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26 gennaio 2015

Il ricordo della rivoluzione soffocato nel sangue

Almeno 17 morti nei cortei organizzati nelle maggiori città del Paese, in seguito all’uccisione sabato di un’attivista durante una marcia per ricordare le vittime di piazza Tahrir. Le autorità accusano i manifestanti di aver attaccato la polizia

Roma, 26 gennaio 2015, Nena News –

Sono finite nel sangue le manifestazioni svoltesi ieri in Egitto per celebrare la rivoluzione che quattro anni fa aveva scosso il paese e portato alla deposizione dell’allora presidente Hosni Mubarak, una rivoluzione costata la vita a centinaia di persone. Sarebbero almeno 17 i morti e decine i feriti in quella che si annuncia come una nuova sollevazione nei confronti della giunta militare, ancora al potere grazie a un colpo di stato effettuato nel luglio 2013 contro il presidente eletto Mohamed Morsi.

La prima a morire per ricordare Tahrir è stata l’attivista Shaimaa al-Sabbagh, 32 anni, centrata sabato al cuore da una pallottola di gomma mentre era al centro di un piccolo corteo che portava corone di fiori verso la piazza simbolo della rivoluzione e scandiva slogan chiedendo che le forze dell’ordine colpevoli degli omicidi del 2011 venissero consegnate alla giustizia. In un video diffuso ieri si vedono i militari egiziani – alcuni dei quali coperti in volto – in assetto anti-sommossa sparare verso il gruppetto di 30 manifestanti pacifici che avanzano lungo la strada, e poi si vede il marito di al-Sabbagh sollevarla da terra mentre perde sangue dalla bocca.

I funerali della donna, celebrati ieri ad Alessandria, hanno portato in strada centinaia di persone che hanno scandito slogan contro il potere dei militari, unendo i nomi di al-Sisi e di Mubarak. Nello stesso momento altri cortei si stavano svolgendo al Cairo, Damanhur, Giza e nel distretto filo-islamista di al-Matariyyah, a nord della capitale, dove si è registrato il maggior numero di vittime colpite da proiettili di gomma sparati dalle forze dell’ordine per disperderli.

Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che in un discorso televisivo alla vigilia dell’anniversario aveva elogiato il desiderio di cambiamento degli egiziani mostrato quattro anni prima esortandoli a “portare pazienza”, è artefice dell’inasprimento delle misure punitive nei confronti delle manifestazioni “illegali”, attivato dopo il golpe del 2013 per fermare i cortei di protesta organizzati dai Fratelli Musulmani: cortei che si trasformavano puntualmente in carneficine per gli scontri tra manifestanti e militari, con centinaia di morti e migliaia di attivisti islamisti arrestati e condannati a morte.

Le autorità egiziane, che hanno arrestato almeno 150 persone ieri per “aver protestato e incitato alla violenza”, si difendono spiegando che hanno usato solo lacrimogeni, accusano i manifestanti di aver attaccato per primi e dichiarano che due delle tre persone uccise a Damanhur sono state freddate mentre tentavano di piazzare dell’esplosivo. Ma le immagini girate sabato sulla strada verso Tahrir evidenziano come i primi a sparare siano stati proprio i militari: il partito di Alleanza Popolare, di cui al-Sabbagh era membro e che si era schierato con la giunta militare durante il golpe nei confronti di Morsi, ha accusato le autorità di omicidio. Nena News

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