Violenze etniche a Juba,
l’Onu resta a guardare

di Bruna Sironi

 

Nella capitale sud sudanese i civili sono terrorizzati. Dopo gli scontri a fuoco di luglio arrivano una serie di denuncie di violenze su base etnica, perpetrate dai soldati governativi: centinaia di stupri e un assalto ad un albergo che ospitava cittadini stranieri, con l’uccisione a sangue freddo di un giornalista sudanese. Atti brutali, avvenuti sotto gli occhi degli uomini della missione di pace dell’Onu.

notiziegeopolitiche.net - dic 22nd, 2013 - L’ondata di violenza che ha investito il Sud Sudan nell’ultima settimana, che già è stata definita una guerra civile, ha oggi spinto anche le Nazioni Unite a correre ai ripari; dopo le molte associazioni ed Ong umanitarie che, a causa della situazione eccessivamente rischiosa, hanno ritirato i loro attivisti presenti sul suolo sudsudanese anche l’Onu ha deciso di trasferire in Uganda, il proprio personale civile e non indispensabile al proseguimento della missione Unmiss (United Nations Mission in the Republic of South Sudan), avviata per la stabilizzazione del giovane paese africano, nato da poco più di due anni. Gli scontri, iniziati in seguito al fallito tentativo di colpo di stato, operato dalle forze dell’ex generale dell’Spla ed ex vicepresidente Riek Machar ai danni dell’attuale leader sudsudanese, Salva Kiir, hanno fatto precipitare il paese nel caos ancora di più di quanto già non lo fosse e, nello stato dello Jonglei, dove gli scontri tra ribelli e truppe governative erano già in atto da mesi, hanno inoltre perso la vita due caschi blu.

Sud Sudan, attaccata una base Onu: “uccise decine
di sfollati”

 

L'assalto è avvenuto nella cittadina di Bor, nello stato petrolifero di Jongley. Nel Paese africano si fronteggiano l'etnia Dinka fedele al presidente Salva Kiir e i rivali Nuer, schierati con il suo predecessore Rijek Machar. Inviata una missione per avviare trattative di pace.

Si moltiplicano gli appelli dei leader delle chiese cristiane alla pace e alla riconciliazione in Sud Sudan. L’assalto alla base dell’ONU di Akobo, nell’est del Sud Sudan, nel corso del quale 3 Caschi Blu indiani hanno perso la vita, ha accelerato le operazioni di rimpatrio degli stranieri.
iljournal.it - 18 dic, 2013 - Le Nazioni Unite stimano che siano 500 persone ad aver perso la vita e 800 a essere state ferite negli scontri scoppiati domenica notte e proseguiti fino a ieri a Juba tra fazioni rivali delle guardie presidenziali, ovvero tra gli uomini fedeli al presidente Salva Kiir e i lealisti dell’ex vice presidente Riek Machar che ha tentato un colpo di Stato. È quanto ha riferito il responsabile delle operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite Herve Ladsousun al Consiglio di sicurezza Onu. Sono invece tra le 15mila e le 20mila le persone che hanno trovato rifugio presso le due sedi delle Nazioni Unite che si trovano nella capitale del Sud Sudan. E per aggiungere brace al fuoco che già brucia il paese c’è una dichiarazione proprio di Riek Machar, ex vicepresidente del paese che ha detto: ”Il presidente del Sud Sudan Salva Kiir non è più un presidente legale. Non lo vogliamo più come presidente. Non c’è nessun golpe, c’è stato solo un malinteso tra i membri della Guardia presidenziale. Non sono a conoscenza di nessun complotto”.

Stragi
di civili
in Sud Sudan

 

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Tardive verità sul Sud Sudan

 

Da 1000 i morti ammazzati in Sud Sudan diventano 10000. In ballo non c'è solo uno zero. E ora, un mese dopo l'inizio degli scontri, gli Stati Uniti criticano il presidente in carica

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