autorità comunali per fare in modo che la popolazione araba – allora il 27 % – non diventasse al di sopra di tale livello.

Kollek è stato abilmente sostenuto da Moshe Dayan, allora ministro della Difesa. Dayan credeva nel mantenere i palestinesi tranquilli, dando loro tutti i benefici possibili tranne la libertà.

Pochi giorni dopo l’occupazione di Gerusalemme Est lui ha rimosso la bandiera israeliana che era stata piantata dai soldati di fronte alla Cupola della Roccia sul Monte del Tempio. Dayan ha anche affidato l’autorità de facto sul Monte alle autorità religiose musulmane.

Gli ebrei sono ammessi nel recinto del tempio solo in piccoli gruppi e solo come visitatori silenziosi. Gli è proibito pregare là, e sono rimossi a forza se muovono le labbra. Dopo tutto, possono pregare quanto vogliono nell’adiacente Muro Occidentale (che è una parte della antica parete esterna del recinto).

Il governo è stato in grado di imporre questo decreto a causa di un fatto religioso particolare: agli ebrei ortodossi vi è proibito in assoluto, dai rabbini, di accedere al Monte del Tempio. Secondo un’ingiunzione biblica, gli ebrei comuni non sono ammessi nel Holy of Holies, soltanto al Sommo Sacerdote è permesso di entrare. Dal momento che nessuno oggi sa dove questo posto si trovi esattamente, i devoti ebrei non possono entrare all’interno dell’intero complesso.

Di conseguenza, i primi anni dell’occupazione sono stati un periodo felice per Gerusalemme Est. Ebrei e arabi si mescolavano liberamente. Era di moda per gli ebrei fare la spesa nel colorato mercato arabo e cenare nei ristoranti “orientali”. Io stesso ho spesso soggiornato in alberghi arabi e ho fatto parecchie amicizie arabi.

Questa atmosfera è cambiata gradualmente. Il governo e il comune hanno speso un sacco di soldi per imborghesire Gerusalemme Ovest, ma i quartieri arabi di Gerusalemme Est sono stati trascurati, e si sono trasformati in baraccopoli. Le infrastrutture ed i servizi locali sono peggiorati.

Quasi nessun permesso di costruire è stato concesso agli arabi, per costringere le giovani generazioni a spostarsi fuori dei confini della città. Poi è stato costruito il muro di “separazione”, in modo tale che chiunque all’esterno non potesse entrare nella città, tagliandoli dunque effettivamente fuori dalle loro scuole e posti di lavoro. Eppure e nonostante tutto, la popolazione araba è cresciuta e ha raggiunto il 40 %.

L’oppressione politica è aumentata. In base agli accordi di Oslo, agli arabi di Gerusalemme era permesso votare per le Autorità palestinesi. Ma poi gli è stato impedito di farlo, i loro rappresentanti sono stati arrestati ed espulsi dalla città. Tutte le istituzioni palestinesi sono state forzatamente chiuse, tra queste la famosa Orient House, dove il molto ammirato e amato capo degli arabi di Gerusalemme, il defunto Faisal al- Husseini, aveva il suo ufficio.

Kollek venne successo da Ehud Olmert e di un sindaco ortodosso al quale non interessava niente di Gerusalemme Est, ad eccezione del Monte del Tempio.

E poi si è verificato un ulteriore disastro. Gli israeliani laici stanno lasciando Gerusalemme, che sta rapidamente diventando un bastione di ortodossia. In preda alla disperazione hanno deciso di cacciare il sindaco ortodosso ed eleggere un uomo d’affari laico. Purtroppo è un fanatico ultra-nazionalista.

Nir Barkat si comporta come il sindaco di Gerusalemme Ovest e il governatore militare di Gerusalemme Est. Tratta i suoi sudditi palestinesi come nemici, che possono essere tollerati se ubbediscono in silenzio, e brutalmente soppressi se non lo fanno. Insieme con l’abbandono decennale dei quartieri arabi, il ritmo accelerato della costruzione di nuovi quartieri ebraici, e l’eccessiva brutalità della polizia (apertamente incoraggiata dal sindaco), si sta creando una situazione esplosiva.

La completa separazione di Gerusalemme dalla Cisgiordania e il suo entroterra naturale, peggiora la situazione ancora di più.

A questo può essere aggiunta la terminazione del cosiddetto processo di pace, dal momento che tutti i palestinesi sono convinti che Gerusalemme Est deva essere la capitale del futuro Stato di Palestina.

In questa situazione bastava solo una scintilla per accendere la città. Questa è stata debitamente fornita dai demagoghi di destra della Knesset. In lizza per l’attenzione e la popolarità, hanno cominciato a visitare il Monte del Tempio; uno dopo l’altro, ogni volta scatenando una tempesta. Questo in aggiunta al desiderio manifesto di alcuni fanatici religiosi e di destra di costruire il Terzo Tempio in sostituzione della Moschea di al-Aqsa e la dorata Cupola della Roccia, è stato sufficiente a creare la convinzione che i luoghi santi siano davvero in pericolo.

Poi è arrivato il terribile omicidio-vendetta di un ragazzo arabo che è stato rapito da ebrei e bruciato vivo con la benzina versata in bocca.

I singoli abitanti musulmani della città hanno iniziato ad agire. Disdegnando le istituzioni, e quasi senza armi, hanno iniziato una serie di attacchi che sono ora chiamati “l’intifada dei singoli”. Agendo da soli, o con un fratello o cugino di sua fiducia, un arabo prende un coltello, o una pistola (se riesce a ottenerne una), o la sua auto, o un trattore, e uccide gli israeliani che li capitano più vicini. Lui sa che morirà.

I due cugini che hanno ucciso quattro ebrei in una Sinagoga questa settimana – e anche un poliziotto arabo Druso – lo sapevano. Sapevano anche che le loro famiglie avrebbero sofferto, la loro casa sarebbe stata demolita, i loro parenti arrestati. Questo non gli ha fermati. Le moschee erano più importanti.

Oltretutto, il giorno prima, un autista arabo è stato trovato morto nel suo autobus. Secondo la polizia, l’autopsia ha dimostrato che si è suicidato. Un patologo arabo ha concluso invece che sia stato ucciso. Nessun arabo crede nella polizia – gli arabi sono convinti che la polizia menta sempre.

Subito dopo il crimine nella Sinagoga, il coro dei politici e dei commentatori israeliani è entrato in azione. Lo hanno fatto con unanimità sorprendente – i ministri, i membri della Knesset, ex generali, giornalisti, tutti ripetendo con lievi variazioni lo stesso messaggio. La ragione per questo è semplice: ogni giorno l’ufficio del Primo Ministro invia una “pagina di messaggi”, istruendo tutte le parti della macchina propagandista su cosa dire.

Questa volta il messaggio è stato che Mahmoud Abbas aveva la colpa di tutto, un “terrorista in giaca e cravata”, il leader la cui istigazione provoca la nuova intifada. Non importa che il capo della Shin Bet (Servizi Segreti Israeliani- N.d.T.) abbia testimoniato quel giorno stesso che Abbas non aveva avuto collegamenti né palesi né occulti con questa violenza.

Binyamin Netanyahu affrontando le telecamere con viso solenne e voce lugubre – è davvero un buon attore – ha ripetuto ancora ciò che ha detto già molte volte, ogni volta fingendo che questa sia una nuova soluzione: più polizia, pene più dure, demolizione di case, arresti e grosse multe per i genitori dei tredicenni che vengono presi a lanciare pietre, e così via.

Ogni esperto sa che il risultato di tali misure sarà l’esatto opposto. Più arabi diventeranno furenti e attaccheranno uomini e donne israeliane. Gli israeliani, ovviamente, si “vendicheranno” e “si faranno giustizia da soli”.

Per entrambi, abitanti e turisti, camminare per le strade di Gerusalemme, la città che è “unita e indivisa”, è diventata un’avventura rischiosa. Molti rimangono a casa.

La città dissacrata è più divisa che mai.

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